1. IL QUADRO DI RIFERIMENTO
La situazione.
C’è una parte consistente del territorio dell’Italia (quella che si snoda lungo la dorsale alpina e appenninica e una buona parte del territorio delle due isole maggiori), il territorio delle “aree interne”, nel quale:
a) è in atto un processo di desertificazione indotto da politiche ostili;
b) dove servizi fondamentali, la presenza del medico, classi e scuole, i trasporti, l’accesso ad Internet, non sono garantiti ai residenti o lo sono con difficoltà sempre crescenti e in misura sempre minore facendo pagare loro più di tutti la strategia di privatizzazione dei servizi pubblici;
c) il lavoro è penalizzato e non sostenuto nonostante una crescente richiesta e forti potenzialità.
I rischi di questo disinteresse reale sono molteplici:
1) perdere un patrimonio materiale e immateriale inestimabile;
2) compromettere, a causa dell’abbandono da parte dell’uomo, ecosistemi che offrono ossigeno, acqua, legname, energia, cibo, paesaggio con conseguenze che già si stanno sentendo nei territori urbani e di pianura;
3) illudere con i progettifici che la situazione possa cambiare mentre il Governo/i guarda da un’altra parte.
Cambiare il paradigma.
L’Italia non potrà mai essere, per evidenti ragioni fisiche, il Paese della gentrificazione spinta come accade altrove in Europa: luoghi nei quali il consumo ed il mercato determinano le ragioni di vita delle persone e costruiscono nuovi idoli.
Cambiare il paradigma per Alleanza Verdi e Sinistra significa che a fronte delle emergenze climatiche ed ambientali bisogna partire dal piccolo e lontano per dare valore al grande e vicino.
I numeri.
Le aree interne occupano il 60% del suolo italiano, nelle aree interne si trovano il 48% dei comuni, vi abitano circa 13,6 milioni di persone (il 22% degli italiani).
Le politiche di austerità e i tagli ai servizi negli ultimi vent’anni hanno comportato un accentuarsi delle criticità che rendono meno attrattivi e vivibili questi territori, innescando una crisi demografica dai tratti drammatici, inserita in un quadro nazionale di analoga decrescita demografica. Se non si trova il medico, la scuola, la farmacia, il genere alimentare (o forme analoghe) molti nuclei famigliari sono costretti ad andare altrove anche contro la loro volontà. Da qui bisogna partire, dall’equità delle politiche pubbliche.
Le azioni.
Allo scopo di elaborare e mettere in atto politiche strutturali per le Aree interne nel 2013, per impulso dell’allora ministro Fabrizio Barca, è nata la Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI), che ha coinvolto 72 aree del Paese, pari al 17% del territorio nazionale, comprendente più di mille comuni e circa due milioni di abitanti. La SNAI va contestualizzata all’interno delle politiche di sviluppo e coesione europee che hanno tentato di integrare lo sviluppo rurale con quello regionale.
Con il Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne 2021-2027, redatto quest’anno, il Governo Meloni ha sancito la volontà di abbandonare parte del territorio Italiano. Con l’obiettivo 4 – “Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile” – sembra aver accettato come inevitabile la sconfitta dello Stato nei confronti di intere comunità.
Questa formulazione, più che una strategia di resilienza o riequilibrio territoriale, appare come una resa pianificata: un modo “elegante” per certificare l’abbandono di territori già fragili, tagliandoli fuori da investimenti strutturali, politiche per i giovani, e occasioni di sviluppo.
Invece di contrastare attivamente lo spopolamento con incentivi alla residenzialità, alla nascita di imprese locali, al rafforzamento di servizi essenziali (scuole, sanità, trasporti), sostenere il lavoro e la creazione di lavoro, il governo “accompagna” il declino, rinunciando di fatto a un dovere costituzionale: garantire pari dignità e opportunità a ogni cittadino, ovunque viva.
Un vero piano strategico per le aree interne dovrebbe rimettere al centro i diritti, il lavoro, le comunità e le potenzialità di questi luoghi. Accettarne lo svuotamento come inevitabile è profondamente ingiusto.
Non cambia questo quadro, anzi, l’artificio furbesco inventato dal Governo che in gran segreto, visto il mare di critiche ricevute per la decretazione di “suicidio assistito” di vaste aree del Paese e le imminenti elezioni regionali, il 31 luglio si inventa un’approvazione “definitiva” del PSNAI 2021 – 2027 (già approvato definitivamente dalla Cabina di Regia il 9 aprile dopo un’“ampia consultazione” pur avvolta nelle nebbie della benché minima informazione sul chi e quanti) che si concretizza nello sbianchettamento di alcune parti come se nasconderle cambiasse la sostanza delle decisioni già assunte e praticate. A rendere ancora più inaccettabile questo trucchetto è la mancata informazione che l’ha accompagnata escluse, ben inteso, le segreterie e gli eletti del centrodestra immediatamente informati.
In conclusione, è urgente opporsi allo svuotamento decretato della Aree interne e costruire, con una grande discussione e consultazione popolare, tutt’altra strategia.
2. UN PIANO STRATEGICO 2025 – 2030
Preparare e gestire la migrazione verticale.
Con il Covid migliaia di persone migrarono, per una parte del giorno o per un parte dell’anno, nelle aree interne riscoperte come una salvaguardia per la loro salute.
Ora siamo alla vigilia di un processo analogo, ma di ben altre dimensioni quantitative e di durata temporale, come effetto dell’aumento della temperatura, in particolare nelle grandi città.
L’estate 2024 sarà ricordata come l’estate più fresca dei prossimo 50 anni, ma intanto in Europa tra il 30 maggio e il 4 settembre 2022 sono stati stimati 61.672 decessi causa caldo, di cui 18.010 in Italia, concentrati in particolare fra le donne e gli over 60.
Le proiezioni ci dicono che i decessi per caldo estremo, anche nello scenario più favorevole, aumenteranno in modo molto significativo e che l’Italia e le città italiane saranno fra le più colpite.
Progressivamente ciò porterà ad un rapido spostamento verso le aree interne collinari o montuose che, in assenza di regole di tenuta del territorio, riprodurranno gli effetti devastanti già noti per le città.
Analogo processo sarà favorito dal progressivo e drammatico innalzamento del livello del mare che cancellerà una parte consistente del territorio che attualmente è caratterizzato da città ed insediamenti densamente abitati.
La migrazione verticale colloca le aree interne in una prospettiva radicalmente nuova ma va sostenuta e progettata non lasciando soli i Comuni ed i territori.
Un nuovo paradigma.
Per Alleanza Verdi e Sinistra è necessario un netto cambiamento di paradigma nella considerazione delle aree interne, partendo non più dalle criticità, in primo luogo la bassa densità demografica e la tendenza allo spopolamento, né da un approccio meramente numerico che porta alla narrazione delle aree interne come “vuoti” da riempire, ma dalla considerazione che questi territori e i loro abitanti offrono numerosi servizi fondamentali al resto del Paese:
1) cura e presidio del territorio ai fini delle prevenzione del rischio idraulico, idrogeologico e di incendi boschivi;
2) produzione di energia da fonti rinnovabili;
3) produzione di cibo da agricoltura sostenibile;
4) cura delle sorgenti e dei corsi d’acqua;
5) cura del patrimonio materiale e immateriale e del paesaggio.
Per AVS è necessario assumere il principio ordinatore di “SERVIZI ECOSISTEMICI” per ricollocare in uno spazio giusto e fertile ciò che le aree interne e i loro abitanti offrono a tutto il resto del Paese.
Non un éscamatage terminologico: con l’assunzione di questo paradigma il tema del contrasto allo spopolamento e dei servizi per le aree interne allo scopo di garantirne la vivibilità vive un approccio radicalmente differente dalle attuali ininfluenti impostazioni e pone con forza una necessaria interconnessione con politiche nazionali finalizzate ad uno sviluppo sostenibile e di ampio respiro su temi quali il lavoro, la sanità, i trasporti, la produzione di energia da fonti rinnovabili, il sostegno all’occupazione femminile, le politiche giovanili.
Non solo borghi.
Bisogna scardinare la perdente visione culturale dei paesi delle aree interne come “borghi”, luoghi considerati come cristallizzati e fuori dal tempo.
Questo modello culturale ha operato nell’ottica di una valorizzazione soprattutto del patrimonio immobiliare dei borghi, funzionale alla vita nelle città, rispetto alle quali i paesi non rappresentano luoghi autonomi di vita sociale, di produzione economica, luoghi dell’abitare e di servizi ai cittadini ma rappresentano semplicemente luoghi di svago ai fini della fruizione di un turismo standardizzato. Insomma, un vuoto cristallizzato da riempire.
3. FISCALITA’ DI VANTAGGIO
Vivere, lavorare o fare impresa nelle aree interne comporta difficoltà e costi maggiori rispetto alle aree urbane o periurbane.
Per AVS è necessario utilizzare la leva della fiscalità per contrastare lo spopolamento umano e produttivo delle aree interne: una fiscalità di vantaggio per l’acquisto e la ristrutturazione della prima casa, tariffe agevolate per energia e servizi essenziali (servizi scolastici come mense e bus, prestazioni sanitarie), trattenute inferiori su pensioni e buste paga), agevolazioni per insediamento di attività economiche e produttive.
4. PAGAMENTO DEI SERVIZI ECOSISTEMICI
Rivendichiamo l’avvio della sperimentazione del Pagamento dei Servizi Ecosistemici (PES) , meccanismo per la gestione sostenibile delle risorse naturali, basati sul mantenimento della funzionalità degli ecosistemi, delle aree semi naturali e della fornitura dei servizi ecosistemici.
Essi possono essere cosi individuati:
1. supporto alla vita (es.: ciclo dei nutrienti, formazione del suolo e produzione primaria);
2. approvvigionamento (es.: produzione di cibo, acqua potabile, materiali o combustibile);
3. regolazione (es: regolazione del clima e delle maree, depurazione dell’acqua, impollinazione e controllo delle infestazioni);
4. valori culturali (es.: estetici, spirituali, educativi e ricreativi).
O così articolati:
fornitura di biomassa legnosa; fornitura di biomassa agricola; fornitura di biomassa ittica; disponibilità idrica; impollinazione; regolazione del rischio di allagamento; protezione dall’erosione; regolazione del regime idrogeologico; purificazione delle acque da parte dei suoli; qualità degli habitat; sequestro e stoccaggio di carbonio; turismo ricreativo.
5. NEOPOPOLAMENTO: LA FORZA DELLE COMUNITA’ CHE ACCOLGONO
Le aree interne possono giocare un ruolo cruciale nel processo di neopopolamento, attrattore di flussi di persone che riprogettano la loro esistenza in luoghi che hanno avviato progetti di sviluppo locale e di innovazione.
Affinché ciò accada è necessario che il neopopolamento venga sostenuto con adeguate politiche a sostegno del diritto all’istruzione, alla salute, alla mobilità, all’occupazione femminile, al lavoro. E base comune non può che essere l’obiettivo in tempi molto brevi di garantire una forte connessione dati con accesso gratuito.
Per AVS bisogna potenziare il Sistema di Accoglienza e Integrazione, ex Sprar
(S.A.I).
Il sistema S.A.I. negli ultimi vent’anni ha coinvolto circa 2.000 Comuni, dei quali il 43,2% si trova in aree interne.
Ora può e deve diventare un motore di attivazione di processi di sviluppo locale, aggiungendo al valore dell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati anche nuove opportunità lavorative per la comunità locale.
6. NON SOLO TURISMO
C’è spesso un’enfasi acritica sul turismo come risorsa per le aree interne.
In realtà è noto da tempo che il turismo produce un impatto limitato sull’economia locale.
Cosa diversa è se crescono anche i settori annessi al turismo, si attivano circuiti virtuosi e si sviluppano sistemi economici locali.
Il turismo nelle aree interne è una risorsa solo se inserito in una strategia ampia che includa anche lo sviluppo di una filiera produttiva locale che possa beneficiare dei flussi turistici, evitando per i “borghi” il rischio di riduzione ad un turismo mordi e fuggi. Per questa ragione occorrono una narrazione differente delle aree interne operando sulla leva della cultura ma anche riconnettere le aree interne alla loro tradizionale vocazione produttiva artigianale, agricola e pastorale.
Il 56% della superficie agricola produttiva italiana è collocata nelle aree interne ma negli ultimi vent’anni nelle stesse aree ben 936.000 imprese agricole hanno chiuso i battenti, con la perdita di 850.000 ettari di Superficie Agricola Utilizzata.
La necessità di politiche strutturali e integrate anche nel settore agricolo è dimostrata dal fatto che le difficoltà del settore agricolo nelle aree interne sono accentuate dai cambiamenti climatici e dagli eventi meteorologici estremi (alluvioni a Nord, siccità a Sud dell’Italia)
7. QUESTIONI DI RAPPRESENTANZA E GOVERNANCE
Non di secondaria importanza appare il tema della crisi della rappresentanza dei cittadini delle aree interne negli organi istituzionali di vario livello: si pensi alla riforma delle Province, in particolare.
L’applicazione di una logica numerica, inoltre, ha comportato tagli agli organi rappresentativi innescando meccanismi deleteri nella selezione della classe dirigente dei piccoli comuni.
La riduzione del numero dei consiglieri comunali e dei membri della giunta ha avuto come conseguenze la riduzione degli spazi di vita democratica con l’aumento della difficoltà nella formazione delle liste elettorali, l’aggravamento del lavoro e delle responsabilità sui sindaci, la concentrazione delle decisioni in circuiti ristretti, il rischio sempre maggiore che organi politici così fragili siano permeabili a pressioni esterne da parte di gruppi di interesse o, peggio, da parte di associazioni mafiose.
Non mancano, soprattutto nelle regioni meridionali, i piccoli comuni sciolti per infiltrazioni mafiose.
Le aree interne e i piccoli comuni, inoltre, sono messi in competizione tra loro e con realtà ben più strutturate nel meccanismo delle risorse messe a bando, spesso senza avere una struttura in grado di progettare in tempi brevi come quelli imposti dai bandi. Occorre, dunque, ripensare la governance delle Aree interne, valorizzando sia l’esperienza della SNAI, riportandola allo spirito originario, sia le istituzioni che favoriscono azioni di rete tra comuni (Unioni dei comuni, Comunità montane).
8. CON AVS UNA NUOVA VIA VERSO IL FUTURO DELLE AREE INTERNE
Le aree interne si trovano di fronte a grandi sfide: quella della fuga dalle città sempre più calde e quella di arginare lo spopolamento garantendo servizi essenziali ai cittadini e attraendo nuovi cittadini sfruttando anche le opportunità offerte dalle nuove forme di lavoro (smart working, co-working).
Per questo rivendichiamo la necessità e l’urgenza di un piano strategico per le aree interne in grado di collocare le azioni in un quadro temporale lungo in grado di rispondere non all’emergenza del momento ma di far fronte ai cambiamenti strutturali che già si intravedono ma che vanno approfonditi e condivisi con le popolazioni, le associazioni, i rappresentanti delle tante forme di impegno di cui quelle aree e l’intero Paese è pieno.
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