Tommaso è entrato in P&G SGR nel 2020, contribuendo allo sviluppo dei prodotti esistenti e alla crescita dell’area dei fondi di credito, che oggi gestisce oltre 240 milioni di euro di masse. Negli anni ha partecipato attivamente all’evoluzione dei prodotti di investimento con un focus sulla finanza alternativa e sugli strumenti dedicati al mercato dei crediti deteriorati.
È stato tra i protagonisti della costituzione e del lancio del Fondo Persefone, avviato a fine 2023 e oggi flagship della business unit credito, con oltre 130 milioni di masse in gestione. In precedenza ha maturato un’esperienza triennale come controller, specializzandosi nell’analisi e nel monitoraggio dei dati economico-finanziari.
Ha conseguito una laurea in Economia presso l’Università Bocconi di Milano.
1. Quando e perché hai iniziato la tua carriera nel settore finanziario?
La passione per i numeri e la logica mi ha accompagnato fin da ragazzo: per me la matematica non è mai stata solo un esercizio astratto, ma uno strumento per interpretare il mondo. Al tempo stesso, ho sempre avuto un forte spirito imprenditoriale e il desiderio di contribuire in maniera concreta all’economia reale. Dopo le prime esperienze accademiche e professionali, mi sono reso conto che la strada giusta per me era la finanza alternativa: un ambito dove i numeri non restano fine a sé stessi, ma si intrecciano con la vita delle imprese e dove è possibile dare un contributo tangibile al tessuto economico del Paese.
2. Come si svolge una tua giornata tipo? Come organizzi il tempo?
Descrivere una “giornata tipo” non è semplice, perché ogni giorno porta con sé sfide diverse e nuovi obiettivi da raggiungere. Negli anni, però, abbiamo costruito un’organizzazione solida, con un team affiatato e responsabilità ben definite. La mia giornata inizia sempre con un caffè con i colleghi: è un piccolo rito che aiuta a partire con il giusto spirito. Poi si passa a un briefing operativo, durante il quale analizziamo le attività in corso e facciamo il punto sui movimenti di mercato. Gran parte del lavoro ruota attorno al confronto con partner e investitori, che ci offrono prospettive preziose per capire come evolvono i bisogni e quali nuove soluzioni possiamo mettere in campo.
3. Quali principi guidano il tuo processo di investimento?
Il nostro ambito non è quello della finanza tradizionale. Operiamo soprattutto nel mercato dei crediti, e in particolare nel settore degli NPE (Non Performing Exposures), che in Italia ha avuto uno sviluppo significativo dal 2015 in poi. Negli ultimi anni, i bisogni delle banche sono cambiati: oggi cercano sempre più partner industriali, capaci di proporre soluzioni innovative e sostenibili lungo tutta la filiera della gestione del credito. Il principio che ci guida è chiaro: dietro ogni credito, dietro ogni azienda, ci sono persone e imprenditori che rischiano molto. Il nostro obiettivo non è solo gestire un portafoglio, ma costruire un sistema efficiente che generi valore nel lungo periodo, con ricadute positive sia per gli investitori sia per l’economia reale.
4. Come stai adattando il portafoglio all’attuale contesto di mercato?
Il settore del credito è cambiato radicalmente negli ultimi anni, sia sul fronte degli NPE sia in quello del direct lending. Oggi banche e imprese hanno bisogno di partner affidabili, capaci di portare sul tavolo soluzioni solide e durature. Per questo il nostro lavoro si fonda su un doppio binario: da un lato l’analisi costante dei trend di mercato, dall’altro il dialogo diretto con gli operatori principali, per intercettare i bisogni reali. Una volta raccolte queste informazioni, entriamo nella fase di analisi quantitativa: valutiamo i dati, il track record e costruiamo modelli che ci permettono di validare le intuizioni o, al contrario, di correggere la rotta. Questo processo iterativo ci aiuta a mantenere strategie flessibili e allo stesso tempo basate su fondamenta solide.
5. Quali asset o società trovi più interessanti per l’inserimento in portafoglio? E quali invece eviti
Il nostro motto è: “al giusto prezzo tutto ha valore”. Lavorando con crediti deteriorati, siamo abituati a confrontarci con asset complessi: ed è proprio questa complessità a stimolarci. Naturalmente, rimane imprescindibile il rispetto di criteri etici, soprattutto in tema di antiriciclaggio e di affidabilità delle controparti. Gli asset di pregio e le società solide dal punto di vista finanziario sono sempre appetibili, ma il nostro valore aggiunto emerge quando sappiamo dare nuova vita a situazioni difficili. Negli ultimi anni abbiamo ottenuto grandi soddisfazioni nel mondo degli UTP (Unlikely To Pay) e delle società distressed, affiancando imprese e debitori in percorsi di ristrutturazione sostenibile del debito. Un esempio concreto è il Fondo Persefone, avviato a fine 2023 e già cresciuto a oltre 130 milioni di euro in masse in gestione, principalmente tramite il conferimento di portafogli di crediti UTP. La sua composizione, che comprende esposizioni sia verso debitori corporate che retail, rappresenta la fiducia degli investitori nell’affidarci questa asset class complessa. Su tali portafogli abbiamo sviluppato strategie mirate di ritorno in bonis, perfettamente coerenti con i principi che ci guidano: creare valore sostenibile e condiviso, trasformando situazioni problematiche in nuove opportunità di crescita. Inoltre, siamo fortemente radicati in Italia: il settore del credito è ancora molto “country specific”, e crediamo che la conoscenza profonda del territorio sia un vantaggio competitivo.
6. Qual è stata la sfida più grande come Fund Manager?
Gestire un fondo di credito ad apporto è stata, fin dall’inizio, una sfida complessa. Si tratta di uno strumento relativamente nuovo, su cui non esistevano molte best practice consolidate. Ci siamo trovati spesso a dover prendere decisioni in un contesto con pochi punti di riferimento, costruendo di fatto dei percorsi che altri hanno poi seguito. Oggi, dopo cinque anni, possiamo dire di aver raggiunto un posizionamento solido, con processi e principi che non solo sono allineati al mercato, ma in alcuni casi lo anticipano in termini di efficienza e innovazione.
7. Che consiglio daresti a chi vuole intraprendere una carriera nell’asset management?
Il bagaglio quantitativo è fondamentale, ma non basta. Per distinguersi serve un approccio bottom-up, capace di entrare davvero nel merito dell’asset su cui si lavora. L’asset management, soprattutto nel mondo degli alternativi, richiede spirito imprenditoriale e capacità empatiche: bisogna saper leggere non solo i numeri, ma anche le dinamiche delle persone e delle imprese che ci sono dietro. È questo mix che fa la differenza.
8. Cosa ti piace fare nel tempo libero?
La mia grande passione è la montagna. Da anni pratico sci alpinismo, una disciplina che mi permette di unire sport, natura e concentrazione. È un’attività con una forte dimensione meditativa: salire con le proprie forze e conquistare la vetta regala una sensazione di libertà unica. È il modo migliore per ricaricare le energie e affrontare con lucidità le sfide della settimana lavorativa.
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