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Polizze catastrofali, dal primo ottobre scatta l’obbligo per le medie imprese


Mentre l’autunno si prepara a portare con sé i mesi statisticamente più critici per gli eventi climatici estremi, per decine di migliaia di imprese italiane scatta un’urgenza non più rimandabile. Il 1° ottobre 2025 è il termine ultimo per le medie imprese (da 50 a 250 dipendenti, escluso quelle agricole) per stipulare la polizza obbligatoria contro i rischi catastrofali. Un termine che precede di poco la scadenza successiva, fissata al 31 dicembre 2025 per piccole (meno di 50 occupati) e micro-imprese (meno di 10). Non si tratta di una semplice formalità, ma di un bivio strategico che determinerà la capacità di sopravvivenza di un’azienda di fronte a un eventuale disastro e, soprattutto, la sua possibilità di accedere a qualsiasi forma di sostegno pubblico.

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Niente polizza, niente fondi pubblici
L’era degli indennizzi statali a pioggia è finita. La vera sanzione introdotta dalla legge di Bilancio 2024 non è una multa, ma qualcosa di molto più incisivo: l’esclusione da qualsiasi contributo, sovvenzione o agevolazione a carico di risorse pubbliche. Questo principio è già stato recepito e reso operativo da diverse amministrazioni regionali, che hanno iniziato a integrare l’obbligo assicurativo come requisito fondamentale per l’accesso ai propri bandi. La Regione Toscana, ad esempio, ha lanciato un bando per sostenere la competitività delle imprese del settore moda, ma ha messo in chiaro che il soggetto richiedente deve essere in possesso di una polizza a copertura dei danni da calamità naturali ed eventi catastrofali, applicando il requisito secondo la gradualità temporale prevista dalla normativa nazionale. Allo stesso modo, la Regione Piemonte, nel finanziare la transizione green delle Pmi con contributi a fondo perduto, richiede esplicitamente che le imprese siano in regola con gli obblighi in materia di assicurazione contro le calamità, pena l’esclusione. Il messaggio è inequivocabile: la copertura assicurativa è diventata la nuova “patente” per accedere al sistema di aiuti pubblici, sia ordinari che emergenziali.

Il cuore della polizza: il calcolo del costo di ricostruzione
La determinazione del corretto valore da assicurare è l’elemento più critico per garantire un risarcimento equo e per calcolare un premio adeguato. Le polizze per i fabbricati non si basano sul valore commerciale, ma sul valore di ricostruzione a nuovo, ovvero la spesa necessaria per riedificare l’immobile esattamente com’era prima del sinistro. La stima si basa su un’operazione tecnica precisa, che combina due parametri fondamentali. Il primo è la superficie commerciale complessiva, un calcolo complesso che va oltre la semplice metratura calpestabile per includere superfici lorde, parti comuni e pertinenze, ponderate con specifici coefficienti. Il secondo parametro è il costo di ricostruzione unitario, un valore in euro al metro quadrato che deve obbligatoriamente includere tutte le spese accessorie come onorari professionali, costi di demolizione e smaltimento macerie e oneri di urbanizzazione. Per reperire i dati necessari a questa stima, è indispensabile fare riferimento a fonti ufficiali e riconosciute nel settore edile. Tra queste, le più autorevoli sono i prezzari DEI (Tipografia del Genio Civile), i listini delle Camere di Commercio territorialmente competenti o i prezzari regionali per le opere pubbliche. Esistono anche strumenti software avanzati, come quello sviluppato dal Consorzio CINEAS in collaborazione con i Politecnici di Milano e di Torino e il CRESME; tuttavia, è importante sottolineare che questo strumento web è accessibile solo a periti professionisti e ad alcune compagnie di assicurazione, non al pubblico generico. Questo rafforza la necessità di affidarsi a un tecnico abilitato per ottenere una perizia asseverata, l’unica via per un dato inattaccabile. Sottostimare questo valore, infatti, attiva la temibile regola proporzionale: se un immobile dal valore reale di 1.000.000 di euro viene assicurato per 800.000, un danno da 100.000 euro verrà liquidato solo per 80.000, lasciando il resto a carico dell’impresa.

Oltre i muri: la stima del costo di rimpiazzo per macchinari e impianti
Per un’impresa, il valore dei beni strumentali può essere pari o superiore a quello dell’immobile stesso. La legge, infatti, stabilisce che anche impianti, macchinari e attrezzature devono essere coperti, e il criterio di valutazione corretto è il costo di rimpiazzo. Questo concetto è diverso dal valore contabile o di mercato dell’usato: indica la spesa necessaria per acquistare un bene nuovo, con caratteristiche e prestazioni equivalenti a quello distrutto, senza alcuna detrazione per il degrado o l’obsolescenza. Il calcolo del costo di rimpiazzo richiede un inventario dettagliato di tutti i beni strumentali. Per ogni macchinario o impianto significativo, è necessario stimare il costo odierno di acquisto di un modello equivalente. Questo valore, però, non si limita al prezzo di listino. Deve includere tutti i costi accessori necessari per rendere il nuovo bene pienamente operativo, come le spese di trasporto, installazione, collaudo, eventuali dazi di importazione e l’Iva, se non recuperabile. Una stima accurata è fondamentale per evitare che, in caso di sinistro, l’indennizzo non sia sufficiente a ripristinare la piena capacità produttiva, lasciando l’azienda con un gap finanziario da colmare proprio nel momento più critico.

Oltre il danno diretto: la copertura per l’interruzione di attività
Un evento catastrofale non distrugge solo beni fisici, ma paralizza la produzione, generando una perdita economica spesso superiore al danno materiale stesso. Mentre l’azienda è ferma per la ricostruzione e il rimpiazzo dei macchinari, i costi fissi (stipendi, affitti, utenze, rate di finanziamenti) continuano a correre e, soprattutto, si azzera il fatturato. Per questo motivo, una tutela completa non può prescindere dalla garanzia per i danni indiretti, comunemente nota come “Business Interruption”. Questa copertura, solitamente opzionale, è progettata per indennizzare il margine di contribuzione lordo perso durante il periodo di fermo attività. Il margine di contribuzione è la differenza tra i ricavi e i costi variabili: rappresenta, in sostanza, la quota di fatturato che l’azienda utilizza per coprire i costi fissi e generare un utile. Assicurare questo valore significa garantire all’impresa le risorse finanziarie per sopravvivere al periodo di inattività, pagare i dipendenti, onorare gli impegni con fornitori e banche e ripartire senza un fardello debitorio insostenibile. La sua stipula richiede un’analisi approfondita dei bilanci aziendali per definire la somma corretta da assicurare e il periodo massimo di indennizzo, che deve essere sufficientemente lungo da coprire realisticamente i tempi di ricostruzione e riavvio della produzione.

Le vie di fuga: come le compagnie possono limitare il risarcimento
Anche con una polizza attiva e ben calibrata, l’indennizzo non è sempre automatico o totale. Le compagnie possono legittimamente ridurre o negare il risarcimento attraverso diverse clausole contrattuali che ogni imprenditore deve conoscere. Innanzitutto, occorre prestare attenzione a franchigie e scoperti: la prima è un importo fisso a carico dell’assicurato, il secondo una percentuale del danno, spesso con un minimo molto elevato che può erodere significativamente il rimborso. Altrettanto insidiose sono le definizioni restrittive presenti nel glossario del contratto: un allagamento da “bomba d’acqua” potrebbe non essere considerato “alluvione” se la polizza la descrive solo come lo straripamento di un corso d’acqua. Vanno poi analizzate attentamente le esclusioni specifiche, che potrebbero riguardare parti dell’immobile come i locali interrati, e i massimali, che rappresentano il tetto massimo di spesa per la compagnia. Infine, la normativa è chiara riguardo agli abusi edilizi: sono assicurabili solo gli immobili costruiti legalmente o oggetto di sanatoria, escludendo di fatto dalla copertura gli edifici irregolari.

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La verità paga: il rischio delle dichiarazioni inesatte
Il contratto di assicurazione si fonda su un principio di massima buona fede tra le parti. Per questo motivo, le dichiarazioni fornite dall’imprenditore al momento della stipula sono un elemento fondamentale su cui la compagnia calcola il rischio e, di conseguenza, il premio. Fornire informazioni inesatte o reticenti può avere conseguenze gravissime. Se un’impresa, con dolo o colpa grave, omette di dichiarare circostanze che aggravano il rischio (ad esempio, la presenza di materiali altamente infiammabili o processi produttivi pericolosi), la compagnia assicurativa ha il diritto di annullare il contratto. Qualora un sinistro si verifichi prima che la compagnia scopra la falsità, essa non è tenuta a pagare alcun indennizzo. Anche nei casi in cui non vi sia dolo o colpa grave, ma una semplice inesattezza, l’assicuratore può recedere dal contratto o, in caso di sinistro, ridurre l’indennizzo in proporzione alla differenza tra il premio pagato e quello che sarebbe stato richiesto se il rischio fosse stato descritto correttamente. La trasparenza e la completezza in fase precontrattuale sono, quindi, tanto importanti quanto la corretta valutazione dei beni per garantirsi il diritto al risarcimento.

Il protocollo per un risarcimento certo: cosa fare dopo il sinistro
Per rendere il pagamento del danno il più certo possibile, l’assicurato deve seguire un protocollo d’azione rigoroso sin dal primo momento. Il primo passo è mettere in sicurezza l’area, adottando subito misure urgenti per evitare l’aggravarsi del danno (il cosiddetto obbligo di salvataggio), avendo cura di non alterare lo stato dei luoghi più del necessario prima dell’arrivo del perito. Contemporaneamente, è fondamentale documentare ogni dettaglio del danno con un’ampia raccolta di fotografie e video prima di spostare o rimuovere qualsiasi cosa. Bisogna poi conservare tutte le ricevute delle spese sostenute per la messa in sicurezza e le prime riparazioni urgenti. Entro 3 giorni, va inviata la denuncia formale alla compagnia tramite Pec o raccomandata. È un diritto, oltre che un dovere, presenziare al sopralluogo del perito della compagnia, possibilmente affiancati da un proprio tecnico di fiducia. Qualora la stima del danno risultasse insoddisfacente, l’assicurato ha il diritto di nominare un perito di parte per contestarla; le cui spese sono spesso coperte dalla polizza. Infine, è buona norma mantenere un registro ordinato di ogni comunicazione scambiata con la compagnia e i suoi incaricati.

Uno sguardo al mercato: i dati chiave del rapporto Ivass
La spinta normativa sta già modificando un mercato in forte tensione. L’ultimo rapporto Ivass sui rischi catastrofali, pubblicato a giugno 2025, fornisce dati essenziali per comprendere il contesto. La raccolta premi per questi rischi è in costante crescita, passata da 1,8 miliardi di euro nel 2018 a 2,8 miliardi nel 2023. Tuttavia, la redditività del settore è sotto enorme stress: il 2023 è stato un “annus horribilis” in cui, a causa di eventi climatici di intensità eccezionale, il combined ratio (l’indicatore che rapporta il costo di sinistri e spese ai premi incassati) ha raggiunto la cifra record del 352%. Questo significa che per ogni 100 euro di premi raccolti, le compagnie ne hanno pagati 352 in risarcimenti e costi di gestione. Questo scenario, unito all’alta concentrazione del mercato (i primi cinque gruppi assicurativi detengono quasi il 75% della raccolta, prefigura un inevitabile e progressivo aumento dei costi assicurativi per le imprese.

Checklist prima della firma: i 5 controlli fondamentali
Prima di stipulare la polizza, ogni imprenditore dovrebbe verificare attentamente questi cinque punti cruciali.
1) Correttezza dei valori assicurati: hai fatto redigere una perizia tecnica asseverata per il valore di ricostruzione a nuovo dell’immobile e per il costo di rimpiazzo di impianti e macchinari? I valori in polizza sono allineati a queste stime per evitare l’applicazione della regola proporzionale?
2) Analisi di franchigie e scoperti: hai compreso chiaramente quali sono gli importi (fissi o in percentuale) che rimarranno a tuo carico in caso di sinistro? Sono sostenibili per il bilancio della tua azienda?
3) Lettura del glossario e delle esclusioni: hai letto attentamente le definizioni di “alluvione”, “inondazione” e degli altri eventi coperti? Hai verificato la presenza di esclusioni specifiche per aree dell’immobile (es. locali interrati) o per tipologie di beni che sono invece strategici per la tua attività?
4) Massimali di indennizzo: il tetto massimo di risarcimento previsto dalla polizza è adeguato a coprire un danno catastrofale totale o molto esteso?
5) Presenza di garanzie accessorie: hai considerato l’inclusione di coperture opzionali ma fondamentali come i danni indiretti (Business Interruption), le spese per il perito di parte o i costi per la demolizione e lo smaltimento delle macerie?



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