Il Senato ha approvato in via definitiva, con 78 voti favorevoli e 52 contrari, il disegno di legge che delega il governo ad adottare, entro sei mesi, uno o più decreti legislativi per introdurre il salario minimo. La proposta originaria era stata presentata dalle opposizioni all’inizio della legislatura, con l’obiettivo di introdurre un salario minimo fissato a 9 euro lordi l’ora come soglia inderogabile. Tuttavia, il testo non venne approvato. L’iniziativa è stata poi riformulata dalla maggioranza, che ha scelto un approccio diverso.
Salario minimo, cosa prevede la legge delega
L’obiettivo del provvedimento è quello di garantire l’attuazione del diritto dei lavoratori a una retribuzione proporzionata e sufficiente, come stabilito dall’articolo 36 della Costituzione, rafforzando la contrattazione collettiva e stabilendo criteri che riconoscano l’applicazione dei “trattamenti economici complessivi minimi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro maggiormente applicati”.
“Da trent’anni c’è un tema di gap salariale nel nostro Paese – ha sottolineato il relatore Francesco Zaffini, di Fratelli D’Italia – che intendiamo affrontare rafforzando la contrattazione collettiva, oltre che con i ripetuti interventi di taglio del cuneo fiscale-contributivo a favore dei lavoratori”. Ecco quali sono i principali criteri direttivi previsti dalla delega:
- definire per ciascuna categoria di lavoratori i contratti collettivi nazionali maggiormente applicati e stabilire che i minimi retributivi (il “trattamento economico minimo”) di quei contratti costituiscano la condizione economica minima per tutti i lavoratori della stessa categoria;
- nei casi di appalto e subappalto, le imprese affidatarie dovranno garantire un trattamento retributivo non inferiore a quello previsto dai Ccnl di riferimento del settore;
- se un lavoratore non è coperto da contrattazione, dovrà essere applicato il Ccnl “più simile” come riferimento minimo;
- si prevede il rafforzamento dei controlli, con banche dati, ispezioni rafforzate, trasparenza salariale e meccanismi per contrastare il dumping contrattuale e il lavoro sotto-pagato;
- il testo esclude i lavoratori del settore pubblico (la norma non si applicherà ai rapporti di lavoro pubblico);
- infine, si parla anche di incentivi alla diffusione della contrattazione integrativa (aziendale/territoriale) per adeguare i minimi in funzione dell’andamento dei costi della vita e delle specificità territoriali.
Contratti collettivi e soglie minime
Uno dei punti importanti della riforma riguarda dunque l’individuazione, per ciascuna categoria di lavoratori, dei contratti collettivi nazionali maggiormente applicati, in base al numero di imprese e lavoratori coinvolti. A questi Ccnl verrà ricondotto il trattamento economico complessivo minimo, che dovrà costituire la soglia minima inderogabile per tutti i lavoratori appartenenti alla stessa categoria professionale.
Il criterio scelto, quindi, non prevede una soglia unica e fissa per legge, ma un riferimento settoriale. Inoltre, per garantire maggiore tracciabilità e trasparenza dei rapporti di lavoro, la legge delega affida ai decreti attuativi il compito di introdurre strumenti di monitoraggio obbligatori. Tra questi, spicca l’introduzione del codice identificativo del contratto collettivo applicato (Ccnl), da inserire obbligatoriamente:
- nei flussi telematici Uniemens verso l’INPS;
- nelle comunicazioni obbligatorie;
- nelle buste paga.
Questo sistema servirà non solo a facilitare i controlli, ma anche a vincolare eventuali agevolazioni contributive ed economiche all’effettiva applicazione dei contratti collettivi più rappresentativi.
Appalti e subappalti: salario minimo nei contratti pubblici e privati
Riguardo ai contratti di appalto e subappalto legati a servizi, le imprese affidatarie avranno l’onere di garantire ai dipendenti impiegati nell’esecuzione dell’opera un trattamento retributivo complessivo non inferiore a quello stabilito dai contratti collettivi nazionali di lavoro maggiormente diffusi nel settore di riferimento. Inoltre, qualora i lavoratori non siano coperti da contrattazione collettiva, sarà necessario applicare il Ccnl della categoria più simile, così da estendere loro i livelli minimi previsti. Parallelamente, si dovranno introdurre meccanismi in grado di incentivare la crescita graduale della contrattazione integrativa, con l’obiettivo di renderla più flessibile e capace di rispondere sia alle variazioni del costo della vita, sia alle differenze territoriali che incidono su tale costo.
Salario minimo, contrattazione di secondo livello e differenze territoriali
La legge delega affida inoltre ai decreti il compito di favorire la contrattazione di secondo livello, sia aziendale che territoriale, con l’obiettivo di adattare i trattamenti economici alle diverse condizioni del costo della vita. Un riferimento, questo, che apre alla possibilità di differenziazioni retributive su base geografica, un tema già oggetto di dibattito per i possibili riflessi sul divario Nord-Sud.
Sistema cooperativo e partecipazione dei lavoratori
Si parla anche di rafforzamento dei controlli nel sistema cooperativo, con particolare attenzione alle revisioni periodiche volte a verificare l’effettiva natura mutualistica delle imprese. L’obiettivo è duplice: da un lato combattere forme elusive o fittizie di mutualismo, dall’altro promuovere modelli di partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili, come previsto dalla riforma.
Rafforzamento dei controlli e trasparenza salariale
Infine, una parte importante del pacchetto normativo sarà dedicata al rafforzamento dei controlli e alla trasparenza salariale. Il governo sarà chiamato a definire nuove procedure per rendere pubbliche e accessibili le informazioni sulle retribuzioni e sulla contrattazione collettiva applicata nei diversi settori, anche con strumenti digitali. L’obiettivo è quello di contrastare il dumping contrattuale, le forme di lavoro irregolare o sottopagato, e rafforzare il sistema di vigilanza, anche in ottica di concorrenza leale tra imprese.
A votare contro questa delega sono state tutte le opposizioni compresa Italia Viva, che alla Camera non aveva firmato il ddl presentato dai leader dei diversi partiti (Conte, Schlein, Bonelli, Fratoianni, Richetti di Azione e Magi di +Europa). Perché nella delega, di fatto, non c’è nessuna cifra per il salario minimo, e si affida a chi è stato sempre contrario alla retribuzione minima garantita il compito di legiferare in materia.
Cosa succede adesso
Adesso il governo avrà tempo almeno fino a fine marzo 2026 per approvare i decreti legislativi. Tuttavia, questo termine potrà comunque essere prorogato. Prima della loro approvazione, gli schemi dei decreti dovranno essere infatti inviati alle commissioni Lavoro di Camera e Senato che dovranno esprimere entro trenta giorni un parere. Se questo parere arriverà dopo i sei mesi per l’esercizio della delega, la scadenza della delega sarà allungata di altri tre mesi per consentire al governo di approvare i decreti legislativi.
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