L’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA) prevede che entro il 2050 il 91% dell’elettricità globale proverrà da fonti rinnovabili. Come sappiamo, la transizione verso un sistema energetico decarbonizzato non dipende solo dal ritmo con cui crescono fotovoltaico ed eolico, ma dalla capacità di trasportare e integrare l’energia prodotta. È questa la sfida messa nero su bianco dal report Delivering Large-Scale Grid Infrastructure Projects at Pace, pubblicato da UNEZA durante la Climate Week di New York.
I numeri parlano chiaro: oltre 3.000 GW di capacità rinnovabile attendono la connessione in tutto il mondo, mentre nel 2023 in sei Paesi europei sono andati persi circa 30 TWh per mancanza di infrastrutture adeguate, con un costo stimato di 9 miliardi di euro.
Nonostante nel 2024 siano stati installati circa 582 GW di nuova capacità da rinnovabili, per raggiungere l’obiettivo globale di 11,2 TW entro il 2030 rimangono diverse criticità. Lo sviluppo insufficiente delle infrastrutture e le inefficienze delle reti elettriche che non si stanno espandendo né modernizzando con la rapidità necessaria per integrare i volumi di produzione rinnovabile richiesti, rappresentano un ostacolo significativo.
Come ha ricordato il Direttore Generale di IRENA, Francesco La Camera: “Le reti sono la spina dorsale della transizione energetica e la chiave per raggiungere l’obiettivo di triplicare la capacità rinnovabile installata entro il 2030, come stabilito alla COP28”.
Gli investimenti necessari per non fermare la transizione
Secondo IRENA, tra il 2025 e il 2030 serviranno circa 670 miliardi di dollari l’anno per rafforzare le reti elettriche, con l’obiettivo di aggiungere o rinnovare 80 milioni di chilometri di linee entro il 2040, un’estensione pari all’attuale rete globale.
La Utilities for Net Zero Alliance, che riunisce oltre 70 operatori del settore, ha già annunciato un impegno annuale di 117 miliardi di dollari in reti e rinnovabili, con quasi la metà delle risorse destinate all’infrastruttura di trasmissione e distribuzione.
Il tema del finanziamento è uno dei cardini del report. Nei Paesi emergenti solo un progetto infrastrutturale su dieci raggiunge il financial close, ovvero il momento in cui tutte le condizioni contrattuali e finanziarie sono soddisfatte e i fondi diventano effettivamente disponibili. Per attrarre capitali privati sono necessari strumenti come i green bond, forme di blended finance denominate in valuta locale e regole stabili che assicurino ritorni prevedibili nel lungo periodo.
Strategie e sfide: dal permitting alle competenze
Il documento UNEZA identifica quattro aree decisive per la riuscita dei grandi progetti: pianificazione, finanziamenti, catene di fornitura globali e disponibilità di competenze lungo l’intera filiera.
La pianificazione
La fase di planning deve diventare il motore di ogni intervento, passando da un approccio frammentato a un programma di lungo periodo coordinato con operatori di rete e istituzioni. La trasparenza nei confronti delle comunità locali e processi autorizzativi più rapidi sono elementi indispensabili per accorciare i tempi medi di realizzazione.
Supply chain e standardizzazione
Le catene di fornitura globali sono sotto pressione, con lunghi tempi di consegna e costi in crescita. Per superare questi ostacoli, il report propone di passare da relazioni transazionali a partnership strategiche, ricorrendo a framework agreements multi-progetto e a una maggiore standardizzazione delle tecnologie, come dimostra l’esperienza del programma 2GW di TenneT.
Il nodo delle competenze
La forza lavoro impiegata nelle rinnovabili è passata a 16,2 milioni di occupati nel 2023 e potrebbe arrivare a 30 milioni entro il 2030. Ma senza adeguati programmi di formazione e riqualificazione, il rischio è di non avere personale sufficiente per progettare, costruire e gestire le reti del futuro. Il report invita quindi a un impegno congiunto tra istituzioni, imprese e università per sviluppare nuove competenze, offrendo al tempo stesso servizi sociali nei territori che ospitano i cantieri.
Case history: il London Power Tunnels
Tra le esperienze raccontate, il progetto London Power Tunnels rappresenta un modello di come una grande infrastruttura possa essere completata rispettando tempi e budget.
La prima fase, conclusa nel 2018, ha realizzato 32 chilometri di gallerie e 192 chilometri di cavi ad alta tensione, coinvolgendo oltre 700 lavoratori nel picco delle attività. Il 99% dei materiali di scavo è stato riciclato e l’iniziativa ha incluso un vasto programma di outreach nelle scuole, che ha raggiunto 30.000 studenti. Un esempio concreto di come la pianificazione attenta e il coinvolgimento della comunità possano generare benefici oltre la sola dimensione energetica.
FAQ Reti elettriche
Perché le reti elettriche sono considerate un collo di bottiglia per la transizione?
Perché senza infrastrutture adeguate non è possibile connettere la capacità rinnovabile già installata, generando curtailment e sprechi di energia.
Quali sono gli investimenti richiesti entro il 2030?
IRENA stima circa 670 miliardi di dollari l’anno per espandere e modernizzare le reti globali tra il 2025 e il 2030.
Quali sono le principali barriere da superare?
Tempi lunghi di permitting, vincoli delle catene di fornitura e carenza di competenze specializzate.
Come possono i Paesi attrarre capitali privati?
Con strumenti finanziari innovativi, come green bond e blended finance, e con meccanismi regolatori che garantiscano ritorni stabili.
Quali esempi concreti dimostrano la fattibilità dei grandi progetti?
Il London Power Tunnels e le interconnessioni HVDC nel Regno Unito hanno mostrato che con una pianificazione accurata e partnership solide è possibile rispettare tempi e budget.
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