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Supply Chain Planning: serve più integrazione dei dati e più attenzione alla gestione del rischio


Supply Chain Planning: cos’è e perché è sempre più importante per le imprese e per l’ESG?

Il Supply Chain Planning (SCP) è il processo strategico e operativo che consente alle aziende di gestire in modo integrato tutte le attività legate alla catena di approvvigionamento. In particolare il Supply Chain Planning si pone l’obiettivo di garantire che prodotti, materiali e informazioni fluiscano in maniera efficiente dal fornitore al cliente finale, minimizzando costi, tempi e rischi e con la migliore gestiore possibile di tutte le risorse

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Quali sono i fattori chiave del Supply Chain Planning?

Il Supply Chain Planning implica una pianificazione complessiva di tutte le attività legate al funzionamento di una filiera produttiva. A differenza di quanto poteva accadere in passato quando l’SCP era prevalentemente legato alla gestione delle scorte la sua funzionalità oggi deve comprendere la previsione della domanda, la programmazione della produzione, la gestione dei fornitori, la logistica e la distribuzione. Concettualmente grazie al Supply Chain Planning si ottiene un equilibrio sempre più preciso tra offerta e domanda, con l’effetto di estendere questa precisione anche alla gestione di tutte le risorse e al rispetto dei tempi.

Quali sono le componenti del Supply Chain Planning?

Quando si affronta una strategia di Supply Chain Planning si devono considerare almeno cinque grandi ambiti di pianificazioni, ciascuna deve essere supportata da specifiche soluzioni tra loro integrate.

  • Si inizia dal Demand Planning a cui sono affidate le previsioni della domanda dei clienti.
  • Il secondo punto di attenzione è rappresentato dal Supply Planning, ovvero dalla corretta e precisa pianificazione delle risorse necessarie per soddisfare la domanda. Ovviamente questa fase deve considerare una serie di fattori come la capacità produttive e la disponibilità dei fornitori.
  • Si arriva poi al Production Planning nella quale rientra la programmazione della produzione che tenga in considerazione dei dati del Demand Planning e che è alimnetata in funzione sul Supply Planning per ridurre tempi morti e costi.
  • In parallelo si deve poi considerare la fase dell’Inventory Planning che comprende la gestione delle scorte nel modo più preciso possibile. Il che significa con la capacità di comprendere un volume di scorte sufficiente per affrontare i rischi legati a eventuali problematiche di produzione ma senza eccessi in modo da tenere sotto controllo nel modo migliore anche i costi.
  • La fase finale è costituita dal Distribution Planning con la pianificazione della logistica e della consegna dei prodotti finali ai clienti.

Quali sono gli strumenti e le tecnologie di riferimento per il Supply Chain Planning?

Per raggiungere gli obiettivi che stanno alla base di una strategia di Supply Chain Planning le imprese devono disporre di infrastrutture e soluzioni in grado di mettere a disposizione i dati necessari a una gestione integrata di tutte le fasi. Gli strumenti di riferimento sono rappresentato dall’ERP (Enterprise Resource Planning), dall’APS (Advanced Planning Systems) e dalle soluzioni basate sull’intelligenza artificiale particolarmente importanti per la qualità e la precisione delle analisi predittive e per l’ottimizzazione dei flussi.

Quali sono i benefici di una strategia di Supply Chain Planning?

Considerando che le complessità delle supply chain sono soggette a sempre nuove variabili e a una serie di fattori di rischio più o meno rilevanti come ritardi dei fornitori, vincoli logistici e instabilità delle catene di fornitura e dei mercati stessi, l’unica possibile soluzione è nel massimizzare e migliorare il più possibile l’integrazione dei dati e dei processi. Grazie a questa integrazione è possibile attuare una reale pianificazione della supply chain e in questo moso assicurarsi una serie di vantaggi come

  • La riduzione dei costi operativi e delle scorte eccedenti.
  • Il miglioramento del livello di servizio ai clienti e della puntualità delle consegne.
  • Una maggiore resilienza della filiera nel caso di eventi imprevisti, come crisi di approvvigionamento o picchi di domanda.
  • Un concreto supporto alle strategie aziendali di sostenibilità, ottimizzando trasporti e riducendo sprechi energetici.

Supply Chain Planning e ESG: cosa significa integrare sostenibilità e gestione efficiente?

Il Supply Chain Planning rappresenta una fattore abilitante per l’attuazione di strategie ESG e per il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità. Pianificando accuratamente approvvigionamenti, produzione e distribuzione, è possibile ridurre sprechi, consumi energetici e emissioni, in linea con i principali criteri ESG.

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Anche dal punto di vista sociale, il Supply Chain Planning porta una serie di benefici, in particolare favorisce la trasparenza lungo la filiera, garantendo condizioni di lavoro corrette e il rispetto dei diritti umani nei fornitori. Inoltre, una supply chain ben pianificata supporta la governance e accountability aziendale, migliorando la tracciabilità dei materiali e la responsabilità nelle scelte strategiche.


A che punto siamo in relazione al Supply Chain Planning?

L’instabilità degli ultimi anni ha messo in discussione molti dei presupposti su cui si sono basate le catene di fornitura italiane. La gestione della volatilità, insieme alla necessità di rispondere rapidamente a nuovi rischi, sta richiedendo alle aziende una revisione profonda dei processi e delle competenze interne. Da un lato aumentano gli investimenti in tecnologie volte a migliorare l’integrazione e la visibilità dei dati, dall’altro la diffusione dell’automazione rimane spesso circoscritta a iniziative pilota o limitata da barriere organizzative. Nel frattempo, l’intelligenza artificiale comincia ad affacciarsi nella supply chain come strumento potenziale per affrontare le criticità emergenti, ma il percorso verso un’adozione diffusa incontra ancora diverse resistenze e ostacoli operativi.

L’occasione per fare il punto sulla situazione del Supply Chain Planning in Italia è offerta dal convegno “Pianificare le Supply Chain, tra complessità, intelligenza umana e intelligenza artificiale” nel corso del quale è stata presentata la ricerca dell’Osservatorio Supply Chain Planning del Politecnico di Milano.

In che modo volatilità crescente ed evoluzione dei rischi impattano sulle supply chain italiane?

Negli ultimi anni, le filiere produttive italiane si sono trovate a operare in un contesto segnato da una sequenza di numerosi shock esterni – dalla pandemia alle gravissime tensioni geopolitiche in Europa e Medio Oriente – che hanno esposto i limiti di approcci tradizionali alla gestione del rischio. La maggior parte delle aziende monitora i principali fattori critici, ma resta ancorata a logiche reattive: solo una minoranza ha riconsiderato i propri modelli di valutazione del rischio o sviluppato piani di contingenza robusti.

Questa tendenza si traduce in una vulnerabilità strutturale, particolarmente evidente nelle PMI, dove la propensione ad anticipare gli scenari rimane bassa nonostante la crescente attenzione verso rischi di matrice geopolitica e ambientale. La capacità di trasformare la volatilità in opportunità di adattamento competitivo appare ancora limitata, lasciando il sistema produttivo esposto a perturbazioni che richiederebbero invece risposte più sistemiche e integrate.

Quale ruolo svolge oggi il change management interno? A che punto siamo in termini di formazione?

Il processo di trasformazione della pianificazione nella supply chain italiana si fonda prevalentemente sulle competenze interne, con oltre il 60% delle imprese che sceglie di gestire autonomamente i progetti di cambiamento. Questa centralità del capitale umano, se da un lato testimonia l’importanza attribuita alla conoscenza aziendale e alla continuità operativa, dall’altro rivela un punto debole: la formazione è spesso trascurata. Solo metà delle grandi imprese investe realmente nello sviluppo delle proprie risorse, mentre nelle PMI il dato è ancora più contenuto. I percorsi attivati riguardano principalmente l’upskilling tecnico o la familiarizzazione con nuovi strumenti digitali, ma raramente coinvolgono dimensioni manageriali o metodologiche più ampie. Di conseguenza, la capacità effettiva dei team di guidare la transizione da una pianificazione reattiva a una basata su scenari e simulazioni rimane parziale. Le resistenze culturali e le aspettative gestionali poco realistiche rispetto ai tempi e agli impatti della trasformazione costituiscono spesso il principale ostacolo al pieno successo delle iniziative.

Che ruolo svolge l’integrazione dei dati e l’evoluzione tecnologica?

Nonostante la digitalizzazione sia entrata stabilmente nelle agende aziendali, l’integrazione dei sistemi informativi nella supply chain rimane disomogenea. Solo una frazione delle grandi imprese può contare su una visibilità end-to-end dei processi grazie a un’integrazione totale tra ERP, WMS e TMS; nella maggior parte dei casi i sistemi restano parzialmente collegati o addirittura frammentati, con conseguenze dirette sulla capacità di coordinamento e sull’efficienza operativa. Le iniziative di automazione si concentrano soprattutto su attività operative come la raccolta dati e le comunicazioni automatiche nelle PMI, mentre le grandi aziende iniziano a esplorare ambiti più complessi attraverso soluzioni di Intelligent Robotic Process Automation. Tuttavia, l’adozione di queste tecnologie è ancora episodica: ci sono barriere legate ai costi, alle rigidità organizzative e all’assenza di una governance strutturata dei dati che limitano l’impatto trasformativo delle soluzioni digitali. La mancanza di regole chiare sulla gestione dei dati accentua ulteriormente il problema, influenzando negativamente coerenza decisionale e qualità della reportistica.

Quali sono i vantaggi legati all’Intelligenza artificiale nel supply chain planning?

L’introduzione dell’intelligenza artificiale nei processi di supply chain planning resta per il momento confinata a una fase esplorativa per la maggior parte delle aziende italiane. L’adozione è ancora limitata: meno del 40% delle grandi imprese e poco più del 10% delle PMI hanno avviato sperimentazioni concrete. Le applicazioni più diffuse riguardano analisi predittive basate su dati strutturati – per migliorare previsioni di domanda e ottimizzare scorte o produzione – mentre le soluzioni avanzate, come sistemi completamente autonomi o basati su visione artificiale, restano marginali o in fase prototipale. La bassa diffusione riflette non solo vincoli tecnologici ma anche una carenza diffusa di competenze specialistiche e una governance dei dati spesso lacunosa. In questo scenario, l’AI viene percepita principalmente come uno strumento incrementale piuttosto che come leva per un ripensamento radicale della pianificazione; ciò suggerisce che il percorso verso una piena integrazione dell’intelligenza artificiale nella supply chain italiana sarà graduale e richiederà investimenti congiunti in tecnologia, competenze e processi.

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In sostenza la tecnologia offre potenzialità significative, ma la sua applicazione resta spesso circoscritta a progetti pilota o ad ambiti specifici, mentre le competenze interne e la formazione risultano ancora le aree più critiche su cui investire. In questo scenario, la capacità di integrare innovazione e gestione del capitale umano sarà determinante per costruire filiere resilienti e capaci di adattarsi ai futuri scenari economici e tecnologici.

Una transizione frenata da limiti culturali e attenta a porre il tema della centralità della persona

Alessandro Perego, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Supply Chain Planning ha sottolineato che Le supply chain italiane sono in fase di transizione e sono spinte a innovare da un contesto instabile e competitivo, ma ancora frenate da limiti organizzativi e culturali. La direzione è però segnata: la capacità di integrare pianificazione, automazione, formazione e gestione proattiva del rischio sarà la leva decisiva per costruire filiere più resilienti, capaci di affrontare le perturbazioni future e di trasformarle in opportunità di vantaggio competitivo

Per Andrea Sianesi, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Supply Chain Planning occorre considerare che “Molte aziende pianificano investimenti, ma altre sono ancora lontane dalla maturità tecnologica e organizzativa. Le difficoltà in questo senso derivano da problemi complessi di pianificazione e carenza di competenze tecniche e manageriali. In questo senso cresce anche l’urgenza di formare le persone, prerequisito per passare da una logica reattiva a una proattiva, basata su scenari e simulazioni”. 

Sul ruolo delle persone, sulle competenze, i talenti e gli skill si sofferma Roberto Cigolini, Direttore dell’Osservatorio Supply Chain Planning: “La trasformazione della supply chain planning non può prescindere dal ruolo delle persone. La scelta prevalente di gestire i progetti internamente conferma la rilevanza strategica delle competenze aziendali, ma sottolinea al tempo stesso l’urgenza di investire nella formazione e nell’evoluzione professionale dei team, affinché possano affrontare le complessità future con strumenti adeguati, apertura all’innovazione e una maggiore resilienza organizzativa”. 



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