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Il Nucleare conviene? Dall’impatto sul PIL al contributo alla decarbonizzazione: lo studio di Confindustria ed Enea


Favorire il ritorno del nucleare in Italia attraverso un approccio strategico che coinvolga tutte le principali infrastrutture del Paese, da quella legislativa a quella industriale, passando per istruzione, ricerca, economia, finanza e aspetti sociali: è queto lo scopo dello Studio “Lo sviluppo dell’energia nucleare nel mix energetico nazionale”, elaborato da Confindustria con il supporto scientifico di Enea.

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Lo studio, presentato alla Camera dei deputati, sottolinea il ruolo del nucleare nel raggiungere i target ambientali tutelando allo stesso tempo la competitività industriale del Paese.

L’integrazione del nucleare al mix energetico del Paese, sottolineano gli autori, risulterebbe in diversi vantaggi per l’Italia, tra cui la riduzione e la stabilizzazione dei costi energetici, la decarbonizzazione anche di processi altamente energivori e la creazione di oltre 100.000 nuovi posti di lavoro.

L’impatto stimato, diretto e indiretto, sul sistema Paese si aggira intorno al 2,5% del PIL.

Il ruolo del nucleare nella transizione energetica

Nello studio si sottolinea che la transizione energetica è un’opportunità per rafforzare il mix energetico nazionale, ma raggiungere gli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione e continuità degli approvvigionamenti richiederà l’adozione di una strategia che metta insieme sostenibilità ambientale, innovazione e ottimizzazione dei costi dell’energia.

Per fare questo è necessario adottare un approccio tecnologicamente neutrale, che valuti, cioè, tutte le fonti di produzioni di energia e le tecnologie di decarbonizzazione in modo efficace: secondo lo studio l’energia nucleare, già adottata con successo in molti Paesi, è sicura, economica e a basse emissioni.

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Dopo anni di assenza dalle politiche energetiche nazionali, il nucleare può quindi rappresentare una leva fondamentale per rafforzare l’indipendenza energetica italiana, stabilizzare i costi dell’energia e accompagnare l’industria verso gli obiettivi di neutralità climatica.

La necessità di una politica di lungo termine

Per favorire questo ritorno è necessaria una politica di lungo termine e di ampio respiro per garantire la neutralità climatica e la sicurezza di approvvigionamento.

È necessario un approccio normativo snello, allineato con le recenti normative europee, come l’Electricity Market Design Regulation, il Regolamento Complementary Climate e il Net-Zero Industry Act (NZIA), che riconoscono il nucleare come tecnologia strategica per la transizione a zero emissioni.

Questo approccio favorirebbe anche la competitività delle aziende italiane che operano all’estero, fornendo componenti, sistemi o servizi per impianti nucleari.

Cruciale per l’implementazione del quadro normativo è l’istituzione di un’Autorità di sicurezza nucleare competente e dotata di effettiva indipendenza nei processi decisionali. Questa autorità è considerata garante del successo a lungo termine del programma e fondamentale per preservare la fiducia dell’opinione pubblica e della comunità internazionale.

Il Consiglio dei Ministri ha già approvato in via preliminare un disegno di legge delega sull’energia nucleare sostenibile, che affida al Governo il compito di regolamentare la produzione di energia nucleare, anche per la generazione di idrogeno.

La proposta di legge si fonda sul principio di neutralità tecnologica, stabilendo obiettivi chiari come la riduzione delle emissioni, e lasciando agli operatori di mercato la scelta delle soluzioni più efficaci e competitive.

L’obiettivo è garantire la sicurezza e la continuità dell’approvvigionamento, ridurre la dipendenza dall’estero, contribuire alla decarbonizzazione e assicurare costi sostenibili per cittadini e imprese, supportando la competitività del sistema industriale nazionale.

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Il disegno di legge prevede inoltre un quadro autorizzativo unico per la costruzione e l’esercizio degli impianti, in linea con gli standard internazionali, riconoscendo gli interventi come di pubblica utilità, indifferibili e urgenti.

Verrà facilitata la cooperazione internazionale attraverso il riconoscimento di certificazioni e titoli esteri rilasciati da Stati membri dell’OCSE-NEA o da Paesi con cui l’Italia ha accordi bilaterali nel settore nucleare.

Un aspetto rilevante è l’attenzione alla comunicazione e al coinvolgimento della cittadinanza. La legge prevede una campagna informativa sull’energia nucleare, focalizzata su sicurezza e sostenibilità, e forme di consultazione delle comunità locali interessate dai nuovi impianti, mirando a favorire una maggiore consapevolezza pubblica e una gestione trasparente delle scelte energetiche.

Infine, per la gestione di tutte le fasi implementative del programma nucleare, è essenziale l’istituzione di una cabina di regia che coordini e sincronizzi le azioni dei diversi attori, inclusi i ministeri coinvolti e le organizzazioni nazionali.

Questa cabina di regia dovrà anche assicurare un collegamento continuo con tutti gli stakeholder nazionali, e i gruppi di lavoro della Piattaforma Nazionale per il Nucleare Sostenibile possono rappresentare un valido punto di partenza.

Tecnologie e scenario: impianti sicuri, moderni e a basse emissioni

Il rilancio del nucleare in Italia si baserebbe sugli impianti più moderni disponibili, come i reattori di Generazione III+, in particolare gli Small Modular Reactor (SMR) e, in futuro, i reattori di Generazione IV, gli Advanced Modular Reactor (AMR).

Questi impianti garantiscono produzione stabile di elettricità, basse emissioni, ridotti consumi di combustibile e costi energetici prevedibili, oltre ad elevati standard di sicurezza.

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L’introduzione del nucleare permetterebbe all’Italia di raggiungere più rapidamente gli obiettivi di decarbonizzazione, migliorare i profili di sicurezza/indipendenza energetica, ridurre i costi per utenti finali e imprese, e garantire anche stabilità alla rete elettrica nazionale.

Il settore industriale, sottolinea lo studio, potrebbe trarre amplissimo beneficio dall’introduzione del nucleare nel mix energetico, essendo oggi il principale consumatore tanto di energia elettrica (40% circa dei consumi nazionali totali), di calore prodotto in cogenerazione (oltre l’80% del consumo totale), nonché forte consumatore di gas (e in prospettiva di idrogeno) per la produzione diretta di calore (25% del consumo totale), specialmente in alcuni dei processi produttivi hard-to-abate che richiedono temperature molto elevate.

Con l’auspicio che il primo impianto possa entrare in funzione già dal 2035, è fondamentale avviare rapidamente lo sviluppo di una flotta nazionale, partendo dai reattori più maturi (SMR) per poi integrare quelli più avanzati (AMR), valorizzando le competenze italiane già consolidate e ampliando la presenza della filiera anche sui mercati internazionali.

Investimenti modulari e sostegno pubblico

Altro vantaggio del nucleare, sottolinea lo studio, è che il costo dell’energia è meno soggetto a volatilità perché dipende in larga parte dalla costruzione dell’impianto e solo marginalmente dalla sua gestione e dal prezzo del combustibile.

Investendo in impianti modulari e standardizzati, come SMR e AMR, e sfruttando l’economia di serie su scala internazionale, sarà possibile contenere ulteriormente i costi: le stime più recenti prevedono al 2050 un costo di investimento tra i 3.000 e i 5.000 USD/kW e un costo di generazione tra 70 e 110 USD/MWh, in linea con le altre tecnologie.

Per favorire lo sviluppo del nucleare in Italia è necessario un sostegno pubblico articolato in tre fasi

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  1. costruzione di partnership internazionali e rafforzamento della filiera industriale
  2. realizzazione dei primi impianti con coinvolgimento della supply chain nazionale
  3. ampliamento della flotta con diffusione della tecnologia e supporto agli utenti finali

Il ritorno – diretto e indotto – per il sistema Paese e per la collettività è valutato intorno al 2,5% del PIL nazionale.

Filiera industriale: servono un piano stabile e incentivi mirati

In Italia oltre 70 aziende operano già nel settore nucleare e coprono diversi settori della filiera, dalla progettazione dei reattori alla produzione di componenti, fino alla manutenzione degli impianti.

Questo patrimonio industriale e scientifico rappresenta una solida base per rilanciare un programma nucleare nazionale.

Molte imprese associate a Confindustria hanno manifestato il proprio interesse ad ampliare il proprio coinvolgimento nel settore.

Strumenti come il Piano di Ricerca Nucleare (PNR) possono sostenere ricerca, formazione e innovazione, contribuendo a creare una filiera nucleare nazionale moderna e competitiva.

Competenze, ricerca e comunicazione: formare e informare

L’avvio di un programma nucleare in Italia richiederà circa 117.000 nuovi posti di lavoro, 39.000 dei quali direttamente nella filiera.

Per rispondere a questa domanda servirà un ampio piano formativo su più livelli e discipline, con un focus comune sulla sicurezza nucleare.

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Sarà fondamentale quindi integrare istruzione, industria e ricerca, mobilitando università, istituti tecnici, aziende ed enti di ricerca. Questo investimento nella formazione dovrà andare di pari passo con quello nella comunicazione verso l’opinione pubblica sul nucleare, in modo da contrastare la diffusa carenza di informazione che da anni agisce da freno nello sviluppo di una narrativa corretta.



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