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la sentenza di Aosta tra prossimità e Riforma Cartabia


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Conformi:

Cass. civ., SS.UU., n. 19596/2020

Trib. Lecce, n. 2127/2025

Trib. Parma, n. 369/2025

Trib. Taranto, n. 1497/2025

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Trib. Lodi, n. 23/2025

Trib. Avezzano, n. 148/2025

Trib. Ascoli Piceno, n. 142/2025

Difformi:

Corte d’Appello Milano, n. 388/2025

Corte d’Appello Milano, n. 1364/2025

Il tema centrale: la competenza territoriale

La sentenza n. 143 dell’11 luglio 2025 del Tribunale di Aosta offre l’occasione per affrontare uno dei nodi più delicati e al tempo stesso più rilevanti dell’intera disciplina della mediazione civile e commerciale: la competenza territoriale degli organismi di mediazione.

Il caso concreto riguardava un’opposizione a decreto ingiuntivo in materia bancaria. Il giudice ha rilevato che la procedura di mediazione era stata introdotta da parte opposta non già presso un organismo dotato di una sede effettiva nel circondario valdostano, bensì presso una presunta sede che, al momento delle verifiche, si è rivelata inesistente: all’indirizzo indicato non vi era alcun ufficio operativo, ma un’autorimessa. Da questo dato di fatto il Tribunale ha tratto la conseguenza che il procedimento non fosse idoneo a soddisfare la condizione di procedibilità prevista dall’art. 5 del D.Lgs. 28/2010.

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La pronuncia si colloca nel solco della giurisprudenza più rigorosa, che interpreta la regola della territorialitànon come un mero requisito formale, ma come un presidio di effettività del diritto delle parti. L’improcedibilità dichiarata dal Tribunale non ha riguardato solo il vizio del procedimento conciliativo, ma ha comportato la revoca del decreto ingiuntivo opposto, a conferma della centralità del rispetto delle regole in tema di mediazione.

Un passaggio particolarmente rilevante della decisione riguarda la mediazione telematica: il Tribunale di Aosta ha chiarito che la possibilità di svolgere gli incontri in videoconferenza rappresenta esclusivamente una modalità di svolgimento e non uno strumento per derogare al criterio di competenza territoriale. In altre parole, la digitalizzazione non può trasformarsi in un escamotage per aggirare il principio di prossimità.

La disciplina applicabile: prima e dopo la riforma Cartabia

Per comprendere appieno il rilievo della decisione occorre inquadrare la disciplina normativa.

Giova evidenziare come il foro valdostano abbia preso la propria decisione applicando la normativa ratione temporis vigente precedente alla riforma, ma che i principi sulla necessaria competenza territoriale non sono mutati anzi sono stati rafforzati dalla riforma stessa.

Fin dal 2010, con l’entrata in vigore del D.Lgs. 28/2010, il legislatore ha previsto, all’art. 4, che la domanda di mediazione debba essere presentata “presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia”. L’intento era duplice: assicurare prossimità e quindi effettiva partecipazione delle parti, ma anche evitare che la mediazione si trasformasse in un adempimento astratto o addirittura penalizzante per il convenuto.

La riforma Cartabia (D.Lgs. 149/2022), entrata in vigore il 30 giugno 2023, ha ridisegnato molti profili della mediazione, estendendo l’obbligo a nuove materie, introducendo l’art. 5-bis per regolare l’opposizione a decreto ingiuntivo e rafforzando l’obbligo di partecipazione personale delle parti. Ma sul fronte della competenza territoriale, la riforma ha scelto la continuità: la domanda va comunque presentata presso l’organismo competente per territorio.

Le uniche aperture introdotte sono state due:

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1. la possibilità di svolgere gli incontri in via telematica, purché ciò non si traduca in uno strumento per eludere la regola della competenza;

2. la facoltà di derogare consensualmente al criterio territoriale, ma solo mediante accordo espresso e, stando all’interpretazione della giurisprudenza maggioritaria, non desumibile dalla mera inerzia di una parte.

Ne emerge un quadro chiaro: la prossimità resta la regola, la telematica e la deroga consensuale rappresentano eccezioni funzionali, che non ne intaccano la centralità.

Il valore della prossimità territoriale

Perché la prossimità territoriale è così importante?

Essa non rappresenta un tecnicismo, bensì una garanzia sostanziale. Il legislatore del 2010 ha ritenuto che la mediazione potesse funzionare solo se il cittadino fosse posto nelle condizioni di partecipare senza ostacoli e senza oneri eccessivi.

La ragione principale di questa scelta è quella di tutelare la parte chiamata a poter partecipare alla mediazione nella forma che egli ritiene (in presenza o telematica), scelta che non sarebbe percorribile o quantomeno evidentemente svantaggiosa (per motivi logistici ed economici) qualora la mediazione venisse radicata in sede distante.

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Un esempio pratico aiuta a comprendere: un consumatore di Aosta, parte in un contenzioso bancario, potrebbe essere formalmente chiamato a mediare con un organismo con sede a Lecce. Se l’unica opzione fosse la videoconferenza, la sua partecipazione sarebbe “tecnicamente” possibile, ma in concreto verrebbe vanificato il suo diritto alla scelta della forma (telematica o in presenza) in contrasto con l’intento del legislatore.

Il Tribunale di Aosta, sottolineando che la videoconferenza non incide sulla regola della competenza, riafferma questa impostazione. La tecnologia è un alleato della prossimità, non il suo sostituto.

Le convenzioni tra organismi e la loro sorte

Un ulteriore profilo affrontato nella sentenza valdostana riguarda le convenzioni tra organismi ex art. 7D.M. 180/2010. Tali convenzioni consentivano a un organismo di appoggiarsi a sedi secondarie gestite da altri enti, ampliando così la propria presenza territoriale.

Il giudice di Aosta ha precisato che tali convenzioni non possono supplire all’assenza di una sede effettiva: ciò che conta è che l’organismo abbia una sede reale, concreta e accessibile nel territorio competente. In mancanza, la mediazione è improcedibile. Nel caso di specie si evidenzia come parte istante non abbia soddisfatto l’onere della prova tanto circa la presenza di una sede operativa diretta dell’organismo adito quanto di una sede in accordo con altro organismo, datosi che all’indirizzo indicato risultava un’autorimessa.

Questo approccio si inserisce in un quadro mutato: con il D.M. 150/2023 le disposizioni sulle convenzioni sono state abrogate.

Questa abrogazione ha fatto propendere alcuni giudici per sostenere come oggi non vi sia più spazio per “sedi virtuali” o per accordi di collaborazione meramente organizzativi. In tal senso, il Tribunale di Lodi, con la sentenza n. 23 del 2025, ha sottolineato che l’art. 7DM 180/2010 non è più presente nel DM 150/2023 e pertanto non sarebbe più possibile ricorrere ad accordo con altro organismo per svolgere fornire il servizio di mediazione dove l’organismo non ha sede.

Non si ritiene di poter aderire a tale interpretazione. L’art. 6, comma 1 lettera t del DM 150/2023 (che così recita: “t) l’impegno, in caso di stipula di accordi con altri organismi in ordine allo svolgimento del servizio di mediazione, di trasmetterne immediatamente copia al responsabile del registro e di pubblicare contestualmente la data, l’oggetto e la durata dell’accordo sul proprio sito web”) e il successivo art. 17 comma 1 lettera g (che così recita “g) gli eventuali accordi stipulati ai sensi degli articoli 6, comma 1, lettera t), 22, comma 1, lettera s), e 23, comma 5, con indicazione, per ciascun accordo, dell’oggetto, della sua durata e degli elementi identificativi degli altri organismi”) richiamano in modo esplicito la possibilità di stipulare accordi tra organismi per lo svolgimento del servizio di mediazione.

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Considerando che non vi sia nel testo normativo alcun divieto in ordine all’utilizzo di tali accordi per coprire una maggior quantità di circondari di tribunale, si ritieni di poter sommessamente affermare che gli accordi sono ancora pienamente possibili!

Senza che ciò sia in contrasto con la scelta del legislatore di privilegiare la certezza e la trasparenza del sistema, evitando la proliferazione di sedi fittizie e garantendo ai cittadini la possibilità di individuare facilmente l’organismo competente. Invero anche le sedi in accordo devono essere debitamente depositate e dichiarate.

Orientamenti giurisprudenziali a confronto

Il principio riaffermato dal Tribunale di Aosta trova ampio riscontro nella giurisprudenza di merito. Il Tribunale di Lecce (sent. 2127/2025) e il Tribunale di Parma (n. 369/2025) hanno chiarito che la mediazione svolta davanti a un organismo incompetente equivale a mancata instaurazione del procedimento. In termini simili il Tribunale di Taranto (n. 1497/2025) ha escluso che la mediazione telematica possa costituire deroga al criterio di competenza.

La giurisprudenza più recente ha accentuato la linea del rigore: il Tribunale di Avezzano (n. 148/2025) e quello di Ascoli Piceno (n. 142/2025) hanno definito la competenza territoriale come requisito inderogabile.

Non mancano però interpretazioni più elastiche. La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 388/2025, ha ritenuto che la mancata contestazione equivalga a un accordo implicito di deroga, mentre con la sentenza n. 1364/2025 ha applicato il principio tempus regit actum per valutare gli effetti temporali della riforma Cartabia.

Il quadro che emerge è quindi quello di un dibattito ancora vivo: da un lato la tendenza prevalente a valorizzare la prossimità come garanzia imprescindibile, dall’altro alcune aperture che cercano di privilegiare la sostanza della partecipazione e della volontà delle parti rispetto al rispetto formale delle regole.

Considerazioni conclusive

La sentenza del Tribunale di Aosta n. 143/2025 rappresenta un punto fermo in un panorama giurisprudenziale ancora in evoluzione. Il messaggio che se ne ricava è chiaro: la mediazione obbligatoria non può essere svilita in un atto puramente formale, ma deve garantire effettività e accessibilità.

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La riforma Cartabia, pur avendo introdotto importanti innovazioni, non ha intaccato questo principio. Al contrario, ne ha confermato la centralità, limitandosi a consentire deroghe espresse e a introdurre strumenti telematici come strumenti di semplificazione e non come vie di fuga.

La decisione valdostana assume quindi un valore sistemico: tutela il singolo caso ma, al tempo stesso, manda un messaggio a tutto il sistema della mediazione. L’innovazione tecnologica e organizzativa deve rimanere al servizio della prossimità territoriale e non sostituirla. Solo così la mediazione potrà continuare a svolgere il ruolo deflattivo che il legislatore le ha attribuito e potrà rappresentare, per cittadini e imprese, un’alternativa credibile e concreta al giudizio.

Riferimenti normativi

Art. 4D.Lgs. 28/2010

Art. 5D.Lgs. 28/2010

Art. 5-bisD.Lgs. 28/2010

Art. 18 c.p.c.

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