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Pnrr, revisione da 14 miliardi: «Non ci sono tagli»


Vale 14 miliardi la nuova e ultima rimodulazione del Pnrr proposta dal Governo ieri alla cabina di regia di Palazzo Chigi e attesa ora, la prossima settimana, dal passaggio in Parlamento (1 e 2 ottobre tra Senato e Camera) prima di essere trasmessa alla Commissione Ue per la valutazione finale. Revisione importante, come si prevedeva, la seconda più corposa dopo quella approvata da Bruxelles nell’inverno 2023 (21,4 miliardi), che impatta poco oltre il 7% del totale delle risorse del Piano, pari a 194 miliardi.

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Ma senza tagli, puntualizza la premier Giorgia Meloni che ha presieduto la riunione, e con una direzione precisa, il sostegno alle imprese. «Questa proposta di revisione del Pnrr – spiega Meloni – mette in sicurezza tutte le risorse già previste per il tessuto produttivo e ci consente di concentrare l’attenzione su alcune priorità contingenti, a partire proprio da quelle che coinvolgono il mondo delle imprese. Un impegno che abbiamo assunto e stiamo lavorando per rispettarlo».

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L’obiettivo, spiega ancora la premier, è arrivare al traguardo del 2026 superando «diverse criticità» e allocando «le risorse in maniera più efficiente, anche attraverso il ricorso a nuovi strumenti finanziari. In particolare, abbiamo previsto l’inserimento di nuove misure attuabili nei tempi molto stringenti previsti dal Piano (la rendicontazione delle spese non può avvenire oltre il prossimo anno, ndr) e il potenziamento di quegli interventi che stanno producendo risultati superiori alle aspettative, con particolare attenzione alla competitività, al potenziamento delle infrastrutture e alla coesione sociale e territoriale della nostra Nazione. È un lavoro con il quale ci diamo l’obiettivo di mantenere il primato europeo raggiunto finora dall’Italia nell’attuazione del Pnrr (con l’erogazione dell’ottava rata si arriverà a oltre 153 miliardi assegnati al Paese, pari al 79% del totale, ndr), che ci è stato di recente riconosciuto anche dal Fondo monetario internazionale, che ha parlato di una “rigorosa attuazione del Piano” da parte dell’Italia».

I numeri della revisione

È il ministro Tommaso Foti, titolare della delega al Pnrr, a fornire ulteriori elementi sulla nuova revisione in attesa della trasmissione della proposta ai gruppi parlamentari. «Si tratta di un adeguamento necessario – spiega – tenuto conto che il Piano era stato concepito in un contesto politico ed economico del tutto diverso e che continua a modificarsi. Del resto, l’attualizzazione del Pnrr era stata fin dall’inizio contemplata dalla Commissione europea, già nel momento in cui aveva introdotto la possibilità di revisione». L’obiettivo della modifica, insiste Foti, è «semplificare al massimo la fase finale del Piano, eliminando gli ostacoli burocratici che in passato hanno rallentato le operazioni, per garantire la massima efficienza e accelerare il raggiungimento dei risultati».

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Cosa in concreto, cambierà? Per il momento filtrano solo le dichiarazioni dei ministri che hanno ottenuto maggiori risorse rispetto a quelle assegnate all’inizio in vista del rush finale. Come il titolare delle Politiche agricole, Francesco Lollobrigida, che annuncia «2 miliardi in più investiti sulle filiere, un risultato straordinario che significa portare a oltre 4 miliardi gli interventi su un settore che va dalla produzione fino alla trasformazione per arrivare sui mercati rendendo il nostro prodotto sempre più competitivo». Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, rende noto invece che con la revisione «la dotazione al ministero passa da 19,6 miliardi del Piano originario ad oltre 30 miliardi. Oltre un terzo in più di quanto inizialmente previsto, perché noi crediamo nelle imprese quale motore di sviluppo economico e sociale». Urso ricorda altresì che «già con la rimodulazione del 2023 le risorse del MiMit erano cresciute di altri 9,4 miliardi, destinati in parte a nuove misure per l’efficientamento energetico delle imprese come Transizione 5.0. Nel contempo, abbiamo rimodulato le risorse destinate ai singoli strumenti privilegiando quelli che assicurano il pieno impiego nei prossimi mesi sempre sul fronte dell’innovazione e della competitività».

Nelle prossime ore si conoscerà il dettaglio delle misure e soprattutto delle operazioni di riequilibrio delle risorse. Proseguirà infatti anche in questi giorni, prima dell’approdo alle Camere, la ricognizione affidata ai tavoli tecnici, già in atto da tempo, per aggiornare la spesa e le criticità emerse in alcune Missioni (Inclusione-Lavoro e Salute, in particolare, come indirettamente confermato dall’ultimo intervento del ministro Foti al question time della Camera). Lo stesso Foti, peraltro, avverte che «una volta che questa revisione entrerà in vigore, il monitoraggio dovrà essere continuo. Non possiamo rischiare di considerare concluso il nostro lavoro al momento delle pronunce definitive, per poi scoprire che alcune misure sono rimaste indietro a causa di errori tecnici o burocratici».

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Il ruolo dei Comuni

Dal canto loro i Comuni, uno dei motori più attivi per la spesa delle risorse, confermano i dati positivi monitorati anche di recente: «Stiamo facendo la nostra parte nell’attuazione del Pnrr, raggiungendo fin qui tutti gli obiettivi ad essi assegnati» dice durante la Cabina di regia il Presidente del consiglio Anci e primo cittadino di Ascoli Piceno Marco Fioravanti.

E aggiunge: «I dati al 30 giugno elaborati da Anci mostrano come i progetti Pnrr dei Comuni siano in esecuzione o in fase conclusiva nel 94% dei casi, con investimenti concreti nei territori e nelle comunità che hanno rafforzato il ruolo degli enti locali come motore di sviluppo e di coesione sociale». C’è sicuramente il loro zampino nel fatto che al momento risultano assegnati 192 dei 194 miliardi del Piano, praticamente il 99% del totale.





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