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Equity Europa, Jeanmaire (Columbia Threadneedle): “Forza strutturale oltre la fine dell’eccezionalismo USA”


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Il gestore della casa vede nell’azionario UE basi economiche solide, un mercato più diversificato e nuovi settori in crescita. Dall’industria alla finanza, ecco perché i dazi di Trump non fanno paura e su cosa punta il suo fondo CT (Lux) Pan European Focus

Frederic Jeanmaire, gestore del fondo CT (Lux) Pan European Focus di Columbia Threadneedle
Frederic Jeanmaire, gestore del fondo CT (Lux) Pan European Focus di Columbia Threadneedle

Il dibattito sull’eccezionalismo americano non smette di dividere gli investitori globali: dopo un decennio di leadership quasi indiscussa, la sovraperformance delle borse USA ha infatti mostrato segnali di affanno e i riflettori si sono spostati sull’altra sponda dell’Atlantico. Ma se per molti il primato dell’Europa è solo temporaneo, come dimostrerebbe il rimbalzo messo a segno da Wall Street nelle ultime settimane, c’è chi crede ancora che si tratti di un cambiamento strutturale nella geografia degli investimenti azionari. Tra questi figura anche Frédéric Jeanmaire, fund manager di Columbia Threadneedle Investments, secondo cui le prospettive per il Vecchio Continente sono sempre più rosee. FocusRisparmio lo ha raggiunto per approfondire la sua view e capire come opera il comparto sotto la sua gestione: CT (Lux) Pan European Focus.

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Quali sono le prospettive sull’azionario europeo?

Siamo positivi, perché l’economia dell’Eurozona è ben posizionata. I tassi di interesse stanno calando e il nuovo governo tedesco ha allentato le restrizioni sul debito pubblico: questo significa stimolo alla crescita interna, a beneficio di tutti gli altri Paesi del blocco, ma anche spese per infrastrutture e difesa, con effetti positivi a cascata su molteplici settori. I consumatori, inoltre, sembrano in buona salute e continuano a beneficiare dei risparmi accumulati durante la pandemia.

E per quanto riguarda i dazi americani? Pericolo scongiurato o ci saranno ripercussioni, per esempio tramite nuove pressioni inflazionistiche?

Non vedo particolari minacce su questo versante. La guerra commerciale scatenata da Donald Trump, semmai, rischia di produrre sull’Europa il risultato opposto: cioè favorire una deflazione. I fornitori cinesi cercheranno infatti sbocchi alle nostre latitudini per compensare il calo di vendite sull’altra sponda dell’Oceano. Senza contare che un euro forte rispetto al dollaro abbasserà i costi dell’energia, riducendo ulteriormente la pressione sui prezzi. Dove le tariffe rischiano di far tornare a correre il carovita sono invece proprio gli Stati Uniti, grazie all’effetto combinato delle politiche migratorie adottate dall’amministrazione americana e dei loro impatti sul mercato del lavoro.

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La sovraperformance dell’azionario europeo è una tendenza destinata a durare o si tratta di un exploit temporaneo?

Ci sono diverse ragioni per pensare che si tratti di un fenomeno strutturale. Le prospettive per l’economia interna sono ad esempio incoraggianti, nonostante la crisi del debito francese e la situazione storicamente delicata in cui si trova l’Italia. Anche la composizione del mercato è cambiata in meglio rispetto al passato. Se prima l’Europa era conosciuta soprattutto per i consumer brand di qualità e per un forte settore farmaceutico, la competizione internazionale ha ribaltato la situazione: il settore finanziario si presenta con basi più robuste, in un contesto di risiko bancario e tassi d’interesse che non sono più negativi, e realtà industriali come Safran e Legrand hanno saputo ritagliarsi nicchie molto redditizie o in forte espansione. Le condizioni di riassicurazione sono migliorate, i tassi assicurativi seguono la stessa traiettoria e queste società si ritrovano a operare in mercati più consolidati e a beneficiare della crescita del PIL domestico.

Qual è l’approccio di investimento del fondo?

Il nostro processo è prevalentemente bottom-up: partiamo quindi dalle singole aziende anziché dai settori di appartenenza, sebbene ci siano comparti in cui troviamo più facilmente modelli di business validi e altri dove le opportunità sono maggiormente limitate. Evitiamo ad esempio l’oil&gas e le utilities tradizionali o anche la chimica di base, mentre privilegiamo le società industriali che hanno modelli di business solidi e remunerativi. Anche il comparto tecnologico ha per noi una grande importanza e vi attribuiamo una ponderazione elevata. Adottiamo uno stile orientato alla crescita rispetto al benchmark, che è lo MSCI Europe, quindi investiamo solo in presenza di tassi di crescita superiori alla media o un buon potenziale di upside.

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Come avviene, nello specifico, il processo di selezione?

Per noi è fondamentale la qualità del modello di business, che spesso non può essere sintetizzata in una serie di statistiche. Ecco perché, come prima cosa, esaminiamo le dinamiche competitive del settore utilizzando il modello delle cinque forze di Porter e valutiamo il posizionamento di ogni azienda in termini di vantaggio competitivo: dal brand forte alla tecnologia proprietaria fino alle dimensioni. Siamo interessati a trovare aziende con un’attività di business capace di generare rendimenti elevati, di produrre il massimo valore e protetta da barriere all’ingresso. Anche le realtà che stanno attraversando fasi di trasformazione possono rivelarsi interessanti, soprattutto quando acquisizioni o un cambio di management promettono di proiettarle verso una crescita e valutazioni più elevate. Infine, nei mercati di nicchia importanti, è possibile trovare imprese in grado di ottenere rendimenti al di sopra della media e dove le doti imprenditoriali siano premiate. Per quanto riguarda i dati quantitativi, prendiamo invece in considerazione diversi parametri, ma ciò a cui guardiamo con maggior interesse è la tendenza a generare flusso di cassa libero per azione.

Può fare un esempio concreto di titolo in portafoglio?

Safran, produttore francese di motori aeronautici, è un caso esemplare: opera in un mercato concentrato, con alti costi di ingresso e ricavi stabili derivanti dall’assistenza post-vendita. Altro esempio è gruppo logistico danese DSV: il suo core business è il trasporto merci con un modello a basso impiego di capitale, in cui l’azienda noleggia i container e ne organizza il riempimento per i clienti e il trasporto al mercato finale, e di recente ha acquisito DB Schenker in un’operazione che offre forti sinergie ma anche prospettive di crescita grazie all’introduzione di un management più dinamico.

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