Dietro all’indicazione dei possibili acquirenti di quote di minoranza, da portare a bordo nei prossimi 18 mesi, ci sono rapporti consolidati con la maison milanese. Ecco la mappa e le ipotesi
Un percorso articolato in più tappe e un orizzonte a cinque anni. Con l’obiettivo di mettere in sicurezza una delle maggiori realtà italiane del made in Italy. Lo ha disegnato Giorgio Armani, l’imprenditore stilista morto il 4 settembre che in cinquant’anni ha creato una realtà del valore stimato tra 11 e 13 miliardi. Le sue volontà, emerse dal testamento reso pubblico venerdì, hanno indicato chiaramente che la società va protetta e portata nell’alveo di un gruppo di caratura industriale. Non è questione di cederne il controllo ma di assicurarsi la sponda di realtà come Lvmh, EssilorLuxottica oppure L’Oréal come Armani stesso ha scritto nel suo lascito. Come dire, grandi gruppi che Armani conosceva molto bene.
Il testamento
Nel suo testamento ha stabilito che «fra dodici mesi ed entro al massimo un anno e mezzo, la Fondazione dovrà cedere il 15% del capitale del gruppo della moda, «in via prioritaria ad uno tra Lvmh, EssilorLuxottica, L’Oréal» «o ad altre società o gruppo societario dalla stessa individuato con l’accordo di Leo». Vale a dire con Pantaleo Dell’Orco, il compagno e braccio destro di Armani che avrà il 40% dei diritti di voto nell’azienda della moda e al quale Armani ha affidato anche il ruolo di guardiano del futuro del gruppo. I cui eredi, dopo 3-5 anni potranno scegliere due strade. O cedere fino al 69,9% della Giorgio Armani al socio già entrato con il 15%, con la Fondazione che resterà salda al 30,1%. Oppure tracciare un percorso verso la quotazione qualora ne facciano richiesta Dell’Orco e uno tra i nipoti dello stilista: Andrea Camerana o Silvana Armani. La Fondazione resterà sempre a presidiare la società.
Il legame con Del Vecchio
I tre colossi citati nel testamento non sono nomi scelti solo perché rappresentano il lusso nel mondo. Hanno forti radici industriali e hanno le carte per superare le difficoltà con maggiore sicurezza anche in una fase di rallentamento del settore. È chiaro che quando si aprirà la selezione, i tre gruppi dovranno confrontarsi in base ai piani che propongono ma anche sulle valutazioni che applicheranno al gruppo. Alle spalle hanno tutti un rapporto antico con Armani. Prima fra tutte Essilorluxottica. Qualche dialogo più di vent’anni fa Armani lo aveva aperto anche con Leonardo Del Vecchio che però aveva rispettato la volontà del creativo milanese di rimanere guardiano della sua fortezza. Il legame è storico. Armani e Del Vecchio avevano iniziato a lavorare assieme nel 1988 quando lo stilista aveva affidato all’allora Luxottica la sua prima licenza per gli occhiali. E per suggellare l’alleanza Armani aveva acquistato il 4% del capitale di Luxottica. Condividevano l’idea che fosse necessario diventare grandi. Quando Luxottica nel 2017 aveva proposto ai suoi soci l’aggregazione con la francese Essilor, Armani aveva subito aderito all’operazione, condividendo il progetto di crescita pensato da Del Vecchio. Oggi la Giorgio Armani ha il 2% di EssilorLuxottica.
La reazione di Agordo
Venerdì, quando è stato reso noto il testamento, la multinazionale è stata la prima a reagire. «EssilorLuxottica valuterà con attenzione il possibile acquisto della quota di Armani come prospettata nel testamento dello stilista». La «prospettiva evolutiva»di acquisire una quota della maison, ha fatto sapere la multinazionale guidata da Francesco Milleri «merita un’attenta riflessione, alla luce dei profondi rapporti che già legano i due gruppi». Potrebbe davvero essere EssilorLuxottica la destinataria «in via prioritaria» di una quota iniziale del 15% del brand e a cui potrà essere successivamente aggiunta un’ulteriore partecipazione? Dipenderà dai valori e dai piani.
I rapporti con Arnault
Quanto a Lvmh, i rapporti tra Giorgio Armani e Bernard Arnault risalgono all’inizio degli anni 2000 quando Arnault propose una fusione alla pari tra la stessa Armani e Lvmh, una mossa che tuttavia era stata respinta dallo stilista, il quale ha sempre preferito mantenere il controllo assoluto sulla sua azienda. In quegli anni — nel pieno del risiko della moda, quando soprattutto i francesi stavano assemblando le loro conglomerate del lusso – con Armani si sono fatti avanti tutti protagonisti del lusso. «È stato anche un vero amico e ammiratore della Francia — aveva scritto Arnault il giorno della morte di Armani —. È stato l’ultimo rappresentante della generazione d’oro dei creatori del dopoguerra che hanno plasmato, anno dopo anno, i canoni della più alta eleganza».
I profumi con L’Oréal
Poi c’è L’Oréal, partecipata al 35% dalla famiglia Bettencourt Meyer, con la quale la Giorgio Armani ha storici rapporti in quanto la multinazionale francese produce la linea profumi della maison italiana. Nel 2018 i due gruppi hanno rinnovato fino al 2050 la licenza per sviluppare e commercializzare i prodotti per la cura. Anche in questo caso, oltre in quello di Lvmh, si tratta di gruppi francesi che hanno sempre guardato ai marchi italiani per arricchire la loro scuderia. E dopo EssilorLuxottica anche L’Oréal ha detto di voler «valutare attentamente» l’opzione contenuta nel testamento.
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