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Aiuti di Stato: no esenzione IRAP per export


Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4778 Anno 2025

Civile Sent. Sez. 5 Num. 4778 Anno 2025

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Presidente: COGNOME

Relatore: COGNOME NOME

Data pubblicazione: 24/02/2025

Avv. Acc. IRAP 2006

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 11238/2021 R.G. proposto da:

Dilazioni debiti fiscali

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RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentate pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME e domiciliata ope legis presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, INDIRIZZO Roma.

-ricorrente –

contro

RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.

-controricorrente –

Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. SICILIA n. 720/2/2021, depositata in data 22 gennaio 2021.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.

Dato atto che il Sostituto Procuratore Generale, nella persona della dr.ssa NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso.

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Sentita l’Avvocatura Generale dello Stato, nella persona del dott. NOME COGNOME che ha richiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate -direzione provinciale di Messina notificava accertamento alla società RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE, contestando “utilizzo di fatture per operazioni inesistenti in acquisto”, nell’anno d’imposta 2006, per un imponibile pari a € 115.360,78, aliquota IVA 4% pari ad un’imposta di € 4.614,43, in relazione ad acquisti effettuati dalla ditta RAGIONE_SOCIALE. Inoltre, l’Ufficio recuperava l’IRAP dovuta in quanto la società nel quadro Irap presentato per il 2006 aveva invocato il codice di Esenzione E5 che corrisponde, come da istruzioni ministeriali per la Sicilia, all’esenzione di cui all’art. 15 della Legge Regionale n. 21 del 29 dicembre 2003, oggetto di contestazione dalla Comunità Economica Europea. In tal senso, la Commissione Europea aveva stabilito che il regime di aiuti cui l’Italia intende dare esecuzione mediante applicazione degli articoli 14, 15 e 16 della Legge della Regione Sicilia n. 21 del 2003 costituisce aiuto di Stato, che viola l’art. 87 del Trattato C.E.E. ed è incompatibile con il mercato comune, per cui ad esso non può essere data esecuzione.
Avverso tale avviso di accertamento la società contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Messina; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, contestando i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del proprio operato.

La C.t.p. di Messina accoglieva il ricorso della società contribuente sul presupposto che fosse legittima l’esenzione IRAP, almeno de minimis, perché, con riferimento all’esclusione degli aiuti concessi ad attività connesse all’esportazione, scopo del legislatore

comunitario è quello di vietare forme di protezionismo anche attraverso premi all’esportazione e non certo riferirsi alle agevolazioni in materia IRAP che spettano alle aziende siciliane a condizioni date indipendentemente dalla destinazione al mercato a estero o interno.

Contro tale decisione proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. della Sicilia; si costituiva anche la società contribuente, chiedendo il rigetto dell’appello.

Con sentenza n. 720/2/2021, depositata in data 22 gennaio 2021, la C.t.r. adita accoglieva parzialmente il gravame dell’Ufficio, confermando solo l’annullamento riferito alle fatture inesistenti e non anche con riferimento al recupero IRAP; con particolare riferimento all’agevolazione dell’esenzione dal versamento dell’IRAP, la Commissione riteneva che non poteva essere riconosciuta in considerazione dell’attività dedita alle esportazioni, ostativa, tale attività, della applicabilità del regime agevolatorio previsto dai regolamenti CE del 2001 e del 2006.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Sicilia, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo e l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Con istanza del 9 marzo 2023, l’Avvocatura generale dello Stato ha fatto presente che con nota 230381/22 del 28 novembre 2022 la Direzione Provinciale di Messina comunica la domanda di definizione della controversia presentata ai sensi degli artt. 6 e 7 del D.-L. n. 119/18, era stata rigettata ed instava per la fissazione dell’udienza di discussione.

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La causa è stata trattata nella pubblica udienza del 27 novembre 2024.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione illegittima interpretazione dell’art. 1, lett. d), Regolamento CEE n. 1998/2006, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc.

civ. (violazione o falsa applicazione di norme di diritto)» la società contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. non ha ritenuto che con il Regolamento CEE n. 1998/2006 la Commissione Europea avesse cercato di contemperare l’interesse alla protezione della libera concorrenza con quello dei singoli Stati di agevolare con limiti quantitativi prefissati (€ 200.000,00 nell’arco di un trennio) i soggetti ritenuti meritevoli di tutela, concludendo per l’illegittimità degli aiuti del caso di specie per violazione delle norme sulla concorrenza.
Il motivo è infondato.

La disamina necessita di un logico excursus normativo.

2.1. L’art. 15 della legge regionale Sicilia n.21 del 29712/2003, titolato Incentivi alle imprese operanti in Sicilia, sancisce: ‘Al fine di incentivare lo sviluppo dell’economia siciliana, è concessa l’esenzione dall’imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e successive modifiche ed integrazioni, per i cinque periodi di imposta successivi a quelli in corso al 31 dicembre 2003, alle imprese già operanti in Sicilia per la parte di base imponibile eccedente la media di quella dichiarata nel triennio 2001-2003, ad esclusione delle industrie chimiche e petrolchimiche. 2. L’esenzione di cui al comma 1 è riconosciuta a condizione che la sede legale, gli uffici amministrativi, gli stabilimenti di produzione e/o unità operative siano ubicati nel territorio della Regione siciliana. 3. L’applicazione della presente disposizione è subordinata al rispetto della vigente normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, nonché della definizione della procedura di cui all’articolo 88, paragrafi 2 e 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea. 4. Agli eventuali oneri derivanti dall’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo si fa fronte con successivi specifici provvedimenti legislativi
da emanarsi dopo la definizione positiva del procedimento di controllo comunitario.’

Pertanto, l’applicabilità della norma sugli incentivi alle imprese operanti in Sicilia, è espressamente subordinata al rispetto della vigente normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato. Del resto, il principio del primato (definito anche «preminenza» o «supremazia») del diritto dell’Unione europea (Unione) si basa sull’idea che, ove insorga un conflitto tra un aspetto del diritto dell’Unione e un aspetto del diritto di uno Stato membro dell’Unione (diritto nazionale), prevale il diritto dell’Unione; se così non fosse, gli Stati membri potrebbero semplicemente consentire al loro diritto nazionale di avere la precedenza sul diritto primario o derivato dell’Unione e il perseguimento delle politiche dell’Unione diverrebbe impraticabile.
2.2. Tanto premesso, l’art. 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) statuisce che ‘1. Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza. 2. Sono compatibili con il mercato interno: a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall’origine dei prodotti; b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali;
gli aiuti concessi all’economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione. Cinque anni dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione

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che abroga la presente lettera. 3. Possono considerarsi compatibili con il mercato interno:a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all’articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale; b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro;
c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse; d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell’Unione in misura contraria all’interesse comune; e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione’.

L’incompatibilità con il mercato interno degli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza, discende, quindi, dalla necessità che l’attività economica non abbia a migliore la posizione economica sul mercato del beneficiario nei confronti di altre imprese concorrenti, non essendo necessario che l’aiuto abbia un reale effetto sugli scambi all’uopo essendo sufficiente che l’aiuto possa incidere su tali scambi, in tal modo tutelando il gioco della libera concorrenza ed il regolare funzionamento del mercato interno.
2.3. Si legge nel documento n. 67 del 18 giugno 2024 in tema di aiuti di stato (parte generale) Documentazione e ricerche della Camera dei deputati, XIX legislatura, che ‘L’aiuto di Stato -intervenendo sul mercato a sostegno di determinati settori o

operatori economici che vi partecipano – costituisce uno strumento di politica economica suscettibile di determinare, se selettivo ed ingiustificato, una distorsione della concorrenza e di restringere la libera circolazione delle merci e dei servizi. La disciplina europea fissa i criteri generali in presenza dei quali l’aiuto è vietato e istituisce un sistema di controllo, ex ante ed ex post, onde evitare che ‘il sostegno finanziario pubblico provochi una alterazione della competizione tra le imprese all’interno del mercato comune’e un danno ai consumatori. Per questi ultimi, le distorsioni della concorrenza possono tradursi in aumenti di prezzi, prodotti di qualità inferiore, minore innovazione’.
2.4. L’art. 1 lett. d) del regolamento CE n. 1998/2006, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d’importanza minore («de minimis»), applicabile ratione temporis , stabilisce che il regolamento medesimo si applica agli aiuti concessi alle imprese di qualsiasi settore, ad eccezione, per quel che qui interessa, (lett. d) agli aiuti ad attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l’attività d’esportazione. Nel medesimo regolamento, viene spiegato che ‘Il presente regolamento non si dovrebbe applicare agli aiuti «de minimis» alle esportazioni né gli aiuti «de minimis» che favoriscono i prodotti nazionali rispetto ai prodotti importati. Non dovrebbe in particolare applicarsi agli aiuti che finanziano la costituzione e la gestione di una rete di distribuzione in altri paesi. Non costituiscono di norma aiuti all’esportazione gli aiuti inerenti ai costi di partecipazione a fiere commerciali né quelli relativi a studi o servizi di consulenza necessari per il lancio di nuovi prodotti ovvero per il lancio di prodotti già esistenti su un nuovo mercato (punto 6 delle considerazioni preliminari). Si è così ritenuto che gli aiuti all’esportazione, per quanto d’importo
modesto, rientrano tra gli aiuti idonei ad incidere sugli scambi tra Stati membri e ciò direttamente, attribuendo un vantaggio concorrenziale ai prodotti esportati o indirettamente, incentivando da parte degli altri Stati membri determinate contromisure simmetriche destinate a compensare il suddetto vantaggio concorrenziale.

2.5. Nella fattispecie in esame, non è contestato che la società controparte abbia svolto cessioni con l’estero in modo rilevante nell’anno 2001, per € 759.875,33, nell’anno 2002, per € 671.810,97, nell’anno 2003, per € 1.563.975,08, nell’anno 2004, per € 1.904.976,23, nell’anno 2005, per € 3.525.586,39, nell’anno 2006 per € 6.484.037,73, nell’anno 2007, per € 4.322.307,72, per l’anno 2008, per € 3.198.356,08, per l’anno 2009, per € 1.836.449,33, per l’anno 2010, per € 890.803,78; inoltre, risultano contabilizzate bollette doganali per importanti importi a seguito di cessioni con paesi della comunità europea.
2.6. La C.t.r., con una motivazione immune da violazioni di legge, ha correttamente giudicato allorquando ha opinato che, in considerazione anche della notevole consistenza accertata dall’ufficio e documentata dalle interrogazioni al sistema dell’anagrafe tributaria delle esportazioni effettuate dalle società anche nell’anno di riferimento, deve ritenersi la non applicabilità del regime agevolatorio dell’aiuto di Stato che non può essere riconosciuto proprio perché andrebbe a falsare la libera concorrenza tra i paesi della CEE essendo pacifico che l’attività della società contribuente è un’attività prevalentemente di esportazione.
2.7. Né vale a smentire tale decisione il fatto che l’art. 35 TFUE vieta le restrizioni quantitative all’esportazione fra gli Stati membri nonché qualsiasi misura di effetto equivalente. Invero la valutazione della compatibilità dell’art. 1, paragrafo 1, lett. d) del regolamento 1998/2006 poggia su tre argomentazioni.

2.7.1. In primo luogo il divieto delle restrizioni quantitative all’esportazione e delle misure di effetto equivalente si impone sia alle autorità dell’unione quanto agli Stati membri in modo che la validità di una disposizione di diritto derivato può essere posto in discussione su tale base anche mediante una questione pregiudiziale diretta a valutarne la validità (in tal senso, sentenza 18 maggio 1984, Denkavit/Nederland, 15/83, EU:C:1984, punto 15).

2.7.2 Di poi, mentre l’art. 1, paragrafo 1, lett. d) del regolamento 1998/2006 guarda le esportazioni verso Stati terzi o Stati membri l’art. 35 TFUE si applica soltanto alla circolazione delle merci tra gli Stati membri; di conseguenza l’art. 1, paragrafo 1, lett. d) del regolamento 1998/2006, nei limiti in cui riguarda le esportazioni verso gli Stati terzi non può essere contrario all’art. 35 TFUE.

2.7.3. Infine, l’art. 1, paragrafo 1, lett. d) del regolamento 1998/2006 non stabilisce direttamente restrizioni quantitative all’esportazione.

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2.7.4. Inoltre, la disposizione in esame non può essere qualificata come misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa ed esportazione e ciò perchè la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha dichiarato che è una misura nazionale applicabile a tutti gli operatori attivi sul territorio nazionale che di fatto incide maggiormente sull’uscita dei prodotti dal mercato dello Stato membro di esportazione che sulla commercializzazione degli stessi sul mercato nazionale detto Stato membro rientra nel divieto di cui all’art. 35 TFUE (sentenza 21 giugni 2016, New Valmar, C-15/15, EU:C:2016:464, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata). Il divieto degli aiuti connessi all’esportazione verso Stati membri anche qualora essi non superano la soglia del de minimis, prevista dall’art. 1, paragrafo 1, lett. d) del regolamento 1998/2006, è di per sé priva di effetto sugli scambi dato che si limita a imporre agli Stati membri di astenersi dal concedere un certo tipo di aiuti; di
conseguenza, si ripete, una normativa siffatta non costituisce una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’esportazione, vietata dall’art. 35 TFUE.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali che si liquidano in € 7.400,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 27 novembre 2024.





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