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Ex Ilva, le reazioni dei sindacati


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TARANTO – Rabbia sindacati. Fim, Fiom e Uilm si scagliano contro il bando di gara per l’assegnazione degli asset industriali dell’ex Ilva: “Fallimento annunciato”.

Le organizzazioni sindacali chiedono al governo una convocazione a Palazzo Chigi, “per valutare un intervento pubblico, garantire la decarbonizzazione e salvare impianti e occupazione”.

Secondo l’USB “l’attuale incertezza sulla vendita dimostra che l’unica strada percorribile è la nazionalizzazione”.

Sale la tensione sul fronte ex Ilva. 

Valerio D’Alò (segretario nazionale Fim Cisl)

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Loris Scarpa (coordinatore nazionale siderurgia Fiom-Cgil) 

“Adesso il Governo prenda una decisione chiara sull’ex Ilva, azienda strategica e di interesse nazionale, occorre passare velocemente ad una società a capitale pubblico che garantisca la continuità produttiva, attraverso investimenti certi e l’avvio del processo di decarbonizzazione” dichiara Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia Fiom-Cgil.

“Come volevasi dimostrare non ci sono interessi industriali che si siano manifestati alla gara per la vendita dell’ex Ilva, ma solo speculazioni finanziarie”.

“L’unica cosa certa, in questo momento, è che mancano le risorse necessarie a garantire continuità e gli interventi di manutenzione per la sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente, situazione che porta alla richiesta di aumento della cassa integrazione per le lavoratrici e i lavoratori che continuano a pagare scelte sbagliate e gli indugi del Governo”. 

“La Presidente del Consiglio prenda atto che il piano industriale proposto dai commissari che prevede l’integrità del gruppo e la decarbonizzazione non si fa con i bandi di vendita del Ministro Urso ma con la costituzione di una società pubblica necessaria a garantire l’occupazione, l’ambiente, la continuità produttiva e la decarbonizzazione”.

“Serve urgentemente che il Governo convochi Fim, Fiom, Uilm al tavolo permanente a Palazzo Chigi  – conclude Scarpa – per affrontare questi temi”.

Rocco Palombella (segretario generale Uilm)

“La gara per la vendita dell’ex Ilva si è conclusa, purtroppo come prevedibile, con un fallimento totale. Le manifestazioni di interesse per l’intero Gruppo sono state presentate solo da due fondi di investimento che non hanno alcuna solidità industriale e progettuale, peraltro con offerte risibili. Purtroppo non siamo meravigliati dell’esito della gara perché, fin dall’inizio, eravamo convinti che anche questa riapertura del bando non avrebbe portato a niente”. 

“È stato l’estremo gesto del Ministro Urso per evitare di certificare l’incapacità sua e del Governo di rilanciare effettivamente l’ex Ilva, con il rifacimento e la messa in sicurezza degli impianti, l’aumento della produzione e l’avvio della decarbonizzazione”. 

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“Una responsabilità che non appartiene solo al Governo ma anche ai commissari che si sono dimostrati inadeguati al rilancio dell’ex Ilva, facendo pagare ai lavoratori le loro scelte sbagliate, aumentando a dismisura la cassa integrazione, e a chi ha strumentalizzato politicamente e ideologicamente questa vicenda”. 

“Ora per evitare la chiusura totale dell’ex Ilva e un disastro ambientale, occupazionale e predittivo senza precedenti c’è solo una strada: la nazionalizzazione. Un atto forte, già fatto in altri Paesi come la Gran Bretagna, ma fondamentale in situazioni così drammatiche. Oggi c’è stata la prova finale che siamo ai titoli di coda di una vertenza che dura da tredici anni e che riguarda 20 mila lavoratori e intere comunità”. 

“Nel frattempo negli stabilimenti registriamo una situazione preoccupante – aggiunge il leader Uilm – con aumento della cassa integrazione e l’unico altoforno in marcia che si è fermato temporaneamente, per l’ennesima volta, per un guasto tecnico, e una condizione economica aziendale con ingenti perdite”.

“Ora è il momento del coraggio e della responsabilità da parte di tutte le istituzioni, locali e nazionali, perché non siamo mai stati così vicini alla chiusura – prosegue – non è l’ora dei Ponzio Pilato ma di chi mette al primo posto l’interesse del Paese e dei lavoratori”.

“Ribadiamo la nostra ferma contrarietà a qualsiasi ipotesi scellerata di spezzatino con la vendita di singoli impianti o siti – conclude – chiediamo un immediato incontro a Palazzo Chigi per avere chiarimenti e certezze su cosa vuole fare il Governo per il futuro dell’ex Ilva. Abbiamo le ore contate”.

Rizzo e Colautti (esecutivo nazionale Usb)

“L’attuale situazione che vede in piedi 10 offerte per l’acquisizione degli stabilimenti, di cui solo due per l’intero asset produttivo, chiarisce, qualora non fosse ancora evidente, che la nazionalizzazione è l’unica via percorribile per mettere al sicuro 18mila lavoratori e le relative famiglie. Lo ribadiamo ormai da 13 anni, e il Governo continua invece caparbiamente a fare tentativi di vendita a privati, anche dopo la fallimentare esperienza di Arcelor Mittal” riferiscono Francesco Rizzo e Sasha Colautti, dell’esecutivo Nazionale Usb.

“Noi non accetteremo mai che si proceda a una vendita a pezzi. Chiediamo che si metta innanzitutto fine alla logorante attesa, in cui vengono lasciati i lavoratori in questo momento, sia quelli diretti per i quali è stato chiesto un aumento inaccettabile delle ore di cassa integrazione (4.450, di cui 3.803 a Taranto), ma anche Ilva in Amministrazione Straordinaria e appalto”.

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“Inutile che si tenga l’incontro di lunedì sull’ammortizzatore sociale, in un momento in cui regna sovrana la confusione. Si convochi prima di tutto un confronto a Palazzo Chigi, per poi di conseguenza occuparsi della cassa integrazione e si mettano finalmente in campo strumenti per salvare i lavoratori. Prima dell’Ilva si salvino i lavoratori e le loro famiglie”.

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