Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Giudicato esterno e aiuti di Stato: un limite decisivo


Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 864 Anno 2025

Civile Ord. Sez. L Num. 864 Anno 2025

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Presidente: COGNOME

Relatore: COGNOME NOME

Data pubblicazione: 13/01/2025

ORDINANZA

sul ricorso 23640-2019 proposto da

RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura conferita a margine del ricorso, dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’ultimo difensore , in ROMA, INDIRIZZO

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-ricorrente –

contro

ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME con domicilio eletto presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO

-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 10 del 2019 del la CORTE D’APPELLO DI TORINO, depositata il 4 febbraio 2019 (R.G.N. 1651/2012).

R.G.N. 23640/2019

COGNOME

Rep.

C.C. 16/10/2024

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giurisdizione Rimborso dei contributi alle imprese colpite dall’alluvione in Piemonte del novembre 1994.

Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME

FATTI DI CAUSA

-Con sentenza n. 10 del 2019, depositata il 4 febbraio 2019, la Corte d’appello di Torino ha accolto il gravame dell’INPS e, in riforma della pronuncia del Tribunale di Alessandria, ha respinto la domanda di rimborso dei contributi (art. 4, comma 90, della legge 24 dicembre 2003, n. 350), proposta da RAGIONE_SOCIALE, impresa piemontese colpita dall’alluvione del novembre 1994.

La Corte territoriale ha richiamato la Decisione della Commissione europea del 14 agosto 2015 e ha osservato che gli aiuti di Stato, previsti dalla disciplina che la società invoca, sono compatibili con il mercato interno a condizione che l’importo dell’aiuto non superi il danno subìto dalla singola impresa.

Nel caso di specie, la Commissione tributaria regionale di Torino ha accertato l’ammontare del danno, pari ad Euro 286.375,10, con statuizione oramai intangibile, che concerne un punto comune anche all’odierno giudizio e dunque non più suscettibile di essere ridiscusso . La società ha già ottenuto dall’INPS la restituzione di tale importo e, pertanto, non può avanzare alcuna pretesa ulteriore.

RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione, sulla base di sette motivi, contro la sentenza d’appello.

-L’INPS resiste con controricorso.

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-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1., primo comma, cod. proc. civ.

-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.

-In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

7. -All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380 -bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. -Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), la ricorrente deduce nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 324 cod. proc. civ. e dell’art. 62 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e lamenta che la Corte di merito abbia erroneamente considerato definitiva la sentenza della Commissione tributaria regionale di Torino n. 169 del 2018, senza tener conto del fatto che la definitività postula la mancata proposizione non solo del ricorso per cassazione, ma anche del ricorso per revocazione ordinaria. Né la Corte d’appello di Torino avrebbe svolto le necessarie indagini sulle eventuali impugnazioni ad opera dell’Agenzia delle Entrate, parte del giudizio tributario.
2. -Con il secondo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., dell’art. 324 cod. proc. civ. e dell’art. 62 del d.lgs. n. 546 del 1992 e imputa alla sentenza d’appello di avere consider ato definitiva la sentenza della Commissione tributaria regionale di Torino, in mancanza della attestazione di passaggio in giudicato. Solo tale attestazione, debitamente rilasciata dal cancelliere, garantirebbe la certezza della formazione del giudicato.
3. -Con la terza critica (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente prospetta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., dell’art. 324 cod. proc. civ. e dell’art. 62 del d.lgs. n. 546 del 1992 e censura la sentenza d’app ello per avere attribuito valore di giudicato alla pronuncia della Commissione tributaria regionale, che, tuttavia, riguarderebbe il rapporto giuridico legato al rimborso della contribuzione al Servizio sanitario nazionale, diverso da quello di cui si discorre nel presente giudizio (il rimborso dei contributi previdenziali).
4. -Con la quarta doglianza (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) la ricorrente allega la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., dell’art. 324 cod. proc. civ. e dell’art. 62 del d.lgs. n. 546 del 1992.

Avrebbero errato i giudici d’appello nel ritenere, sulla scorta della sentenza della Commissione tributaria regionale di Torino, che il danno derivante dall’alluvione del 1994 sia stato già interamente compensato con il rimborso dei contributi al Servizio sanitario nazionale.

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Il dictum giudiziale consacrato nel dispositivo, l’unico elemento idoneo a delimitare la portata del giudicato, presuppone che alla società spetti l’ulteriore somma di Euro 286.375,10, oltre a quella di Euro 1.694.615,00, già incassata in forza della pronuncia del Tribunale di Alessandria. Premessa indefettibile di tale accertamento sarebbe la carenza di efficacia satisfattiva del pagamento dell’importo di Euro 1.694.615,00.

5. -Con il quinto motivo, la ricorrente denuncia, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza d’appello per violazione e falsa applicazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.).

Ad avviso della ricorrente, la Corte territoriale avrebbe arbitrariamente rigettato le domande sulla base di un’eccezione in senso stretto mai formulata , relativa all’avvenuta compensazione integrale del danno. L’Istituto , nel giudizio dinanzi al Tribunale, si sarebbe limitato ad eccepire la tardività dell’istanza di rimborso e a contestarne la fondatezza sulla base di una lettura restrittiva delle norme di favore, circoscritte ai soli versamenti tributari e dunque insuscettibili d’interpretazioni analogich e. Neppure nel giudizio di gravame, l’INPS avrebbe mai introdotto il fatto ostativo dell’integrale compensazione del danno causato dall’alluvione del 1994.
6. -Con il sesto mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente censura la sentenza per violazione e falsa

applicazione del principio di effettività sancito dal diritto dell’Unione europea, degli artt. 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, dell’art. 50 del Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato, della Decisione (UE) 2016/195 della Commissione del 14 agosto 2015, in relazione all’art. 2909 cod. civ.

La sentenza d’appello sarebbe erronea, in quanto il giudicato, su cui essa fa leva, non potrebbe ostacolare l’applicazione del diritto dell’Unione europea in tema di aiuti di Stato , che definisce in maniera inderogabile e vincolante per gli Stati membri «i criteri di verifica della compatibilità degli aiuti di Stato concessi per calamità naturali» (pagina 70 del ricorso per cassazione), imponendo di considerare «non solo i danni occorsi agli attivi delle imprese danneggiate, ma anche le perdite di redditi da loro subite» (pagina 71). La perizia del dottor NOME COGNOME, posta a fondamento della sentenza del giudice tributario, avrebbe analizzato una parte soltanto dei danni, che la relazione del dottor NOME COGNOME avrebbe valutato, invece, nella loro interezza, alla luce dei costi di ripristino effettivamente sostenuti, delle perdite di reddito causalmente riconducibili alla sospensione dell’attività, del tempo trascorso dal verificarsi degli eventi pregiudizievoli.
7. -Con la settima censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente si duole, infine, della violazione e della falsa applicazione degli artt. 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, della Decisione (UE) 2016/195 della Commissione del 14 agosto 2015 , in relazione all’art. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, all’art. 4, comma 90, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, all’art. 3 -quater , comma 1, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2007, n. 17, all’art. 2200 cod. civ. e all’art. 3 Cost.
Avrebbe errato la Corte territoriale nell’accogliere l’azione di recupero dell’INPS, pur essendo decorsi «più di dieci anni fra la data di tale alluvione e l’adozione della decisione della Commissione Europea» (pagina 91 del ricorso per cassazione). Decisione inequivocabile nel disporre «l’irrecuperabilità degli aiuti già versati senza ulteriori precisazioni e, dunque, a qualsiasi titolo», anche «in esecuzione di un ordine impartito dal giudice» (pagina 93 del ricorso per cassazione). Una diversa interpretazione recherebbe un vulnus al principio di eguaglianza e implicherebbe il contrasto della Decisione con «i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano, tra i quali non può che essere annoverato quello di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost.» (pagina 95 del ricorso), princìpi che fungono da controlimiti all’ingresso delle norme dell’Unione europea. Ne deriverebbe la necessità d’interpellare , a tale proposito, la Corte costituzionale.
-Possono essere scrutinati congiuntamente i primi due motivi, che si appuntano sulla medesima tematica della prova del giudicato.

8.1. -Le censure si rivelano infondate.

8.2. -Come emerge dalla sentenza impugnata, i giudici d’appello hanno acquisito la decisione della Commissione tributaria regionale del Piemonte, proprio per la sua incidenza sul tema controverso, e hanno sollecitato il contraddittorio delle parti sulla sua definitività (cfr., in particolare, pagina 14).

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Contro tale definitività, considerata alla stregua di tutti gli aspetti idonei a determinarla, non sono state mosse contestazioni specifiche nel giudizio d’appello e neppure in questa sede sono stati addotti elementi circostanziati, idonei ad incrinarla.

Le censure non travalicano il rango di mere valutazioni congetturali ed astratte, disancorate dalla specifica dialettica processuale e concernenti , tra l’altro, ipotetiche impugnazioni ad opera di parti (come l’agente della riscossione , nella sua direzione di Alessandria), neppure legittimate a porre questioni sul merito della pretesa, avendo chiesto

la declaratoria di carenza di legittimazione passiva per estraneità al rapporto controverso (cfr., in tal senso, le conclusioni riportate alla pagina 22 del ricorso per cassazione).

8.3. -È ben vero che, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, la parte che eccepisce la formazione del giudicato esterno ha l’onere di fornirne la prova, mediante la produzione della sentenza, munita della certificazione di cui all’art. 124 disp. att. co d. proc. civ., anche nel caso di non contestazione della controparte (Cass., sez. VII, 1° marzo 2018, n. 4803).

Tale produzione, tuttavia, non è indispensabile, in caso di esplicita ammissione (Cass., sez. III, 28 dicembre 2023, n. 36258).

È proprio nelle coordinate di un’esplicita ammissione che la Corte di merito, sottoponendo ex professo la questione al contraddittorio delle parti, ha sussunto la fattispecie, con valutazione logica e coerente, immune dalle censure formulate con i primi due motivi.

Con tale particolarità della vicenda processuale non si cimentano le argomentazioni esposte nel ricorso e sviluppate nella memoria illustrativa.

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8.4. -Si deve rilevare, infine, che analoga questione, nella controversia instaurata dall’odierna ricorrente contro l’INAIL, è stata già scrutinata da questa Corte nell’ordinanza n. 36951 del 16 dicembre 2022 ed è stata disattesa, sul presupposto che l’esistenza del giudicato, relativo all’ accertamento del danno per la minor somma di Euro 286.375,10, e alla medesima pronuncia del giudice tributario di cui oggi si discorre, non sia stata efficacemente confutata dalla società.

Neppure su tale profilo la memoria illustrativa formula rilievi particolareggiati, che contraddicano la pertinenza delle affermazioni già rese da questa Corte e avvalorino la necessità di pervenire, nel presente giudizio, a conclusioni difformi.

9. -Il percorso argomentativo della richiamata ordinanza, recante il numero 36951 del 2022, consente di sgombrare il campo anche dalle

critiche formulate con il terzo e con il quarto mezzo, attinenti, sotto profili tra loro connessi, alla corretta valutazione della portata del giudicato.

9.1. -La Corte territoriale, ben consapevole del diverso oggetto del contenzioso tributario (la contribuzione dovuta al Servizio sanitario nazionale) rispetto all’oggetto del contenzioso civile (i contributi corrisposti all’INPS), ha argomentato che i giud izi vertono tra le stesse parti e s’incentrano su un punto fondamentale comune: l’accertamento del danno patito dall’impresa per effetto dell’alluvione piemontese (pagina 15 della pronuncia d’appello) .

La comunanza delle questioni è avvalorata dal fatto che in entrambi i giudizi si riscontra l’esigenza di «evitare la sovracompensazione del danno» (pagina 16 della sentenza impugnata).

Tale accertamento si correla a un’identica questione di fatto e di diritto, che forma la premessa logica indispensabile delle statuizioni contenute nel dispositivo, e preclude, pertanto, il riesame della medesima questione (Cass., sez. lav., 29 dicembre 2021, n. 41895).

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Né tale effetto preclusivo viene meno sol perché il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo e il petitum del primo (Cass., sez. lav., 9 dicembre 2016, n. 25269).

9.2. -Dei princìpi richiamati la sentenza impugnata ha fatto corretta e consequenziale applicazione, senza incorrere nei vizi denunciati dalla ricorrente, che tende a contrapporre, anche nella memoria illustrativa, un’interpretazione riduttiva del giudicato in parola.

La Corte d’appello ha circoscritto i limiti oggettivi del giudicato, dopo un’accurata disamina delle questioni dibattute nel giudizio tributario e delle censure proposte in quella sede (pagine 13, 14, 15 e 16).

Sulla scorta di tale analitica ricognizione, i giudici d’appello hanno puntualizzato l ‘effettiva portata d ell’ accertamento, racchiuso nelle statuizioni oramai intangibili del giudice tributario.

Nell’ordinanza n. 36951 del 2022, questa Corte, a tale riguardo, ha evidenziato che si atteggia in termini unitari la fattispecie dedotta in causa, proprio per la comune esigenza di evitare quella sovracompensazione, «a cui si sarebbe potuto andare incontro ove la società fosse riuscita ad ottenere un distinto accertamento del danno nei confronti delle diverse amministrazioni pubbliche o con riferimento ai diversi contributi o tributi richiesti in restituzione, trattandosi di posizioni, tra loro, strettamente connesse».
Anche nel giudizio definito con l’ordinanza di questa Corte, si è dunque confermata la valutazione dei giudici di merito in ordine alla portata dell’accertamento definitivo sull’ammontare del danno , valutazione che scaturisce dalla disamina di tutti gli elementi di fatto e di diritto sottoposti al vaglio del giudice.

I rilievi critici della ricorrente devono essere, dunque, disattesi, anche alla stregua delle considerazioni già espresse su una controversia che investe questioni in larga parte coincidenti. Considerazioni che la memoria illustrativa depositata in vista dell’adunanza non induce a ri vedere, dimostrando che esse non si attagliano al presente giudizio, pur concernente la medesima vicenda sostanziale della quantificazione del danno conseguente all’alluvione.

10. -Acclarata l’infondatezza delle censure in ordine alla prova del giudicato e alla sua portata, si devono respingere anche le critiche formulate con il sesto mezzo, che si prefiggono di ridiscutere la valutazione sul danno patito e di suffragare l’erroneità della decisione del giudice tributario.

10.1. -Dalla pronuncia d’appello (pagina 14) emerge che, nel giudizio tributario, il profilo della quantificazione del danno è stato

puntualmente allegato dall’odierna ricorrente, che ha interposto, a tale riguardo, specifico mezzo d’impugnazione .

Nel dibattito processuale sono state introdotte circostanze di fatto e sono state prospettate valutazioni giuridiche, al fine di ottenere una revisione della stima effettuata dal dottor NOME COGNOME e recepita dal giudice di prime cure.

Il gravame, tuttavia, è stato respinto e correttamente la Corte di merito, nel giudizio civile, ha ritenuto precluso il riesame delle questioni già decise dal giudice tributario.

10.2. -Né l’intangibilità del giudicato patisce deroga, in quanto, anche in questa sede, si controverte su questioni che sono state già dedotte o che comunque avrebbero potuto esser dedotte nel giudizio tributario deciso con sentenza inoppugnabile, come già questa Corte non ha mancato di rilevare nella pronuncia del 2022 più volte richiamata.

È proprio il diritto dell’Unione europea, insieme a evidenti esigenze di coerenza e di parità di trattamento, a imporre a tal proposito una valutazione unitaria, che non muti nei diversi giudizi e non comporti, secundum eventum litis , discrepanze e sperequazioni.

Né può essere invocato l’orientamento che ha escluso l’efficacia ostativa del giudicato, quando impedisca il recupero degli aiuti di Stato. Nel caso di specie, il giudicato non presenta tale valenza preclusiva.

11. -Si rivela infondato anche il quinto motivo, che si duole della novità della questione inerente alla ‘sovracompensazione’.

11.1. -Con la decisione del 14 agosto 2015, la Commissione europea, quanto ai benefici previsti per l’alluvione piemontese, ha ravvisato la violazione dell’ art. 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell ‘ Unione Europea (TFUE), e li ha qualificati come aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno (punto 133).

La Commissione, quanto alle conseguenze, ha specificato (punti 134-136) che una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti

non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sé aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno. Evenienze che si verificano allorché il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un ‘ attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese, o allorché il beneficio è in linea con il regolamento de minimis applicabile o è concesso in conformità a un regime di aiuto approvato o a un regolamento di esenzione.
Per quanto attiene agli aiuti individuali già versati prima della data di avvio della decisione e dell ‘ ingiunzione di sospensione, il regime va considerato compatibile con il mercato interno, ai sensi dell ‘ art. 107, paragrafo 2, lettera b ), TFUE, a condizione che possa essere stabilito un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alla calamità naturale e l ‘ aiuto di Stato concesso, evitando i casi di sovracompensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa.

Inoltre, ogni compensazione relativa a tali danni, ottenuta da una qualsiasi fonte, deve essere dedotta ed è necessario escludere ogni tipo di cumulo tra gli aiuti previsti dal regime qui in esame ed eventuali aiuti previsti da altre misure per i medesimi costi (fra le molte, Cass., sez. lav., 12 gennaio 2017, n. 627).

11.2. -È la decisione della Commissione europea dell’agosto 2015, equiparata da questa Corte a un vero e proprio ius superveniens (fra le molte, sentenza n. 627 del 2017, cit.), ad avere reso rilevante la questione della sovracompensazione, allorché il giudizio d’appello, nel 2012 (r.g.l. 1651 del 2012), era stato già instaurato.

11.3. -La questione, peraltro, è indissolubilmente connessa con l’oggetto del giudizio, che , alla luce delle allegazioni della società e delle difese dell’Istituto, s’incardina sulla pretesa della ricorrente di fruire degli sgravi, in quanto compatibili con la disciplina europea sugli aiuti

di Stato. Pretesa di cui la società deve allegare e provare tutti i presupposti.

Elemento saliente della compatibilità con la disciplina europea è la correlazione delle somme corrisposte con il danno patito e tale elemento è sottoposto alla valutazione officiosa del giudice, al pari di tutti i requisiti costitutivi della pretesa dedotta.

Conclusione che dev’essere ribadita a fortiori al cospetto di una disciplina cogente, di cui il giudice nazionale è vincolato a fare puntuale applicazione.

11.4. -Ne consegue che non può essere condivisa la prospettazione della ricorrente, che propugna una qualificazione in termini di ‘eccezione in senso stretto’ , in antitesi, peraltro, con la giurisprudenza di questa Corte, che intende in senso restrittivo la relativa nozione.

Si può predicare un’ eccezione in senso stretto nelle sole ipotesi in cui la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nel caso di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un ‘ azione costitutiva), ovvero quando singole disposizioni espressamente prevedano come indispensabile l ‘ iniziativa di parte (Cass., S.U., 3 febbraio 1998, n. 1099).

Nessuna di tali fattispecie si ravvisa nella vicenda sottoposta all’odierno scrutinio.

-Inammissibile, infine, è la settima doglianza, volta a perorare il diritto di beneficiare degli sgravi, in ragione del tempo trascorso.

12.1. -Con la decisione del 14 agosto 2015 più volte ricordata, la Commissione ha esentato l ‘ Italia dall ‘ obbligo di recuperare gli aiuti relativi a regimi illegali concessi per le calamità naturali risalenti ad oltre dieci anni prima della sua decisione, con l ‘ unica eccezione degli aiuti fruiti da beneficiari non aventi, al momento della calamità, una sede operativa nell ‘ area colpita (punto 152).

12.2. -La ricorrente non enuncia argomenti che inducano a rimeditare l’orientamento costante della giurisprudenza di questa Corte sulla latitudine di tale previsione.

Dagli aiuti concessi, cui fa riferimento la Decisione della Commissione, differiscono gli «aiuti in essere giacché la loro concessione è sub iudice » (Cass., sez. lav., 5 settembre 2017, n. 20773).

Le agevolazioni di cui si discute rappresentano esecuzione di un comando del giudice tempestivamente impugnato (Cass., sez. lav., 27 dicembre 2022, n. 37795, in coerenza con i princìpi enunciati dalla richiamata sentenza n. 627 del 2017) ed esulano, pertanto, dall’àmbito applicativo della fattispecie di esenzione.

Anche nel presente giudizio si deve ribadire che l’Istituto « non ha effettuato alcun pagamento, atto giuridico in senso stretto che postula l ‘ animus solvendi . L ‘ Istituto si è limitato a eseguire una sentenza di condanna, contestando anche in questa sede il diritto dell ‘ impresa di conseguire il beneficio» (Cass., sez. lav. 20 gennaio 2023, n. 1776, punto 7 delle Ragioni della decisione ).

12.3. -L’interpretazione, recepita dalla concorde giurisprudenza di questa Corte, merita di essere ribadita, in quanto pondera l’autentica portata del dictum della Commissione europea, in coerenza con l’obiettivo d’interpretare in senso rigoroso le deroghe all’obbligo di recuperare gli aiuti incompatibili e con l’esigenza di non vanificare la portata degli obblighi statuiti in sede europea.

Tale esigenza traspare dalle stesse specificazioni della Decisione, che, nell’esame delle argomentazioni prospettate dalle parti, è inequivocabile nel sancire la cogenza dell’obbligo di recupero e nel restringere a ipotesi tassative le eventuali eccezioni.

L’ interpretazione così delineata non solo valorizza il dettato testuale e i profili sistematici e teleologici della disciplina sugli aiuti, che a sua volta si colloca nell’alveo dell’art. 41 Cost. e ne presidia i princìpi, ma

non trascura neppure la peculiarità della fattispecie di un’agevolazione riconosciuta per effetto di un provvedimento del giudice, ritualmente contestato.

Tale peculiarità preclude la valutazione comparativa con gli aiuti già concessi dallo Stato e avvalora l’eterogeneità delle fattispecie poste a raffronto, con conseguente manifesta infondatezza della questione di conformità del diritto dell’Unione europea ai valori supremi espressi dall’art. 3 Cost., idonei a costituire ‘controlimiti’.

Devono essere, dunque, respinte le istanze, ribadite anche nella memoria illustrativa.

-Il ricorso dev’essere, dunque, nel suo complesso, r igettato.

-Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, in ragione del ragguardevole valore della controversia e dell’attività processuale svolta.

-Il rigetto del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo del la ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 20.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.

Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione





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