Il tema del mismatch tra domanda e offerta di lavoro ha risuonato anche al Salone Nautico di Genova, dove la 65esima edizione è andata in scena dal 18 al 23 settembre.
Tra gli appuntamenti che hanno acceso il focus su questo aspetto decisamente rilevante, il convegno dal titolo “Nautica da diporto: le istituzioni in sinergia con le imprese”, promosso da Confindustria Nautica.
La discussione, come in altri contesti, non ha potuto non toccare il tema delle risposte, che chiamano in causa l’orientamento e la formazione, le riforme della filiera tecnica già in atto, il bisogno di istituire una vera e propria filiera formativa del mare, come indicato dal sottosegretario all’istruzione Frassinetti nel suo intervento, oltre al più generale invito ai ragazzi a maturare ispirazioni che possano incrociare la traiettoria del settore.
Ma quali sono i bisogni peculiari di un’industria leader a livello globale come quella della nautica da diporto italiana? Come emerso dal contesto appare “sempre più necessario riflettere sul tema della mancanza di manodopera specializzata e sull’impellente necessità di creare dei percorsi di formazione efficaci ed efficienti”. La situazione del settore è però tale che “a livelli alti e universitari si riscontra quasi un esubero di professionisti del settore con una ricchezza di ingegneri e designer, ma con un gap evidente invece nel campo della manodopera specializzata dedicata alle fasi costruttive“.
Insomma, ai piani alti il matching si compie ma a quelli bassi la situazione si fa complessa.
E proprio da questa consapevolezza giunge uno degli spunti più interessanti, quello del vicepresidente di Confindustria Nautica Vincenzo Poerio che ha chiesto di pensare “in una logica Its” ben oltre il perimetro della formazione terziaria superiore. Se è vero infatti che uno degli obiettivi con cui il sistema terziario ITS è stato varato è quello di assicurare, con continuità, l’offerta di tecnici superiori a livello post-secondario in relazione alle aree tecnologiche considerate strategiche nell’ambito delle politiche di sviluppo industriale e tecnologico e di riconversione ecologica, a volte le esigenze delle imprese possono essere anche altre, all’apparenza più basiche (ma non per questo meno importanti in una logica di insieme)
Come sottolineato da Poerio, infatti, “il settore nautico è cresciuto tantissimo, Abbiamo bisogno di essere umani e di risorse per poter gestire il futuro di questo settore. Con gli ITS Academy abbiamo ottenuto dei risultati e cominciamo ad avere persone di livello 5 e con le università di livello 6, da inserire nelle nostre aziende. Ma dal livello uno al quattro, sarebbero maestranze, persone che fanno fisicamente il lavoro, abbiamo bisogno di un cambiamento creando qualcosa di comune con le aziende per formare personale del genere, andarlo a trovare sul territorio italiano e se non è possibile come approcciare il mondo extracomunitario e comunitario e poi formarli per l’inserimento utilizzando sistemi simili all’ITS Academy.
Portare persone che vengono dal mondo dell’industria a insegnare ai ragazzi giovani e portare innovazioni tecnologiche dalla scuole dalle università per creare e formare operai con la O maiuscola capaci di lavorare non più come una volta ma utilizzando la tecnologia e tutto quello che il mercato ci offre”.
Insomma, la logica ITS dovrebbe essere adattata, per la formazione, a profili professionali che non sono di livello intermedio, con un focus su operai specializzati, in grado di gestire le tecnologie che il mercato richiede.
L’auspicio che una piattaforma di formazione per le maestranze diventi realtà complice anche un Ministero/Ministro attento al tema, almeno a giudicare dalle parole di Poerio parte anche dall’assunto che il modello Its funzioni e sia replicabile: come dichiarato dal vicepresidente, “chiedo per le persone e le maestranze di creare qualcosa di simile che ha funzionato lì e funzionerà anche in questo caso, ne sono convinto, sono più di dieci anni che cerco di dedicare parte del tempo alla formazione dei ragazzi e penso che potrebbe essere una soluzione da discutere e concordare con le istituzioni”.
Lo scorso marzo Confindustria Nautica aveva comunicato i risultati di un’ulteriore analisi sui fabbisogni formativi della cantieristica e della filiera, rilevati sulle nove assemblee di settore in cui è articolata Confindustria Nautica in rappresentanza di tutti i segmenti merceologici (con i settori imbarcazioni a vela e imbarcazioni a motore unificati ai fini della rilevazione).
Risultavano 226 le categorie di attività economiche perimetrate nella filiera nautica, con un grado decrescente di coinvolgimento procedendo dalla Produzione cantieristica nautica ai vari settori della filiera, a sua volta composta dalla Subfornitura (Meccanica, Metallurgia, Elettronica, Chimica, platiche e gomma, Impiantistica e installazioni, Arredamento, tessile e finiture, Altro), Commercio, Charter e Servizi (Riparazioni e refitting, Porti e Servizi dedicati).
Niente di strano, quindi, se “le professionalità più richieste dal settore sono conseguentemente variegate e riflettono tale ampiezza della filiera”.
I principali siti produttivi, si leggeva ancora nel comunicato, rimanevano nell’ordine, i distretti Viareggio-Pisa, Rimini-Forlì, La Spezia, Massa Genova, Napoli, Pesaro-Urbino, Ancona, Milano-Bergamo, Torino, Gorizia-Trieste, quindi “con un certo bilanciamento fra est e ovest della Penisola, ma con una netta prevalenza del Centro-Nord, e sono queste anche le aree dove si concentrano maggiormente i fabbisogni lavorativi evidenziati dalle imprese”.
Il tema dei distretti richiama moltissimo uno degli elementi cardine del sistema ITS e, come per i livelli intermedi, il discorso potrebbe valere anche per altri tipi di figure. Il riferimento di Poerio al “portare persone che vengono dal mondo dell’industria a insegnare ai ragazzi giovani” sembra fare riferimento soprattutto alle modalità didattiche, mentre diverso sarebbe il tema della governance (che nel caso della nascita di un its chiama in causa scuole secondarie di secondo grado, struttura formativa accreditata regionalmente, imprese legate all’uso delle tecnologie, atenei o istituzioni Afam).
La suggestione di Poerio è interessante e sarà stimolante vedere, nel prossimo futuro, quanto e se verrà presa in considerazione.
Il discorso, ovviamente, non ha solo a che fare con la nautica, ma è uno spunto di partenza molto buono per uno sguardo più generale. Come si legge nel Report sul mismatch tra domanda e offerta di lavoro in Italia, che costuituisce il via al rapporto di collaborazione tra il CNEL e Unioncamere sull’analisi del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro, “le imprese italiane e la Pubblica Amministrazione, nei prossimi cinque anni (2025–2029), esprimeranno un fabbisogno occupazionale molto orientato verso profili con istruzione tecnica e terziaria”.
Ma scendendo nel dettaglio l’analisi indica che le “previsioni dello scenario positivo stimano oltre 1,3 milioni persone con una formazione terziaria (laurea o ITS Academy), che rappresentano il 37,1% del fabbisogno complessivo e riguardano soprattutto laureati in ambiti STEM, economico-giuridici e sanitari. Saranno richiesti 1,6 milioni di persone (46% del totale) in possesso di un livello di istruzione secondario tecnico professionale derivanti dalla necessità di figure operative e specializzate (es. tecnici, meccanici, manutentori, operatori informatici), coerente con i fabbisogni del mondo produttivo e industriale”.
Insomma, ci sarà un grande bisogno di tecnici ma sono i numeri a indicare che, quelli con un livello di istruzione secondaria tecnica professionale, saranno più richiesti anche di quelli con un diploma terziario. Ma, almeno a giudicare dall’analisi che arriva dal salone genovese, non è detto che col semplice diploma si possa essere maestranza utile alla causa.
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