di Giovanni Migotto –
L’acquacoltura, nota anche come pesca d’allevamento o maricoltura, è l’attività dedicata alla propagazione e all’allevamento di organismi acquatici, come pesci, molluschi, crostacei e alghe, in ambienti controllati, attraverso interventi umani mirati ad aumentare la produzione oltre le capacità naturali dell’ecosistema. Questa pratica può essere svolta in acque dolci, costiere o marine, oppure mediante impianti a terra, utilizzando tecniche diverse, tra cui l’acquaponica, la maricoltura e i sistemi multi-trofici integrati che combinano la coltivazione di piante con l’allevamento di pesci.
Negli ultimi decenni l’acquacoltura è diventata il settore di produzione alimentare in più rapida crescita a livello mondiale, tanto da rappresentare oggi la principale fonte di pesce per la popolazione globale, secondo la FAO. Questo sviluppo si inserisce nel contesto della cosiddetta “Blue Revolution”, il processo di innovazione e intensificazione produttiva che ha trasformato l’approvvigionamento alimentare attraverso l’allevamento controllato di organismi acquatici.
Nel 2022, per la prima volta nella storia, la produzione da acquacoltura ha superato quella da pesca di cattura. Su un totale di 223,2 milioni di tonnellate di organismi acquatici prodotti, ben 130,9 milioni provenivano da allevamento, pari al 51% della produzione mondiale (FAO, 2024). La crescita è trainata soprattutto dall’Asia, e in particolare dalla Cina, che da sola copre all’incirca il 36% della produzione globale, seguita da India, Indonesia e Vietnam. L’Europa rappresenta ancora una quota ridotta del totale, ma con un ruolo strategico in termini di innovazione e sostenibilità.
In Europa l’acquacoltura ricopre una posizione di rilievo, soprattutto nelle aree costiere e fluviali, sia dal punto di vista economico sia culturale, ed è considerata un settore fondamentale nelle politiche comunitarie della pesca. Per sostenerne lo sviluppo, l’Unione Europea ha istituito l’EU Aquaculture Assistance Mechanism (AAM), gestito dalla European Climate, Infrastructure and Environment Executive Agency (CINEA) e dalla DG MARE della Commissione Europea, in linea con gli orientamenti strategici 2021-2030 per un’acquacoltura più sostenibile e competitiva.
Secondo Eurostat (2023), i Paesi dell’Unione Europea hanno prodotto quasi 1,1 milioni di tonnellate di prodotti ittici, per un valore stimato di circa 4,8 miliardi di euro. La produzione si concentra prevalentemente in quattro Paesi – Francia, Grecia, Spagna e Italia – che insieme rappresentano circa il 67% del volume totale. I molluschi sono le specie prevalenti, mentre i pesci marini costituiscono il 21% e quelli di acqua dolce il 28%. Tra le specie più diffuse vi sono mitili, trote, ostriche, orate, spigole, carpe e tonni. Se si considera anche la Norvegia, attore chiave con i suoi allevamenti di salmone, la produzione complessiva europea raggiunge 2,87 milioni di tonnellate, confermando il ruolo dominante del Paese scandinavo.
Il settore coinvolge 14.000 aziende, per lo più piccole o microimprese a conduzione familiare, e genera tra 57mila e 73.mila posti di lavoro. Tuttavia, nonostante la sua importanza, restano numerose criticità: inquinamento locale ed eutrofizzazione, uso di antibiotici e sostanze chimiche, conflitti con turismo e pesca tradizionale, dipendenza da farine e oli di pesce per i mangimi, complessità normativa e diffidenza da parte dei consumatori verso i prodotti allevati. A queste si aggiungono i rischi derivanti dal cambiamento climatico – aumento delle temperature, acidificazione, fioriture algali tossiche e diffusione di nuove malattie. Un ruolo importante è svolto anche dalle certificazioni (come ASC per l’acquacoltura sostenibile) e dalla tracciabilità, strumenti chiave per rassicurare i consumatori e valorizzare i prodotti di qualità.
Per rispondere a tali sfide, l’acquacoltura europea sta investendo in innovazione tecnologica e modelli di economia circolare. Il sistema RAS in Norvegia consente l’allevamento di salmoni a terra con ricircolo e filtraggio dell’acqua, riducendo l’impatto ambientale. Nuove ricerche esplorano l’uso di microalghe ricche di DHA, insetti e proteine unicellulari come alternative sostenibili ai mangimi tradizionali. Anche l’Italia è protagonista: il progetto AWARE a Castellana Grotte (Bari) ha avviato la prima fattoria acquaponica europea, integrando allevamento di pesci e coltivazioni vegetali in un circuito chiuso a basso impatto. Parallelamente, l’uso di big data, intelligenza artificiale e sensori IoT permette di monitorare in tempo reale la qualità dell’acqua, ottimizzare la crescita delle specie e ridurre l’uso di antibiotici. Inoltre, le biotecnologie e la selezione genetica contribuiscono a sviluppare ceppi più resistenti a malattie e condizioni ambientali variabili.
Altre soluzioni emergenti riguardano l’acquacoltura multi-trofica integrata (IMTA), che combina diverse specie in un unico sistema riducendo l’eutrofizzazione e migliorando la redditività, e la pianificazione spaziale marina (MSP), fondamentale per ridurre conflitti e ottimizzare gli usi del mare. Dal punto di vista socio-economico l’acquacoltura può rappresentare un’opportunità cruciale per le comunità costiere e rurali, contribuendo a mantenere viva l’occupazione locale e offrendo alternative alla pesca tradizionale. La percezione del consumatore resta però un fattore decisivo, e la comunicazione sulla sicurezza e sulla qualità dei prodotti allevati è essenziale per rafforzarne l’accettazione.
Il sostegno finanziario dell’UE attraverso l’EMFAF (European Maritime, Fisheries and Aquaculture Fund) 2021-2027, con un budget di oltre 6 miliardi di euro, sarà decisivo per accelerare la transizione verde del settore. Tuttavia, occorre che le risorse non restino concentrate nelle mani delle grandi aziende, ma siano rese accessibili anche a piccole imprese e operatori locali, per garantire una crescita inclusiva.
In conclusione, l’acquacoltura europea è a un punto di svolta. Le prospettive di crescita sono significative, trainate dalla domanda crescente di proteine e dal potenziale di innovazioni tecnologiche e pratiche sostenibili. Ma il futuro del settore non può essere valutato soltanto in termini di volumi produttivi: la vera sfida sarà bilanciare produzione, ambiente e società. In questo senso, l’acquacoltura è legata agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, in particolare all’SDG 14 “Life below water”, e si inserisce pienamente nella Blue Economy. Alcune pratiche, come l’allevamento di alghe, hanno anche un potenziale ruolo di mitigazione climatica grazie alla capacità di assorbire CO₂ e migliorare la qualità delle acque. Se saprà cogliere le opportunità offerte dalla ricerca, dalla transizione ecologica e dai fondi comunitari, l’Europa potrà affermarsi come leader mondiale in un’acquacoltura resiliente e sostenibile, contribuendo in modo decisivo alla Blue Economy e alla sicurezza alimentare del continente.
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