LECCO – Le politiche scolastiche dell’attuale governo, che dovrebbero rappresentare un sostegno importante per quelle economiche e sociali, si stanno rivelando fattualmente insufficienti: dalla contestata iniziativa del Liceo del Made in Italy (contestata dal nostro esperto sulle pagine di Lecco News) all’attesa riforma dell’istruzione tecnica e professionale, i passi attuati non sembrano essere adeguati a fronteggiare un quadro economico e politoco mondiale sempre più complesso.
A riflettere sul tema l’esperto e nostro columnist Valerio Ricciardelli.
Riorientare l’istruzione tecnica per rispondere al mercato
I giovani cercano lavoro e stabilità economica. Ma l’orientamento scolastico è inadeguato. E non basta lo studio di Unioncamere. Serve un nuovo approccio sui nuovi mestieri
di Valerio Ricciardelli
studioso ed esperto di Technical Education
Nel numero di marzo avevo sottolineato, nuovamente, l’importanza di mettere mano con una rivoluzione copernicana alla ricostruzione dell’istruzione tecnica, una delle leve strategiche per sostenere immediatamente la nostra economia industriale e l’occupazione non precaria. Indicavo, però, che al tavolo delle riforme non è sufficiente che ci siano sedute solo le scuole in una stretta alleanza con le aziende, ma che servano ben altri soggetti importanti, tra cui l’industria della conoscenza, gli esperti di employability e una rappresentanza dei giovani e delle loro istanze, di cui si conosce assai poco.
Nel frattempo, sono successi fatti nuovi, importanti e preoccupanti, che modificheranno tutta l’economia mondiale, quindi l’employability delle professioni, con enormi effetti sull’istruzione e, in particolar modo, sull’istruzione tecnica, quella di cui ci occupiamo.
In mezzo a questi cambiamenti, nell’assenza dell’atteso piano industriale nazionale, promesso dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, le riforme dell’istruzione tecnica e professionale stanno procedendo, supportate per le attività di orientamento dal documento prodotto da Unioncamere Diplomati e lavoro, indicante gli sbocchi professionali dei diplomati nelle imprese secondo un’indagine del 2024. Questo testo, che riporta a uso degli ‘orientatori’ e degli ‘orientandi’ l’elenco dei mestieri mancanti, è scritto con grammatiche e sintassi assai lontane dalla realtà dei fatti e dagli scopi per cui dovrebbe essere stato pubblicato.
Un ‘documento orientativo’ come quello citato dovrebbe avere due funzioni fondamentali. La prima, di far conoscere ai destinatari il sistema economico in cui siamo immersi con le professioni che vi si praticano, evidenziando tutti gli impatti del mercato del lavoro e di sviluppo delle Risorse Umane. La seconda dimensione è invece l’attrattività, soprattutto verso i mestieri mancanti, bisognosi di conoscenze e di competenze strategiche e di prospettive di sviluppo professionale, che sono fondamentali per indirizzare e sostenere le scelte dei giovani. Per generare attrattività bisogna, dapprima, valorizzare le professioni mancanti e richieste dalle nostre aziende, con una visione sistemica dei settori economici, e non parcellizzata come si sta facendo; questo deve essere fatto conoscendo le aspettative dei giovani, spesso disattese.
I giovani chiedono lavoro e stabilità economica
È importante sapere che le più grandi preoccupazioni dei giovani italiani sono il lavoro e la stabilità economica: due concetti ben precisi.
Questa informazione è riportata in uno studio, di prossima pubblicazione, fatto da un’importante società della conoscenza.
La prima cosa che si sostiene nello studio di cui faccio cenno è che i giovani sono preoccupati dallo stipendio e dalla possibilità di non avere un contratto stabile. Questa è la ragione per cui insisto nel sostenere una politica dell’istruzione indirizzata prioritariamente all’employability, ovvero a una chiara conoscenza degli aspetti contrattuali e di sviluppo professionale, che devono accompagnare qualsiasi politica di riforma scolastica, a partire da quella degli Its. Per questi ultimi, infatti, non è per niente sufficiente pubblicizzare che i diplomati troveranno tutti o quasi un impiego lavorativo entro 12 mesi dalla fine del corso. Già 12 mesi sono troppi e, se mancassero cosi tanti tecnici come si afferma, gli sbocchi occupazionali dovrebbero essere immediati, altrimenti il percorso di formazione frequentato non sarebbe coerente con le aspettative del mercato del lavoro. Poi occorre che ci sia trasparenza nelle proposte contrattuali, che oggi si reggono ancora su un forte precariato, bassi salari e applicazione dei contratti operai anche per i diplomati.
Lo studio citato ci indica anche che c’è una percentuale rilevante di giovani, i più ‘performanti’ nei risultati scolastici, interessati a espatriare, purché si trovino opportunità di buoni stipendi e di crescita professionale. Queste opportunità non mancano in diversi Paesi europei, le cui aziende sono anch’esse in difficoltà nel trovare personale tecnico, a partire dalla Germania.
Allora, a un giovane che prima o dopo dovrà entrare nel mondo del lavoro attraverso l’orientamento, occorre mettergli davanti tutte le prospettive di come possa essere protagonista nel mondo di oggi e di domani per costruire il suo futuro. E le diverse dimensioni delle prospettive offerte hanno bisogno di essere efficacemente integrate con quanto è scritto, insufficientemente, nel documento di Unioncamere.
La non conoscenza delle professioni tecniche
Nel caso delle professioni tecniche della Manifattura avanzata e dei servizi a essa associati, quelle che ci interessano di più, per fare le loro scelte i giovani e soprattutto gli orientatori per aiutarli a scegliere con cognizioni di causa devono conoscere con molta precisione le ‘aree dei mestieri’ per ogni settore del sistema economico e sociale.
Non è sufficiente sapere che, tra le professioni mancanti, ci siano il contabile, l’addetto al commercio al minuto, il fresatore e il tornitore o il tecnico elettronico, per citare solo degli esempi, con i quali si avrebbe poi la pretesa di indirizzare i percorsi scolastici, molto spesso disallineati. Bisogna invece conoscere, facendo uso di grammatiche adeguate, le cosiddette aree dei mestieri, che, per esempio, attengono all’Amministrazione e Finanza di un’azienda, oppure al processo commerciale, o all’area delle operations. E, per ognuna di queste aree, occorre individuare, sempre con opportune grammatiche, le professioni che sono in gioco e quanto queste professioni siano attrattive e ad alta employability, consentendo ai giovani disposti a praticarle di essere protagonisti del loro futuro.
Solo in tal modo i giovani potranno trovare risposte utili, spaziando su orizzonti ampi della coerenza di quanto è offerto dal mercato del lavoro rispetto le loro attese e le loro disponibilità di mettersi in gioco.
Il processo da attivare, che incide sulla costruzione del futuro dei giovani, non può essere allora statico e centrato solo sulla lista dei mestieri che mancano: le aree dei mestieri devono essere conosciute, e ci chiediamo se lo sono.
Quest’ultimo, a partire dal mondo della scuola, è un argomento poco conosciuto e, cosi, per effetto del non orientamento scolastico o di un orientamento inadeguato, questa non conoscenza é ampiamente diffusa tra le famiglie, gli studenti e la società in generale.
Si lascia che si cristallizzi un’opinione comune ancora molto diffusa, dove si considerano le professioni tecniche, senza conoscerle, come dei mestieri pesanti, sporchi, malamente retri-buiti e quindi non attrattivi per i giovani.
Il mondo della scuola, sempre con riferimento al sistema dell’istruzione tecnica, conosce molto poco il repertorio delle professioni tecniche di cui ha bisogno l’economia industriale e la loro importanza, nonché la ricchezza professionale che le caratterizza. Non disponendo a sufficienza di questa conoscenza, non è nemmeno possibile costruire un’offerta formativa adeguata ai bisogni e nemmeno comunicarla ai potenziali utenti. E questa è la ragione, fatto salvo alcune eccezioni, per cui l’orientamento scolastico è semplicemente costruito su un sistema di informazioni e di valutazioni insufficienti che spesso non sono corrispondenti alla realtà.
Le aree dei mestieri del Manufacturing
Nella rappresentazione e modellizzazione del sistema industriale, comprensivo di tutti i settori, è individuabile invece un denominatore comune che rappresenta le aree dei mestieri dell’economia del Manufacturing. Questa classificazione è ormai in gran parte comune in tutti i Paesi industriali ed è assunta anche nei Paesi in via di sviluppo.
Potremmo individuare, innanzitutto, almeno sei aree principali, le quali afferiscono ai processi fondamentali che descrivono un’azienda. Nella letteratura delle discipline di management possiamo trovare anche delle classificazioni diverse o un glossario differente, ma per gli scopi di una facile rappresentazione dei mestieri dell’economia del Manufacturing e per coglierne le competenze e la sottostante cultura tecnica, ai fini della riduzione della probabile obsolescenza tra i programmi e le offerte formative e i bisogni del mercato, quanto riportato è un primo passo per fare chiarezza.
Le aree dei mestieri da prendere in considerazione, anche solo in prima approssimazione, potrebbero essere quelle indicate di seguito.
La prima area è quella della progettazione e dello sviluppo prodotto, che comprende tutto quanto serve per progettare il Machinery o parte di esso, o un prodotto facente parte del portfolio prodotti che sono poi realizzati con le macchine del Machinery. È l’area che appartiene ai reparti di ricerca e sviluppo (R&S) delle aziende mediamente grandi ed è l’area più coinvolta nelle attività che riguardano l’innovazione tecnologica.
Una seconda area è quella della costruzione del sistema, della macchina, dell’impianto e anche della sua messa in servizio, del collaudo e dell’assistenza after sale. È l’area che riguarda principalmente il settore della meccanica strumentale. Allo stato attuale, questo settore è anche chiamato “ad alta automazione, creatività e tecnologia”, proprio per evidenziare la sua rilevante potenzialità di performance.
A seguire abbiamo una terza area, definibile come della conduzione degli impianti e della produzione, che è tipica di tutti i settori industriali. Molto spesso è definita area delle operations e della supply chain, indicando che gli ambiti di conoscenza e di intervento non si limitano alla sola azienda, ma si estendono alla sua Supply chain stessa, che comprende la catena complessa dei fornitori e quella dei clienti.
Una quarta area è quella della manutenzione, soprattutto per quei sistemi e impianti complessi e a ciclo continuo, o quasi, che abbisognano di politiche di manutenzione coerenti per un alto livello di efficienza ed efficacia degli impianti.
Una quinta area si identifica con la Supply chain, con particolare riguardo alla Logistica, e quindi all’interfaccia con fornitori e clienti, con la gestione degli acquisti, dei magazzini, dei trasporti, ecc.
L’area delle vendite costituisce la sesta, che sarà utile suddividere in due segmenti. Il primo riguardante il Machinery, essendo quest’ultimo la parte preponderante del Made in Italy e quindi dell’export per la meccanica strumentale. Il secondo segmento riguarda invece le numerose sales company di beni industriali, che sono prevalentemente filiali di gruppi internazionali. È indubbio che una sales company con un portfolio prodotti di componentistica e sistemi industriali abbia nel suo organico una prevalenza di persone addette alla vendita o al supporto alla vendita.
Solitamente, si tratta di sales engineer, di product specialist o di product manager. Anche a riguardo di questa sotto area dei mestieri, possiamo dire che la loro formazione di base, che sottende ogni professione, è l’istruzione tecnica, anche terziaria.
Le aree di supporto
Sono tutte aree di mestieri che richiedono, oltre a specifiche competenze professionali, importanti competenze trasversali, soprattutto di Middle management, che complessivamente permettono di operare all’interno di un solido programma di sviluppo professionale portato da un lifelong learning, generatore di buone employability e buona stabilità economica. Quello che si aspettano i giovani d’oggi.
All’interno delle sei aree sopra descritte, pur con connotazioni diverse per i vari settori industriali, troviamo la maggior parte dei mestieri tecnici, che dovrebbero essere costruiti a par tire da un’eccellente base di istruzione tecnica secondaria e terziaria.
A queste, si associano altre aree che, di norma, sono chiamate di supporto. Tra queste vi è ovviamente l’area della strategia, che compete prevalentemente alla proprietà aziendale e al Top management. Poi vi è l’area dell’amministrazione, controllo e finanza, alla quale per aziende non di grandi dimensioni è spesso associata l’area della gestione e sviluppo delle Risorse Umane; e, infine, l’area della qualità e dei servizi generali.
Questa organizzazione è abbastanza tipica di una media impresa, ma, per dimensioni aziendali tendenti al modello della piccola impresa, osserviamo un naturale accorpamento delle aree aziendali e una maggior sfumatura tra le stesse. Cosi, come per dimensioni aziendali tendenti alla grande impresa, o in aziende appartenenti a gruppi internazionali, si osserva una più accentuata divisione organizzativa, dipendente dal contesto competitivo, dalla nazionalità della proprietà, dalla forma societaria, dal grado di internalizzazione, dal portfolio prodotti e servizi e da altri fattori anche di carattere culturale.
Per marchi internazionali appartenenti a settori industriali di beni di consumo si assiste a una standardizzazione, o comunque a un processo di continua standardizzazione dei vari profili professionali presenti nei siti produttivi.
Questo processo di standardizzazione di alcuni mestieri consente poi di produrre molti beni anche in Paesi dove il costo del lavoro è più basso, e ciò per soddisfare il fabbisogno del mercato locale, ma anche per cogliere l’opportunità di produrre in Paesi con minori costi per competere con più successo nel sistema mondiale.
Questo è quanto dovrebbero conoscere gli orientatori, per rendere più attrattive le professioni tecniche, e i riformatori, per ricostruire la nuova istruzione tecnica che vi deve provvedere.
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