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l’acqua c’è, ma la buttiamo


Non deve essere così grave la siccità in Italia se da due anni è fermo nei cassetti dei ministeri un decreto che dovrebbe consentire finalmente di utilizzare acqua pulita, di cui disponiamo in abbondanza ma che buttiamo a mare. Nel nostro paese mancano infatti procedure chiare per utilizzare l’acqua che esce dai depuratori al posto di quella potabile, malgrado da anni direttive e regolamenti europei in ogni modo ne spingano il riuso.

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Secondo Utilitalia dai soli impianti di depurazione più grandi – 112 su 2300 – potremmo recuperare 2,3 miliardi di metri cubi di acqua. Più di tutti i consumi della Sicilia. Oggi solo il 4 per cento di queste acque viene usato in agricoltura, che da sola consuma oltre metà delle risorse idriche nazionali.

Dove sta il problema? Che senza questo decreto rimangono margini di incertezza sulle responsabilità della procedura e di rispetto dei limiti di contaminazione per le diverse categorie di riuso tra agricolo, industriale, civile (ad esempio spazzamento strade), ambientale.

Qualche progetto virtuoso va avanti, come quelli realizzati a Milano da parte del gruppo Cap per agricoltura e parchi, a Roma con Acea che ne sta portando avanti diversi per usi industriali e irrigui. Mentre un caso virtuoso è quello di Bari, in una Puglia stremata dalla siccità, che si potrà permettere il lusso di irrigare due nuovi grandi parchi realizzati in aree sottratte al degrado.

Il problema è che rimangono eccezioni e a costo di sforzi enormi. Eppure è da due anni che si fanno riunioni al ministero dell’Ambiente sul testo del regolamento e a questa incertezza si somma quella sulle risorse per finanziare la rete che porta l’acqua dal depuratore agli usi finali. Ma perché una cosa così semplice, urgente non va avanti in un paese che da più di due anni ha un commissario straordinario per gestire l’emergenza siccità?

Città uniche

Chi più di tutti avrebbe bisogno di un provvedimento di questo tipo sono le città, dove le estati diventano sempre più roventi e invivibili, ma anche una regione come la Sicilia avvitata oramai da anni in una crisi strutturale con territori e aree agricole in ginocchio. Perché a Madrid e a Marrakech i parchi sono verdi e freschi anche d’estate, grazie all’acqua dei depuratori, e a Palermo e Catania sembra un miraggio? A Singapore il 100 per cento di queste acque viene riciclato, ma gli esempi potrebbero essere innumerevoli, dalla Namibia alla California.

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In Israele la quasi totalità delle acque che esce dai depuratori è convogliata verso usi agricoli, fermando in questo modo la desertificazione. In Sicilia larga parte della popolazione vive nelle aree costiere, in particolare d’estate, e i depuratori scaricano direttamente a mare quindi non c’è neanche un tema ambientale, come può avvenire quando invece si scarica nei fiumi e si deve garantire il deflusso minimo vitale.

Ingenuamente si potrebbe pensare che in Sicilia il commissario nazionale alla siccità e quelli regionali – sono due, uno alla depurazione e uno per la siccità – abbiano il tema nella massima attenzione.

E invece tutta l’attenzione mediatica e politica è posta sull’inaugurazione di tre desalinizzatori mobili a Gela, Porto Empedocle e Trapani per una spesa di 100 milioni di euro. Si rincorrono le promesse di altri impianti in giro per l’isola, ma nessuno ha il coraggio di dire che se questa è la strategia i costi sono tali che l’agricoltura in Sicilia è senza speranza.

Eppure, non deve sorprendere il silenzio sull’acqua dei depuratori, perché poi verrebbe fuori tutto il marcio nella gestione degli impianti, per non parlare delle perdite di reti – pari al 52 per cento a livello regionale e al 75 per cento a Catania –, fino agli invasi mai completati o abbandonati e pieni di detriti.

La fotografia più efficace della situazione si trova nella relazione della Corte dei conti di questo agosto in cui si descrivono inefficienze, mancanza di controlli da parte della regione e conflitti di interesse. Anche la nomina dei commissari serve solo ad alzare polveroni, distribuire promesse di interventi miracolosi.

Se davvero interessasse cambiare questa situazione si dovrebbe partire con il commissariare le aziende che gestiscono malissimo reti e depuratori, e al posto della regione per fissare canoni e fare controlli mettere l’autorità per l’energia e le reti con finanza e carabinieri. D’altronde bisogna scegliere, si sta dalla parte di cittadini e agricoltori costretti a chiamare le costosissime autobotti o di chi guadagna soldi a palate e vuole che nulla cambi?

Soluzioni insufficienti

L’Italia è ancora un paese ricco di acque, malgrado l’evidente impatto della crisi climatica. Complessivamente il valore delle precipitazioni – seppur in un quadro di più lunghi periodi di siccità alternati a fenomeni di piogge intense – è ancora enormemente più alto dell’acqua che utilizziamo.

Il problema è che non c’è ancora la consapevolezza di come stia diventando una risorsa sempre più complicata da gestire, che c’è bisogno di investimenti rilevanti per trattenerla negli invasi quando piove, di recuperare, trasportare e utilizzare quella depurata ovunque possibile al posto di quella potabile, di ridurre drasticamente le perdite di rete.

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È giusto realizzare alcuni impianti di desalinizzazione, ma sono risposte ancillari utili in contesti dove le altre soluzioni sono insufficienti, come nelle piccole isole. Quello che va compreso è che i territori del nostro paese, tanto al sud come in pianura padana, non sono condannati a un destino di desertificazione e abbandono dell’agricoltura.

Dipenderà dalle scelte che saranno prese in questi anni decisivi, perché disponiamo di tutte le competenze per costruire un progetto di adattamento climatico dell’agricoltura italiana che punti a selezionare e valorizzare i sistemi di irrigazione più efficienti, le colture più resistenti, l’integrazione delle fonti rinnovabili, coinvolgendo università, start up, imprese agricole. Cosa aspetta l’opposizione a chiedere conto al governo di tre anni di promesse e a presentare agli italiani un progetto comprensibile e credibile per una questione che interessa tutti come l’acqua?

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