Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

Lavoratrici e maternità, dai bonus alle indennità: gli strumenti a disposizione


Dai bonus mamme alle indennità statali e comunali: sono diversi gli strumenti a disposizione delle dipendenti e delle libere professioniste nel periodo della maternità.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Ecco le misure principali, secondo un’analisi a cura del network Partner d’Impresa e riportata da tg24. Il vademecum.

Il network Partner d’Impresa ha stilato un vademecum per dipendenti e libere professioniste per vivere al meglio, conoscendo anche i propri diritti e gli strumenti previsti per legge, in un periodo tanto importante come l’attesa e l’arrivo di un figlio, che sia naturale, adottato o in affido.

“Tante donne vivono con ansia il periodo della maternità, che dovrebbe essere invece il più bello della vita.

Fermarsi e goderselo rallentando il proprio ritmo è importante.

Qualsiasi scelta è quella giusta: tornare al lavoro dopo la maternità prevedendo la permanenza in asilo o facendosi aiutare senza sensi di colpa dal resto della famiglia o da baby sitter è qualcosa di sacrosanto, così come lo è scegliere di restare a casa per crescere i propri figli finché lo si ritiene giusto.

Contabilità

Buste paga

 

L’importante è avere chiarezza degli strumenti a disposizione che possono supportare qualsiasi scelta”, ha ricordato Sonia Canal, Ceo di Partner d’Impresa.

“La lavoratrice madre ha diritto a due principali forme di sostegno.

La prima riguarda il tempo, e si concretizza nella possibilità di usufruire di congedi, permessi o riposi; la seconda è invece di tipo economico e si articola a seconda che si sia lavoratrici autonome o dipendenti.

A queste due forme si possono associare bonus statali di diversa tipologia a sostegno del nucleo famigliare”, ha spiegato Luciana Tumolo, consulente area Labor di Partner d’Impresa. Entriamo nel dettaglio.

Partiamo dalle lavoratrici dipendenti.

Come spiega Partner d’Impresa, il datore di lavoro è obbligato a favorire la conciliazione tra attività professionale e vita familiare con soluzioni che permettano una maggiore flessibilità degli orari o una diversa organizzazione del lavoro, soprattutto se ci sono situazioni familiari che rendono queste soluzioni necessarie.

Alle lavoratrici, durante il congedo di maternità, l’Inps corrisponde una indennità che corrisponde all’80% della retribuzione media giornaliera e copre l’intero periodo di astensione.

Il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro per la maternità è di cinque mesi complessivi: può essere modulato in maniera flessibile, anche se in molti casi viene suddiviso in due mesi prima e tre mesi dopo la data presunta del parto.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

È consentito, ad esempio, iniziare il congedo dal mese precedente al parto e fruire dei quattro mesi rimanenti dopo la nascita.

La normativa consente anche la possibilità di lavorare fino al giorno del parto, usufruendo poi dei cinque mesi di astensione nel periodo successivo alla nascita.

In questi ultimi due casi è necessario presentare delle certificazioni mediche, che devono essere consegnate al datore di lavoro prima dell’inizio dell’ottavo mese di gravidanza.

In caso di gravidanze a rischio, o di impossibilità a svolgere una determinata mansione, le dipendenti sono tutelate da un’estensione del periodo obbligatorio di maternità per tutta la durata dell’interdizione dettata dal medico.

In caso di interruzione della gravidanza, invece, alla lavoratrice spetta l’indennità prevista in caso di malattia.

Se l’interruzione avviene nel 180esimo giorno di gestazione o oltre, oppure se avviene un parto prematuro in questo periodo, la situazione è equiparata a un parto, con diritto all’indennità di maternità dei 5 mesi.

Il diritto all’indennità di maternità resta anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro oppure sospensione dello stesso, a patto che queste condizioni avvengano entro 60 giorni dall’inizio del periodo di maternità.

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

Le lavoratrici che percepiscono l’indennità di disoccupazione (Naspi) possono fare richiesta di indennità di maternità direttamente all’Inps.

Le lavoratrici che non percepiscono altre indennità di maternità Inps, invece, per ottenere il congedo di maternità possono fare richiesta di contributi erogati a livello comunale.

Le Amministrazioni, infatti, riconoscono un assegno di maternità per ogni figlio nato a partire dal 1° gennaio 2001 a favore delle madri residenti, cittadine italiane o comunitarie in possesso di regolare permesso di soggiorno.

L’erogazione dell’assegno è subordinata al possesso di un Isee che rientri nei limiti stabiliti dalle tabelle di ciascun Comune.

C’è anche l’assegno di maternità dello Stato: l’erogazione, a differenza di quello comunale, non è legata a parametri economici Isee.

Per avere questo beneficio, riconosciuto dall’Inps, bisogna però aver maturato un periodo minimo di contribuzione alla nascita del bambino o al suo ingresso nel nucleo familiare in caso di adozione o affidamento. Si tratta di un contributo che può essere richiesto da lavoratrici stagionali o con contratti occasionali o atipici oppure in caso di cassa integrazione.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

L’assegno è pari a 2.508,04 euro per l’anno 2025, ma da questo importo devono essere stornate le eventuali altre indennità già percepite.

La nuova normativa, inserita nella Legge di Bilancio 2025, prevede una misura di sostegno economico – disponibile fino al 31 dicembre 2026 – per le madri lavoratrici con almeno tre figli, titolari di un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, sia nel settore pubblico sia in quello privato.

Le interessate hanno diritto a un esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali per le voci relative a invalidità, vecchiaia e superstiti (Ivs), entro un limite massimo di 3.000 euro annui. Così facendo avranno in busta paga un importo netto più alto.

Anche le lavoratrici autonome parasubordinate o libere professioniste hanno diritto al congedo di maternità nella misura di 5 mesi: questa indennità, nel caso di iscrizione alla gestione separata (es. amministratrici) o artigiani e commercianti dell’Inps, viene erogata a condizione che sia stata accreditata una mensilità nei 12 mesi precedenti alla data presunta del parto.

La normativa italiana – dice Partner d’Impresa – dà meno supporto alle lavoratrici autonome, che però hanno a disposizione strumenti per gestire la propria maternità: le professioniste che producono reddito d’impresa in contabilità ordinaria, semplificata o da partecipazione (ma non in regime forfettario), hanno diritto a un esonero parziale del contributo Ivs, a condizione che abbiano già due figli, e che il più giovane non abbia ancora compiuto dieci anni.

Condizione per l’applicabilità è che il reddito imponibile ai fini previdenziali non deve essere superiore ai 40.000 euro.

Inoltre, in caso la lavoratrice autonoma non abbia ancora maturato i requisiti sufficienti a ottenere il congedo di maternità da parte della propria cassa previdenziale, può avvalersi dell’assegno di maternità erogato dal Comune, qualora il suo Isee rientrasse in quelli previsti dal suo Comune di residenza per questo supporto economico.

Contabilità

Buste paga

 

Alcune forme di assistenza sanitaria integrativa potrebbero offrire sostegni di natura economica ulteriore a seconda dei casi.

A prescindere dal fatto di essere lavoratrici autonome o dipendenti, come nucleo famigliare ci sono opportunità a cui si potrebbe avere diritto se si è cittadini italiani o europei o se si ha un permesso di soggiorno regolare.

La carta per i nuovi nati è una novità attiva da aprile 2025: prevede un bonus una tantum di 1.000 euro per famiglie con figli nati, adottati o in affido dal 1 gennaio 2025, con Isee inferiore ai 40mila euro.

Il contributo va richiesto entro 60 giorni dalla nascita e viene erogato tramite una carta prepagata nominativa utilizzabile per acquisti specifici per l’infanzia. Per farne richiesta è necessario fare domanda diretta all’Inps.

Un altro bonus studiato per i nuclei famigliari è quello dedicato all’asilo nido: si tratta di un contributo che può arrivare fino a 3.600 euro per i nuclei familiari con Isee fino a 40.000 euro e può essere richiesto solo per figli con meno di tre anni di età. Si tratta di un rimborso del pagamento delle rette degli asili nido sia pubblici sia privati autorizzati.

Può essere utilizzato anche per forme di assistenza domiciliare nel caso in cui il bambino sia affetto da gravi patologie croniche tali da impedirgli la frequenza all’asilo. In ogni caso la misura del bonus non può essere di importo superiore alla spesa sostenuta. Anche questo va richiesto direttamente dal portale dell’Inps.





Source link

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Vuoi acquistare in asta

Consulenza gratuita