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Scienziati italiani all’estero: le menti che guidano l’IA


Il finanziamento alla ricerca è un tema di dibattito politico spesso reclamato da una coorte di scienziati direttamente coinvolta nella scoperta e nella sperimentazione di nuovi prodotti e servizi.

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Finanziamenti e divario nella ricerca

L’Italia nel 2022 ha investito solo l’1,3% del PIL in ricerca di base, sperimentale e applicata, al di sotto della media dei paesi UE, – 2,1% – e dei paesi OCSE- 2,8%- Anche la componente privata pari allo 0,8%, risulta irrisoria per determinare l’effetto leva, soprattutto se confrontata a quella impiegata negli USA, dove raggiunge il 2,4%, al netto dell’investimento pubblico utilizzato dalle organizzazioni private. Mantenendo il benchmarking con gli USA, lo stesso gap si registra per il capitale investito da società di Venture Capital e Private equity. Dai dati elaborati da dealroom, la piattaforma che raccoglie dati sull’evoluzione degli ecosistemi digitali, il trend dei rounds su startup che sviluppano IA generativa è in crescita esponenziale in tutto il mondo, but il capitale investito nel nostro paese, nel 2024, equivaleva a milioni di dollari, quasi 80, a fronte dei 25 miliardi negli Stati Uniti.

Se dovessimo tradurre in benessere il rendimento di brevetti, spin-off e spin-out, start-up e, in generale, dei contributi scientifici all’economia dei dati, degli italiani che lavorano presso le università o centri di ricerca esteri, scopriamo che il saldo tra costi e benefici sociali è autenticamente negativo.

Mobilità dei talenti e perdita di competenze

La mobilità dei talenti è un tema di cittadinanza attiva progressista che deve investire la sensibilità dei nostri policy maker per creare le condizioni logistiche e sociali idonee a ospitare e rendere impattanti le competenze e la conoscenza contemporanea su catene del valore che originano nel nostro paese. L’attrazione delle competenze che l’Italia sta oggi promuovendo in modo timido non riesce a compensare o tracciare quel surplus individuale che molti connazionali portano in altre economie mondiali, prima fra tutte negli Stati Uniti dove la spesa in R&S è costantemente sopra il 3% del PIL, e in ultimo negli Emirati Arabi Uniti o in Qatar.

Dagli anni 60 a oggi, una diaspora scientifica

L’emigrazione di esperti, nello specifico di informatici e fisici, non è un fenomeno esclusivo degli anni 2000, è a partire dagli anni 60 del secolo scorso, che molti ricercatori hanno preferito altre destinazioni per intraprendere carriere scientifiche possibili solo in alcuni ambienti accademici e industriali.

La la storia di Tomaso Poggio, da genova al MIT

È forse questa la storia di Tomaso Poggio, un fisico genovese, classe 1947 tra i migliori scienziati al mondo di informatica, pioniere dell’apprendimento automatico ispirato al funzionamento del cervello, che nella classifica dei top Italian scientist si posiziona al 3° posto, con un Index Hirsch, pari a 148. Nel 1986 pubblica la sua prima ricerca sulla rilevazione dei bordi nelle immagini, con tecniche di filtraggio e differenziazione, siamo nel campo della computer vision che lo porta nel 2011 a diffondere una nuova frontiera di questa disciplina. Oggi lo scienziato è insignito del prestigioso titolo di professore Eugene McDermott del Massachusetts Institute of Technology e qui dirige il Centro per le scienze biologiche e il laboratorio di intelligenza artificiale- CSAIL-. Poggio, in una recente intervista sulla Repubblica, ha affermato che in un futuro non molto lontano, le macchine svilupperanno accurate scoperte scientifiche grazie anche a un addestramento per esempi che rende la stessa macchina autonoma nel formulare nuove tesi, testarle e infine pubblicarle.

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Alessandro Vespignani, reti neurali e modelli complessi tra Stati Uniti e Europa

Rimanendo nel campo delle reti neurali, un altro nome istituzionalizzato è quello di Alessandro Vespignani, laurea in fisica presso La Sapienza di Roma, oggi ha il titolo accademico di Sternberg Family Distinguished University Professor of Physics, Computer Science e Health Sciences presso la Northeastern University dove dirige il Network Science Institute specializzato nella ricerca sui modelli predittivi dell’IA per analizzare le modalità di interazione dei sistemi naturali e tecnologici. Vespignani 4° tra i migliori scienziati italiani nel mondo, è tra i ricercatori più autorevoli delle reti complesse finalizzate allo studio sugli effetti dei modelli di interazione sociale delle zoonosi di COVID 19, e delle modalità di propagazione dei ceppi virali nelle reti di comunicazione e nei social network.

Pietro Perona, da Padova all’Istituto di tecnologia della California

Pietro Perona, laurea in Ingegneria presso l’Università di Padova, classe 1961, membro dell’Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE), la sua ricerca si è da sempre differenziata sui risultati scientifici legati alle possibilità visive di una macchina. Dal progetto visipedia, di cui è stato promotore, sono state sviluppate due diverse app per il riconoscimento di specie di piante e di animali. Perona ha ottenuto importanti premi: il Longuet Higgins, il Koenderink e il PAMI Distinguished Researcher Award, alla Conferenza Internazionale IEEE del 2021, nel campo della visione artificiale. È coordinatore del laboratorio dei fondamenti computazionali e meccanismi neuronali della visione del Caltech, l’Istituto di tecnologia della California, 5° nella classifica degli scienziati italiani nel campo dell’informatica. Tra le collaborazioni di maggior rilievo va sicuramente annotata quella con David J Anderson, neuroscienziato la cui ricerca è la codifica del comportamento emotivo nel cervello, e con Fei-Fei Li, impegnata nello studio dell’intelligenza artificiale di ispirazione cognitiva.

Silvio Savarese, tra i pionieri dell’IA agentica

Pietro Perona è legato anche alla storia di Silvio Savarese, laurea in Ingegneria Elettrica alla Federico II, inizia il proprio percorso accademico presso il Caltech, fino ad ottenere una cattedra di computer science all’università di Stanford. Oggi Savarese è executive Vice President e Chief Scientist a Salesforce a San Francisco, membro dell’Advisory board di Innovit e di quello di AI4I. Metà scienziato e metà industriale, è tra i pionieri dell’IA agentica, della tecnologia retrieval-augmented generation, la disciplina che determina come le macchine possono divenire abili nello scegliere contenuti rilevanti e utilizzarli al momento opportuno, nonché sostenitore di una democratizzazione dell’IA attraverso un uso consapevole che dovrebbe partire sin dal primo ciclo scolastico. L’impatto e la produttività delle ricerche di Savarese sono riscontrabili dal numero di menzioni, oltre 91.000, e articoli pubblicati. Il più citato “Ricostruzione semantica della scena da video RGB-D-termici egocentrici”, approfondisce le modalità con cui sfruttare un flusso sensoriale multimodale di dati e permettere e consentire a un robot di comprendere le interazioni persona-oggetti che avvengono in una scena complessa.

Stefano Soatto, dalla computer vision all’IA agentica

Tra gli studenti di Perona al Caltech, va annoverato Stefano Soatto, classe Ha conseguito la Laurea in Ingegneria (con lode) presso l’Università di Padova nel 1992, oggi vice presidente di Amazon Web Services; è stato il fondatore del Vision LAB presso l’Università della California-Los Angeles-UCLA- La sua ricerca si focalizza sulla visione artificiale e sulle modalità con cui i computer utilizzano le informazioni sensoriali (ad esempio, vista, suono, tatto) per interagire con gli esseri umani e l’ambiente, mappando con rappresentazioni e geometrie visive le funzioni dei dati che estraggono contenuti informativi rilevanti. Soatto è stato nominato membro dell’Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE) e ricevuto diversi premi come il David Marr Prize.

Un comune denominatore tra questi scienziati non è solo il paese di destinazione ma forse l’aver studiato Platone e traslato il disvelamento delle realtà per la collettività nella ricerca su un campo specialistico dell’IA, la computer vision. La computer vision può essere utilizzata in diversi campi, primo fra tutti nella sanità, precisamente per la rilevazione e la segmentazione di forme atipiche su organi e tessuti. Gli scienziati italiani all’estero si sono infatti contraddistinti sullo sviluppo di applicazioni per l’analisi, e non l’elaborazione, di immagini attraverso il deep learning, le reti neurali convoluzionali (CNN) o le reti ricorrenti.

Elisa Bertino, focus su protezione dell’identità digitale e affidabilità dei dati

Una menzione speciale va a Elisa Bertino, nona tra gli scienziati italiani nel campo dell’informatica, membro dell’Institute of Electrical and Electronics Engineers e dell’Association for Computing Machinery. Il suo lavoro di ricerca non è focalizzato sulle reti neurali ma su un campo complementare all’IA, principalmente sui sistemi di controllo e di sicurezza dati collegati ai dispositivi intelligenti, alle smart grid, ai database spaziali e ai siti web. Attualmente è professoressa nel Dipartimento di Informatica dell’Università Pardue, coordina il Cyber Space Security Lab, dove porta avanti le ricerche sulla protezione dell’identità digitale, e l’affidabilità dei dati provenienti da IoT, depositati nel cloud. Bertino ha ricevuto il premio IEEE Computer Society Technical Achievement nel 2022 e nel 2005 il premio Tsutomu Kanai per i paper sui sistemi distribuiti sicuri.

Gianni Di Caro, professore associato al Carnegie Mellon University in Qatar

Un po’ diversa è invece la storia professionale di Gianni Di Caro, laurea in fisica all’Università di Bologna, dal 2016 professore associato al Carnegie Mellon University in Qatar (CMU-Q), specializzato nei domini dell’IA, dei sistemi multi-robot, dell’ottimizzazione combinatoria del Machine Learning e dei sistemi di apprendimento per rinforzo, già ricercatore senior all’IDSIA- Istituto Dalle Molle sull’Intelligenza artificiale-. Di Caro ha conseguito un dottorato di ricerca presso la Libera Università del Belgio, con il prof. Marco Dorigo, anch’esso tra i migliori scienziati al mondo di informatica, co-direttore del laboratorio di ricerca della LUB -IRIDIA; ha all’attivo 160 pubblicazioni scientifiche, un I-Hirsch pari a 42 con oltre 34.400 citazioni secondo Google Scholar. In una intervista nel 2021, sul magazine Gulf Times, Di Caro raccomandava ai governi di introdurre nelle scuole percorsi di educazione civica sull’uso appropriato e responsabile dell’IA.

Fuga degli scienziati dall’Italia: un segnale di debolezza

Il progresso verso l’intelligenza artificiale agentica o generativa interseca diversi segmenti delle strutture scientifiche e sociali di un Paese. La pubblicizzazione dei risultati, attraverso la loro industrializzazione, quasi esclusivamente made in USA, non rende merito e onore al contributo apportato dagli italiani “all’estero”nell’avanzamento della ricerca in campi specialistici dell’IA. Questo è un segnale di debolezza del nostro paese, che oltre a non rendere fruibili gli strumenti per investire o trattenere il talento contemporaneo, semplicemente non lo racconta.

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