Report CSRD: lo scenario della rendicontazione sostenibile
Nei primi mesi del 2025, l’attenzione verso i temi della sostenibilità è stata caratterizzata dalla necessità di seguire da vicino l’evoluzione della rendicontazione di sostenibilità aziendale in Europa. Le grandi società quotate, in particolare quelle con oltre 500 dipendenti, hanno pubblicato per la prima volta la loro Dichiarazione di Sostenibilità conforme alla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e ai nuovi e stringenti principi European Sustainability Reporting Standards (ESRS).
L’importanza di un “esordio” della doppia materialità a livello di rendicontazione di sostenibilità
Questa direttiva introduce una metodologia innovativa, richiedendo un’inclusione approfondita di informazioni ambientali, sociali e di governance (ESG). Un pilastro fondamentale della CSRD è la logica della doppia materialità, che impone alle aziende di rendicontare sia i propri impatti esterni sulla società e sull’ambiente, sia i rischi e le opportunità di natura finanziaria che emergono dalle questioni legate alla sostenibilità.
Questo debutto normativo avviene in un contesto in cui, nelle sedi dell’Unione Europea, il dibattito sulla semplificazione della normativa per le imprese si intensifica, riflettendo la complessità percepita delle nuove disposizioni. In questo senso un ruolo molto importante è svolto dall’arrivo del Pacchetto Omnibus UE e dalle evoluzioni della Normativa ESG.
Un Osservatorio di ricerca specificamente dedicato ai report CSRD
Per offrire un quadro sistematico e oggettivo degli effetti di questa implementazione, evidenziando sia le discontinuità sia le continuità rispetto al precedente quadro regolatorio, e per identificare i principali punti di forza e di criticità, il Sustainability Lab della Venice School of Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia e BDO Italia hanno congiuntamente istituito un Osservatorio di ricerca specificamente dedicato ai report CSRD.
L’analisi dei bilanci di un campione composto da 80 società italiane come punto di partenza
I primi risultati di questa iniziativa di ricerca sono stati ottenuti attraverso un’analisi approfondita dei bilanci di un campione rappresentativo composto da 80 società italiane, tutte quotate sul listino Euronext Milan e attive in una vasta gamma di settori produttivi.
La metodologia adottata dall’Osservatorio sul Report CSRD per l’analisi delle Dichiarazioni di Sostenibilità è stata una content analysis manuale, strutturata su un framework comprensivo di 171 variabili raggruppate in sei ambiti principali. Le prime evidenze raccolte in questa fase iniziale della ricerca delineano un quadro articolato, che illustra le sfide e i primi successi nell’adozione della CSRD da parte del tessuto imprenditoriale italiano.
Report CSRD: dalle dichiarazioni di sostenibilità arriva un grande volume di informazioni
Una delle prime e più significative evidenze emerse nel Report CSRD dell’Osservatorio riguarda la struttura standardizzata delle Dichiarazioni di Sostenibilità e l’elevato volume di informazioni in esse contenute.
Le Dichiarazioni adottano in modo diffuso e coerente la struttura richiesta dagli standard ESRS, un segnale positivo di allineamento formale. Tuttavia, l’elevato numero di obblighi informativi imposti dalla normativa, unito a uno scarso ricorso al rinvio a documenti esterni preesistenti, ha inevitabilmente condotto alla produzione di report estremamente lunghi. La lunghezza media si attesta a ben 163 pagine, con picchi ancora più elevati in settori particolarmente complessi come quello energetico e finanziario, dove le Dichiarazioni hanno raggiunto rispettivamente una media di 239 e 210 pagine.
Una media elevata di IRO: Impatti, Rischi, Opportunità
Questo significa che ogni report ha dovuto identificare, in media, ben 52 IRO (impatti, rischi e opportunità), per ognuno dei quali è stato richiesto di rendicontare dettagliatamente le politiche adottate, le azioni intraprese, gli obiettivi prefissati e le metriche di misurazione correlate. Nonostante questa vasta quantità di dati rifletta l’impegno delle imprese, la grande mole di informazioni rischia paradossalmente di compromettere l’utilità effettiva del report, rendendolo potenzialmente poco focalizzato, ridondante e dispersivo agli occhi degli investitori e degli altri stakeholder, che potrebbero faticare a estrarre le informazioni più rilevanti.
Il Report CSRD segnala un ampio ricorso alle deroghe e una serie di difficoltà di integrazione
Di fronte alla percezione di un onere informativo e di una complessità elevati, dal Report CSRD emerge che le società hanno fatto un largo uso delle possibilità di omettere determinate informazioni, come previsto dalle misure transitorie (phase-in) della normativa.
L’analisi ha rivelato che, in media, sono stati omessi 6 specifici disclosure requirements, con una particolare predilezione per i temi di natura ambientale. Questo comportamento testimonia chiaramente la percezione di un’elevata complessità e di un notevole carico informativo, che ha spinto molte società a ricercare, dove consentito, la via della semplificazione nella fase iniziale di applicazione.
Resta scarsa l’integrazione con altri standard di rendicontazione
È stato inoltre registrato uno scarso livello di integrazione con altri standard di rendicontazione preesistenti e ampiamente utilizzati in passato, come i GRI Standard, applicati nel contesto delle nuove Dichiarazioni di Sostenibilità da un esiguo 10% delle imprese del campione. Questo indica una transizione ancora parziale verso un modello di rendicontazione pienamente unificato.
Per la materialità finanziaria servono metodologie condivise
Il processo di analisi di materialità e di doppia materialità rappresenta una delle innovazioni più significative introdotte dalla CSRD. Tutte le società analizzate hanno scrupolosamente seguito il processo a quattro fasi raccomandato dalle linee guida EFRAG, che si sono rivelate uno strumento utile e ben strutturato per orientare le imprese in questa nuova metodologia. Tuttavia, l’applicazione concreta della materialità finanziaria si conferma come l’aspetto più critico di questa prima rendicontazione.
Manca una quantificazione degli effetti finanziari attesi derivanti dai rischi e dalle opportunità connessi alla sostenibilità
Dal Report CSRD emerge poi uno sbilanciamento evidente tra le due dimensioni della materialità: in media, sono stati individuati 29 impatti, a fronte di soli 21 rischi e opportunità. Ancora più preoccupante è il fatto che, ad eccezione di pochissimi casi isolati, le imprese non hanno fornito una quantificazione degli effetti finanziari attesi derivanti dai rischi e dalle opportunità connessi ai temi di sostenibilità. Questa lacuna evidenzia una sfida metodologica significativa; sarà necessario del tempo per sviluppare e consolidare metodologie condivise e riconosciute che consentano una valutazione finanziaria più precisa e comparabile degli impatti legati alla sostenibilità.
Il ruolo del Consiglio di Amministrazione: tra approvazione formale e incentivi strategici
Per quanto concerne il ruolo del Consiglio di Amministrazione (CDA) nel processo di sostenibilità, pur avendo tutte le società analizzate dichiarato un coinvolgimento del proprio CDA nel processo di doppia materialità, le prime analisi più approfondite indicano che, nella maggior parte dei casi, il ruolo del CDA si limita a una funzione prevalentemente formale di approvazione, senza un effettivo e profondo coinvolgimento strategico nella definizione degli indirizzi di sostenibilità.
Questo suggerisce che la sostenibilità, sebbene riconosciuta a livello apicale, potrebbe non essere ancora pienamente integrata nei processi decisionali chiave a testimonianza del fatto che serve un processo e un lavoro per creare una valida corporate governance e accountability.
Il Report CSRD segnala poi un’elevata integrazione della sostenibilità nei meccanismi premianti
Sul fronte opposto, emerge un dato molto positivo: si riscontra un’elevata integrazione della sostenibilità nei meccanismi premianti. Quasi tutte le imprese analizzate hanno infatti inserito obiettivi ESG nei piani di incentivazione sia del CDA che del top management. In particolare, un significativo 77% delle società include obiettivi direttamente legati al clima nei propri schemi di incentivazione, dimostrando una chiara intenzione di allineare gli interessi individuali con le performance di sostenibilità.
Clima e forza Lavoro: focus primari della prima ondata di rendicontazione
Due temi emergono con prepotenza come gli assi portanti e prioritari delle prime Dichiarazioni di Sostenibilità CSRD: il cambiamento climatico e la forza lavoro propria. Tutte le Dichiarazioni di Sostenibilità esaminate affrontano in maniera estesa i temi legati al cambiamento climatico, dedicando particolare attenzione agli aspetti della mitigazione degli impatti, dell’adattamento ai mutamenti climatici e dell’uso efficiente dell’energia. Parallelamente, la forza lavoro propria è ampiamente trattata, con un focus significativo sulle condizioni lavorative e le pari opportunità all’interno dell’organizzazione. Entrambi questi temi si distinguono non solo per la loro ubiquità, ma anche per l’elevato volume di informazioni fornite e per il numero significativo di IRO (impatti, rischi e opportunità) ad essi associati, indicando la loro percezione come aree di massima materialità per le imprese. Dal punto di vista della governance, l’argomento più ampiamente trattato, presente nell’88% delle dichiarazioni, è quello della cultura aziendale, a testimonianza dell’importanza attribuita ai valori e all’etica interna.
Neutralità climatica: un percorso ancora agli inizi
Nonostante l’evidente centralità del cambiamento climatico, il percorso delle imprese verso la carbon neutrality appare ancora nelle sue fasi iniziali. Sebbene tutte le aziende riconoscano e dichiarino i propri impatti sui cambiamenti climatici, gli sforzi concreti di mitigazione sono al momento ancora limitati. Solo il 37% delle società analizzate ha dichiarato di possedere un piano di transizione climatica che sia conforme agli standard ESRS. Inoltre, sebbene il 40% del campione abbia definito un obiettivo di Net-Zero, con oltre il 70% che fissa la scadenza per il raggiungimento di tale obiettivo al 2050, un dato critico è che solamente il 24% di queste ha ottenuto la validazione del proprio obiettivo da parte della Science Based Target Initiative. Questo sottolinea una discrepanza tra l’intenzione di raggiungere la neutralità e la validazione scientifica degli obiettivi e delle metodologie, indicando che c’è ancora molta strada da fare per tradurre le ambizioni in piani solidi e verificabili.
Assurance: conformità e prospettive sul ruolo del revisore
Il ruolo del revisore della sostenibilità si è confermato essere in linea con le aspettative normative e di mercato. Applicando il modello della limited assurance, il revisore ha svolto la sua funzione di verifica e attestazione della conformità dei report alla normativa vigente. È significativo notare che solamente in un singolo caso è stata adottata volontariamente la reasonable assurance per specifici indicatori, un approccio più stringente che implica un maggiore grado di verifica. Questo dato indica che il mercato sta ancora esplorando il livello ottimale di assurance per le informazioni di sostenibilità e che la transizione normativa sull’eventuale futura adozione generalizzata della reasonable assurance, rispetto alla limited assurance, dovrà essere seguita con grande attenzione.
Oltre il Report CSRD: la semplificazione della sostenibilità aziendale
Chiara Mio, Direttrice del Sustainability Lab della Venice School of Management, ha sottolineato in una nota emessa dalll’istituto che l’Osservatorio rappresenta uno “strumento fondamentale, in grado di incrociare accademia e practice, per comprendere come la CSRD e gli ESRS impattano i processi di reporting delle imprese e, in ultima analisi, la transizione sostenibile dell’economia“. La ricerca condotta si propone di offrire un contributo significativo non solo alle imprese e ai loro stakeholder, fornendo loro insights preziosi, ma anche agli standard setters e ai policymaker, attivamente impegnati nel complesso processo di semplificazione della normativa.
Valeria Fazio, Partner Sustainable Innovation di BDO Italia, ha evidenziato a sua volta come l’analisi realizzata dall’Osservatorio abbia chiaramente messo in luce che, sebbene le imprese quotate incluse nel campione abbiano lavorato con impegno per rispettare gli obblighi che prevedevano per la prima volta l’inserimento della Dichiarazione di Sostenibilità nella Relazione sulla gestione, ci si trovi “solamente all’inizio di un percorso che dovrà essere sviluppato e approfondito nei prossimi anni”.
Fazio ha poi sottolineato che il dibattito sulla semplificazione della normativa, in atto presso le istituzioni europee, potrà certamente venire incontro alle necessità delle aziende, contribuendo a una maggiore efficacia nella comunicazione verso i propri stakeholder. Tuttavia: “Occorre però non dimenticare che la CSRD non riguarda solo la rendicontazione ma richiede uno sforzo olistico che parla al cuore dell’impresa, ai suoi processi decisionali chiave, alle sue persone“. Questa prospettiva olistica è cruciale, poiché la sostenibilità deve permeare la strategia aziendale e influenzare i meccanismi decisionali, andando ben oltre il mero adempimento formale.
Appuntamento a Venezia per un approfondimento sul Report CSRD
L’impegno continuo dell’Osservatorio CSRD, del Sustainability Lab e di BDO Italia si concretizza anche in un evento in calendario per il prossimo 8 ottobre 2025 presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. L’evento, intitolato «CSRD: un’analisi evolutiva tra negazionismo e continuità», sarà l’occasione per presentare i risultati completi dell’indagine, offrendo un’opportunità di confronto non solo tra le società italiane ma anche con alcune realtà europee, che arricchiranno ulteriormente la comprensione del panorama della sostenibilità aziendale.
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