La presidente di Confindustria Emilia ammette crisi e difficoltà ma chiede resilienza: «Non siamo una terra che si piange addosso. Industria 5.0 è stata farraginosa, a noi serve qualcosa di più semplice»
Più che un grido di dolore, una chiamata alle armi: nell’ammettere il perdurare della crisi, tra drammi e incertezze nel contesto globale, i costi dell’energia alle stelle e un Europa che «non siede più al tavolo dove si prendono decisioni» in un «ordine mondiale già mutato», la presidente di Confindustria Emilia Centro Sonia Bonfiglioli sprona le imprese locali: «Siamo in trincea, combattiamo».
L’esortazione alle imprese e la sveglia all’UE
Con un occhio al vertice di Tianjin, l’imprenditrice lancia il messaggio a margine dell’apertura dell’assemblea degli industriali, in Fiera, alla due giorni di Farete, e lo ripete dal palco, davanti ai duemila associati di Bologna, Ferrara e Modena: «Forse è finito un mondo, ma non è finito il mondo». Si mantenga dunque la barra dritta nella difesa del proprio patrimonio territoriale, esorta, «consapevoli però che le regole e i punti di forza di ieri possono essere oggi meno efficaci».
A darle manforte, sempre dallo stesso palco, il presidente nazionale di Confindustria Emanuele Orsini che, intervistato dal vicedirettore ad personam del Corriere della Sera Federico Fubini, ammette: «Parliamo da diversi mesi di mancanza di incremento della produttività nel nostro Paese. Se vogliamo rendere competitive le nostre imprese abbiamo bisogno di farle crescere». Ma «Tra Stati Uniti e Cina l’Europa è evaporata», quando invece dovrebbe lavorare per «attrarre investimenti» e non fare il gioco di Trump che «mira a trasferire le produzioni in America», «si deve svegliare». Sull’inadeguatezza delle politiche europee insiste anche la numero uno degli industriali bolognesi: «L’Europa ha la consistenza della maionese che sbrodola dal panino» e rischia «di essere schiacciata in mezzo» tra Stati Uniti (non più «partner» al vertice di un modello di egemonia «che funzionava») e India e Cina che cercano il primato.
Il mondo è cambiato
«Oggi non ci sono alleati, è un mondo che si è spaccato — spiega — tutti contro tutti. E noi siamo quelli in mezzo, i più fragili, un po’ il pulcino sotto l’ala, che si accorge che la gallina che la proteggeva non c’è più; noi siamo così, ancora destrutturati, deboli, senza idee, senza un piano, una politica industriale, e se c’è è demagogica». Cita l’automotive: «Non abbiamo le catene di fornitura, non abbiamo le materie prime. Stiamo ammazzando catene di fornitura tradizionali senza avere la forza di crearne delle nuove».
In quanto all’Emilia-Romagna in generale, va avanti, «Le prospettive non sono rosee, ma io rimango dell’idea che siamo comunque una terra forte, positiva, non siamo una terra che si piange addosso, e dai momenti difficili vengono spesso fuori le idee migliori. Per definizione, come un medico che va in guerra e non si ferma, perché non può dire “non ho gli strumenti sterili, non ho il campo sterile, deve operare”, noi imprenditori dobbiamo continuare a fare».
Il dialogo con il governo
Il terreno si cui si cammina è disseminato di ostacoli evidenziati dalle imprese ormai da tempo: caro energia —e l’Italia con i costi più alti anche rispetto alla UE — , dazi, incertezze, demografia penalizzante, mismatch tra domanda e offerta di lavoro, innovazione e investimenti fermi al palo. È su questi ultimi che insiste Bonfiglioli chiamando questa volta in causa il governo Meloni. Un governo quanto meno «stabile», concede — «Il fatto di avere un governo che punta a terminare la legislatura dà un messaggio verso l’esterno di stabilità» — ma che deve affrontare molti problemi.
«Soprattutto le aziende più piccole, che faticano ad avere una strategia hanno bisogno di supporti, come il famoso modello Industria 4.0. — chiarisce — Industria 5.0 è stato troppo complicato, troppo farraginoso, a noi serve qualcosa di più semplice ed efficace».
Più duro con il governo il presidente dell’Emilia-Romagna Michele de Pascale, il quale, sempre a margine dell’assemblea degli industriali affonda:
«Veleggiamo verso 30 mesi consecutivi di calo della produzione industriale, nel Paese come in Regione, e , non c’è una reazione, non vediamo passi avanti. Ovviamente speriamo che ci possa essere qualcosa in manovra finanziaria, ma ad esempio siamo fermi ormai da mesi sulla norma sulle aree idonee. Non c’è un’impresa che non ponga il tema del costo dell’energia, noi avremo il provvedimento pronto, tutte le Regioni l’avrebbero ma siamo tutti fermi perché il governo non emette il nuovo decreto». Stesso immobilismo anche su «tutto il tema infrastrutturale».
I bisogni diventino progetti
Tanti i bisogni, dunque, che, per gli industriali sono anche «sociali» in senso più ampio. Ma, ribadisce Bonfiglioli di fronte alla platea, sono bisogni che vanno trasformati «in progetti concreti». «Imprese e imprenditori — rivendica — potranno essere da esempio guida e supporto in un confronto costruttivo con le forze politiche e le organizzazioni sindacali» per migliorare «la qualità del lavoro», rendere «le aziende più attrattive per i talenti e per i giovani favorendo un ambiente di crescita continua».
«La transizione digitale dell’industria manifatturiera — suggerisce infine — è oggi una priorità per rafforzare la competitività delle imprese e accompagnarle nel percorso verso una nuova generazione di “fabbriche intelligenti”».
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