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Approvata la legge italiana sull’AI: è la prima in Europa


Approvata in Senato lo scorso 17 settembre 2025, la legge italiana sull’intelligenza artificiale è la prima legge nazionale che regola l’implementazione, l’adozione e la governance dei sistemi di AI in accordo con quanto previsto a livello europeo dall’AI Act.

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La normativa italiana sull’AI fissa i principi generali per lo sviluppo e l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale

Il testo definitivo non presenta grosse variazioni rispetto a quello del “ddl AI” approvato già mesi fa alla Camera e, come hanno fatto notare diversi commentatori[1][2], sembra fissare soprattutto i principi generali che devono ispirare l’uso dei sistemi di intelligenza artificiale e individuare i soggetti a diverso titolo responsabili di vigilare su di esso.

Diversamente dall’AI Act europeo, la legge italiana sull’intelligenza artificiale non prevede la classificazione dei sistemi di AI in base a un livello di rischio che può essere minimo, limitato, alto o inaccettabile, ma fissa come limiti all’uso dell’intelligenza artificiale principi come trasparenza, sicurezza, accessibilità, tutela della riservatezza della persona.

L’uso dell’intelligenza artificiale in Italia è consentito, soprattutto, in una dimensione «antropocentrica»[3] – così si legge in una nota stampa del Dipartimento per la trasformazione digitale che dà notizia dell’approvazione definitiva della legge italiana sull’AI – e cioè solo lasciando al centro le persone, i loro diritti inviolabili e le decisioni umane.

Dal lavoro (anche intellettuale) alla sanità e la giustizia: i principali nodi toccati dalla legge italiana sull’AI

I principi generali sull’utilizzo dell’AI vengono declinati nel testo approvato[4] dal Senato, che consta di 4 capi e 26 articoli, in indicazioni più concrete riguardanti i settori in cui l’adozione dei sistemi basati sull’AI è già in fase avanzata o potrebbe portare maggiori benefici. Sono settori come sanità, lavoro, pubblica amministrazione, giustizia, formazione e ricerca, sport.  

In ambito sanitario, per esempio, restano validi i principi fissati a livello europeo per l’utilizzo dei sistemi AI e, cioè, che lo stesso deve essere non discriminatorio, inclusivo, accurato e fondato in maniera imprescindibile sulla decisione umana. La legge italiana sull’AI consente dei margini più ampi per il trattamento dei dati personali dei pazienti, eventualmente anonimizzati o pseudonimizzati nella maniera opportuna, se esiste un «rilevante interesse pubblico» a utilizzare gli stessi a scopo scientifico e di ricerca.

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Con riferimento al mondo del lavoro, la legge italiana sull’intelligenza artificiale sembra prendere atto di una pratica ormai diffusa, qual è l’utilizzo di sistemi automatizzati e basati sull’AI nelle diverse fasi del processo di recruiting. Questo uso rimane consentito a patto che avvenga in maniera trasparente e non discriminatoria e, cioè, che dipendenti e candidati siano opportunamente informati che la selezione può avvenire anche attraverso l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale e che l’azienda abbia fatto tutto il possibile per evitare che gli ultimi replichino bias etnici, politici, religiosi.

Tra i nodi toccati dalla legge italiana sull’AI ci sono anche quelli riguardanti professioni intellettuali e diritto d’autore che per molto tempo hanno tenuto banco nelle discussioni attorno all’AI, soprattutto dopo notizie come la scoperta di network di siti d’informazione che ripubblicavano articoli plagiati da grandi testate internazionali o quella della causa intentata da The New York Times contro OpenAI. Il principio fondamentale da rispettare rimane quello della trasparenza: il professionista che nello svolgimento del proprio lavoro intellettuale faccia uso di sistemi AI deve darne comunicazione ai clienti – o comunque ai destinatari del proprio lavoro, come sono i lettori di un articolo di giornale – in maniera il più semplice e chiara possibile.

Per quanto riguarda l’AI nella pubblica amministrazione i temi toccati sono tanti e spaziano dalla difesa e dalla sicurezza nazionale alla giustizia. Al di là delle singole prescrizioni, il principio generale fissato dalla legge italiana sull’intelligenza artificiale è che l’uso della stessa in ambito pubblico «non deve pregiudicare lo svolgimento con metodo democratico della vita istituzionale e politica» e deve sempre mirare a difendere «la libertà del dibattito democratico da interferenze illecite, da chiunque provocate, tutelando gli interessi della sovranità dello Stato».

In cosa è diverso il testo definitivo della legge italiana sull’intelligenza artificiale dal “ddl AI”

Rispetto al disegno di legge originario, il testo definitivo della legge italiana sull’intelligenza artificiale presenta dettagli che sono tali solo all’apparenza ma contribuiscono in realtà a renderla più coerente con il quadro normativo europeo sul tema.

In particolare, è previsto che le regole italiane sull’AI, incluse quelle che potranno venire dai vari decreti attuativi della legge, non possano introdurre obblighi ulteriori e più gravosi rispetto a quelli previsti dall’AI Act. È un modo per evitare che le aziende italiane che dovranno adeguarvisi si trovino soggette a condizioni meno competitive rispetto a quelle delle aziende degli altri stati membri e, più in generale, un’eccessiva frammentarietà normativa.

Quando si profilano responsabilità civili e/o penali connesse all’uso dei sistemi di intelligenza artificiale, la legge approvata in via definitiva al Senato prevede una ripartizione più equa dell’onere della prova tra danneggiato e danneggiante. Semplificando molto, vuol dire che non toccherà solo al primo dimostrare di aver subito un danno a causa dell’utilizzo di sistemi basati sull’intelligenza artificiale e l’eventuale colpa dell’azienda utilizzatrice: l’ultima potrà a propria volta addurre prove di aver operato in conformità con quanto previsto dalla legge.

Tra le altre differenze importanti con il testo originario del “ddl AI” c’è l’eliminazione dell’obbligo di localizzazione su territorio nazionale dei server dei sistemi di intelligenza artificiale in uso nel settore pubblico. Rimane solo l’indicazione per pubbliche amministrazioni e altri soggetti pubblici di preferire al momento della scelta dei fornitori dei sistemi AI soggetti con data center che si trovano sul territorio nazionale, in modo da assicurarsi più garanzie sul trattamento dei dati personali e operazioni di recupero dei dati più veloci in caso di data breach .

L’Italia ha una strategia nazionale per l’AI (e numerose agenzie coinvolte nella sua realizzazione)

L’approvazione della legge italiana sull’AI va considerata, comunque, solo un punto di partenza nella definizione di regole più chiare sull’impiego dell’intelligenza artificiale e dei sistemi basati su di essa.

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La stessa legge individua nel Governo il soggetto deputato ad approvare, entro dodici mesi dalla sua entrata in vigore, i decreti legislativi – uno o più di uno – necessari sia per adeguare le previsioni della normativa nazionale a quelle dell’AI Act europeo sia a disciplinare i casi di realizzazione e impiego illecito di sistemi AI e i relativi profili di responsabilità civile e penale.

Le deleghe al governo sono uno dei punti più criticati della nuova legge italiana sull’intelligenza artificiale. Questo modus operandi fa dipendere infatti decisioni molto strategiche, almeno per quanto riguarda l’ innovazione del Paese, da chiari indirizzi politici: se sarà il governo ad avere l’ultima parola la governance sull’AI sarà per definizione non neutra.

Per ragioni simili molti addetti ai lavori e attivisti dei diritti digitali non hanno apprezzato[5] i poteri che la normativa italiana sull’AI conferisce all’ Agenzia per l’Italia Digitale e all’ Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale: si sarebbero potute scegliere, vista la delicatezza dei temi e delle responsabilità in gioco, agenzie indipendenti e non direttamente legate al governo e ai suoi indirizzi.

La legge appena approvata individua, invece, nell’AgID il soggetto deputato a promuovere l’innovazione e lo sviluppo nel campo dell’intelligenza artificiale ma anche valutare, accreditare e monitorare i soggetti incaricati di verificare la conformità alla legge dei sistemi AI e gestire notifiche e segnalazioni. L’ACN ha compiti di vigilanza, specie per quanto riguarda il potenziale impatto dei sistemi AI sulla sicurezza digitale del Paese, e di conseguenza di ispezione e sanzionamento. Queste responsabilità sono condivise con il Garante per la protezione dei dati personali e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ( AGCOM), almeno per quanto riguarda la tutela dei dati e della riservatezza dei cittadini.

Insieme, AgID e ACN devono contribuire anche a creare «spazi di sperimentazione» per la realizzazione di sistemi AI conformi alla legge e, soprattutto, supportare il Dipartimento per la trasformazione digitale nell’aggiornamento, previsto ogni due anni, della strategia nazionale per l’AI.

Come hanno sottolineato dallo stesso Dipartimento, infatti, solo nella fase iniziale sono previsti investimenti per un totale di un miliardo di euro da destinare alle piccole e medie imprese italiane che vogliano sperimentare con l’AI e le tecnologie emergenti e, più in generale, a supporto della trasformazione digitale.

«È una scelta che riporta l’innovazione nel perimetro dell’interesse generale, orientando l’IA a crescita, diritti e la piena tutela dei cittadini.

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Alle imprese diciamo con chiarezza: investite in Italia. Troverete una governance affidabile, regole trasparenti e un ecosistema pronto a sostenere progetti concreti in tutti i settori chiave del Paese”,

è stato il commento del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Alessio Butti.



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