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NATURA: ITALIA, A RISCHIO 60 mld al 2050 SE NON SI ARRESTA IL DEGRADO


(AGENPARL) – Roma, 17 Settembre 2025

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(AGENPARL) – Wed 17 September 2025 Restoration Economy: le imprese protagoniste della riqualificazione dei territori, Per un’economia nature positive
Che protegge le risorse e crea valore aggiunto
Gli investimenti nel ripristino della natura aggiungono da 4 a 38 euro per ogni euro speso. In Italia non intervenire sul degrado costerebbe 2,2 mld l’anno. Per le imprese, una strategia “nature-positive” può ampliare l’accesso al credito, aprire nuovi mercati e occasioni di business
Silenziosi, invisibili e con una elevata mobilità: così sono i processi che regolano le principali componenti del Capitale Naturale. Caratteristiche queste che non permettono ai mercati di disporre di strumenti adeguati per misurare l’utilizzo dei beni e dei servizi forniti dagli ecosistemi e la pressione che essi subiscono, tanto che nel tempo il tasso d’uso ha sopravanzato quello di rigenerazione. Continuando con gli attuali ritmi nel 2050 il 90 % degli ecosistemi sarebbe alterato in maniera significativa e un milione di specie rischia di estinguersi entro la fine del secolo. Questa crisi della natura non ha però soltanto un valore etico e sociale, ma ha un impatto significativo anche dal lato economico: lasciare inalterata l’attuale traiettoria di degrado significherebbe una perdita di circa 57 miliardi di euro annui a livello comunitario e di 2,2 miliardi per l’Italia con un valore cumulato al 2050 di 1.700 miliardi per l’Ue e circa 60 miliardi per l’ Italia, dove investire invece nella nature restoration avrebbe un costo di 261 milioni e un ritorno di 2,4 milioni di euro.
Il punto sull’importanza della tutela e del ripristino degli ecosistemi per supportare la stabilità dei processi economici, in particolare tenendo conto delle trasformazioni conseguenti ai cambiamenti climatici, viene fatto dal Rapporto “Verso un’economia Nature Positive” presentato in occasione del convegno Restoration Economy: le imprese protagoniste della riqualificazione dei territori, organizzato dal Nature Positive Network, la rete che riunisce le imprese interessate a realizzare iniziative di tutela e valorizzazione del capitale naturale, promossa dall’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po e dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile.
“La transizione verso l’obiettivo nature positive è – ha dichiarato Edo Ronchi- Presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile- molto impegnativa e necessita di un significativo cambiamento di approccio e di forti investimenti. Ma è economicamente fattibile, con benefici superiori ai costi. Non muoversi rapidamente verso un modello produttivo in equilibrio con le capacità rigenerative del Capitale Naturale rischia di compromettere irreversibilmente le prospettive di sicurezza economica e di benessere sociale. Rigenerare la natura è un fattore imprescindibile per contrastare la crisi climatica ed ecologica che minaccia la stabilità della nostra economia”.
Il rischio natura in Italia
Erosione e degrado delle aree naturali non risparmiano l’Italia: 58 ecosistemi (su un totale di 85) sono attualmente in uno stato di conservazione sfavorevole. Poco meno della metà dell’intera superficie occupata da ecosistemi naturali in Italia (46,3 %) è da considerarsi a rischio. La situazione peggiore si riscontra nell’Ecoregione Padana. L’Italia ospita 132 habitat d’interesse comunitario, corrispondenti a circa il 56,7 % di tutti quelli presenti nell’Unione Europea. Ma solo il 9,9 % gode di uno stato di conservazione “favorevole”. Il consumo del suolo è inarrestabile. Il suolo consumato copre adesso il 7,16 % del territorio nazionale con una maggiore intensità in pianura Padana e in particolar modo lungo la via Emilia e la direttrice Milano-Venezia. Anche la qualità delle acque mostra forti elementi di criticità: solo il 47% dei corpi idrici superficiali ha raggiunto lo stato ecologico “buono” o “elevato”. Ecosistemi in buono stato di conservazione rivestono invece un ruolo cruciale per l’adattamento ai cambiamenti climatici, grazie alla loro capacità di svolgere efficacemente numerose funzioni, tra cui sequestro del carbonio, laminazione delle piene, infiltrazione e stoccaggio dell’acqua, stabilizzazione e trattenimento dei suoli, mitigazione delle isole di calore.
“La tutela e la gestione dell’acqua – ha sottolineato Andrea Colombo, Segretario Generale facente funzione dell’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po – rappresenta una priorità da affrontare consapevolmente e da attuarsi in modo responsabile, solidale e collaborativo sia da parte dei soggetti pubblici sia da parte degli utilizzatori e stakeholder del distretto. Con questo progetto l’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po auspica lo sviluppo di un nuovo modello di governance pubblico-privato, capace di integrare la dimensione ambientale, economica e sociale nella gestione delle acque, con il contributo attivo di tutti i soggetti pubblici e privati interessati. Si intende dimostrare come la collaborazione tra istituzioni, imprese e società civile possa risolvere le criticità creando nuovi paradigmi e opportunità per uno sviluppo sostenibile, rafforzando la coesione territoriale e la competitività dell’intero distretto idrografico”.
Perché le imprese devono tener conto della natura
I modelli di business tradizionali si sono finora fondati sul presupposto che le risorse naturali siano gratuite e inesauribili. Un approccio questo che sta però cambiando: imprese e organizzazioni industriali hanno avviato una riflessione sulle implicazioni economicamente negative determinate dal degrado dei sistemi naturali e dalla perdita di alcuni servizi ecosistemici e sul positivo ritorno economico degli investimenti in natura: circa metà del Pil mondiale dipende dalla natura e il suo degrado rappresenta un rischio per le imprese, mentre gli investimenti nel ripristino della natura creano da 4 a 38 euro di valore aggiunto per ogni euro speso.
Avviare, inoltre, una strategia “nature-positive” può ampliare per le imprese le possibilità di accesso al credito (quasi il 75 % dei prestiti bancari a imprese nell’area dell’euro vengono concessi ad aziende con un’elevata dipendenza da almeno un servizio ecosistemico); può aprire nuovi mercati e occasioni di business; può favorire l’innovazione; può creare un legame con il territorio; incidere positivamente sul raggiungimento degli obiettivi climatici e rispondere anche a criteri di razionalità economica, poiché prevenire costa meno che riparare.
“Restaurare la natura -ha concluso Giuseppe Dodaro coordinatore del Nature positive network- ha un costo elevato e centrale sarà la questione dei finanziamenti. L’Unione Europea nel suo bilancio 2021-2027 prevede per la biodiversità 115 miliardi di euro, oltre a fondi dedicati. Per riuscire a centrare questo cambio di paradigma sarà necessario affiancare a queste risorse quelle nazionali, regionali e private, coinvolgendo anche il mondo produttivo e le comunità locali.
Un’azione diffusa di tutela, gestione e ripristino degli ecosistemi è imprescindibile per contrastare in maniera efficace la crisi climatica. Per le imprese investire nella natura significa garantirsi resilienza e competitività nell’immediato futuro. È fondamentale sfruttare collaborazioni propositive tra pubblico e privato. Passare da progetti isolati a interventi individuati con criteri scientifici rigorosi- nell’ambito del Piano Nazionale e di strategie che lo attuano alla scala locale- assicura risultati ecologici misurabili e più rilevanti”.
QUI I NOMI DELLE IMPRESE DEL NETWORK:
3Bee, a2a, Acque Bresciane, alce nero, AlmavivA, Blue Eco Line, Carbonsink, Chiesi, Davines Group, Ecomondo – Italian Exhibition Group, Edison, Etifor, Gruppo FS, Fondazione Caetani, Fondazione Capellino – almo nature, Fondazione Cariplo, greenApes, Green Future Project, Gruppo CAP, Habitech, Gruppo Iren, Kilometroverdeparma, Lombard Odier, Lush, Mutti, Nativa, Novamont, Palm, Quantis, Ramboll, Romagna Acque, Gruppo Saviola, Sea The Change, Simbiosi – Innovation Center Giulio Natta.



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