Il settore primario montano e le sue grandi sfide
Il settore primario montano affronta delle sfide enormi, prima fra tutte la parcellizzazione fondiaria, definita da UNCEM “emergenza nazionale mai affrontata dall’alto“. La dimensione media dell’impresa agricola nazionale è di 20 ettari (contro i 60 della Germania e i quasi 100 del Regno Unito), ma il dato più eclatante è che oltre il 70% del totale delle unità produttive agricole gestiscono appena il 12,6% della SAU (con una media di 5 ha/unità). In particolare, al Sud, una fetta rilevante delle unità agricole è dedicata all’autoproduzione (prima fra tutte la Calabria con il 54%, per un totale di 22,7% di SAU gestita), e un’ impresa agricola su tre è a conduzione familiare.
Un’altra criticità importante è l’avanzata delle foreste, che ormai coprono mediamente circa il 55% della superficie montana, spesso a scapito di prati e pascoli, per toccare punte di quasi il 90% (dato impressionante) nella zona montana toscana della Val di Bisenzio, nelle aree appenniniche ligure dell’Alta Val Trebbia e dell’Alta Val d’Aveto, nella zona piemontese del Lago d’Orta, nell’Appennino Pistoiese.
Questo fenomeno, se non gestito, porta all’abbandono del suolo, che UNCEM identifica come una delle emergenze più gravi. La risposta, secondo l’associazione, è una gestione forestale attiva e il recupero dei terreni agricoli, ed a questa precisa analisi fa eco la legge n. 131 del 12 settembre 2025 che, in attuazione dell’articolo 44 della Costituzione, riconosce la funzione strategica della montagna per la tutela ambientale, della biodiversità e delle risorse idriche, ponendosi l’obiettivo di contrastare gli squilibri economici e sociali e favorire il ripopolamento.
Il testo di legge, infatti, interviene direttamente sulle criticità evidenziate da UNCEM. Ad esempio, proprio per contrastare l’abbandono istituisce un “Registro nazionale dei terreni silenti” con lo scopo di promuovere il recupero produttivo delle proprietà fondiarie frammentate e abbandonate. Questo si allinea perfettamente con la spinta dal basso delle Associazioni Fondiarie (ASFO), che UNCEM definisce “la migliore innovazione” degli ultimi anni per aggregare i terreni e generare nuove economie.
La nuova legge riconosce, inoltre, il valore multifunzionale dell’agricoltura montana. L’articolo 13 introduce un credito d’imposta per gli imprenditori agricoli e forestali che effettuano investimenti volti a generare “servizi ecosistemici e ambientali”. Questo provvedimento risponde all’esigenza, espressa da UNCEM, di un “riconoscimento del valore ecosistemico delle imprese” che vada oltre la semplice promozione dei prodotti. La legge promuove anche la valorizzazione dei sistemi agrosilvopastorali attraverso linee guida specifiche, per tutelare il paesaggio e prevenire il dissesto idrogeologico. Per sostenere la residenzialità e l’occupazione, fondamentali per mantenere un presidio attivo sul territorio, la legge introduce, inoltre, misure fiscali mirate:
- Agevolazioni per l’acquisto e la ristrutturazione di abitazioni per gli under 41.
- Crediti d’imposta per nuove piccole e microimprese aperte da giovani under 41.
- Incentivi per il personale sanitario e scolastico che lavora nelle “scuole di montagna” e nei presidi sanitari locali, attraverso punteggi aggiuntivi e crediti d’imposta per affitti o acquisto di immobili.
Queste azioni sono coordinate da una “Strategia per la montagna italiana” (SMI) triennale e finanziate dal “Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane“. Dunque l’approccio legislativo, non è assistenzialista, ma strategico, proprio come auspicato da UNCEM e sottolineato dalle parole del presidente Bussone:
“Anche l’agricoltura, come turismo ed Enti locali vincono nel NOI, dimenticando l’IO del campanile, inutile e dannoso se non sa lavorare insieme. Un esercizio di democrazia per valorizzare i territori montani, smettendoli di chiamare interni o marginali, e invertendo meccanismi promozionali che non partono dalle comunità che ci vivono, come ribadiscono Carlin Petrini e Slow Food. (…) Con un futuro che passa appunto da agricoltura, zootecnia, silvicoltura, come mi ribadiscono Roberto Colombero e Tiziano Maffezzini, dalla Val Maira o dalla Valtellina di Sondrio, ma anche Vincenzo Luciano dalle zone montane del Vallo di Diano e degli Alburni, dove le produzioni lattiero-casearie sono possibili solo con una montagna rigenerata che al posto di piangersi addosso sa fare unità, coesione, comunione, anche nei confronti di Bruxelles che deve varare una PAC meno ‘di pianura’, più montana e più giusta. A Cheese Uncem lo dice con chiarezza”.
Il disegno di legge sembra aver colto questo spirito, offrendo una cornice nazionale per sostenere quella vitalità e quell’innovazione che, come dimostra UNCEM, nascono proprio dai territori.
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