Le prossime settimane saranno decisive per delineare le scelte fiscali che entreranno nella legge di bilancio: sul tavolo del governo circolano ipotesi che spaziano dalla rimodulazione delle aliquote Irpef alla nuova rottamazione delle cartelle, passando per incentivi alle imprese. L’esito dipenderà, come sempre, dal capitolo risorse.
Il quadro finanziario e le prospettive della manovra
La fotografia più aggiornata sullo stato dell’erario mostra un gettito in crescita: secondo l’ultimo bollettino del Mef le entrate tributarie hanno messo a segno un incremento di circa 8,4 miliardi di euro rispetto allo scorso anno. A ciò si aggiungono risparmi per oltre 2,4 miliardi sul servizio del debito, grazie all’evoluzione dei tassi. Questi margini, tuttavia, non saranno spendibili liberamente: l’esecutivo intende destinarne la quota prevalente alla riduzione del disavanzo, con l’ambizione di riportare il rapporto deficit/Pil sotto il 3% già nell’esercizio in corso, anticipando di un anno gli impegni assunti in sede europea e riaccreditandosi così tra i Paesi ritenuti virtuosi sul fronte della finanza pubblica.
Il percorso è accompagnato da scadenze ravvicinate. Il 22 settembre l’Istat renderà noti i conti economici nazionali per il 2024, dati che potrebbero ricalibrare le stime macro sulla base delle quali verrà steso il Documento programmatico di economia e finanza. Entro fine mese le Camere approveranno la risoluzione sul quadro programmatico, mentre la nuova Nadef dovrà essere trasmessa entro il 2 ottobre. La legge di bilancio, infine, approderà in Parlamento non oltre il 15 dello stesso mese. Su queste tappe le opposizioni chiedono trasparenza e hanno sollecitato il ministro Giancarlo Giorgetti a illustrare in Aula le ipotesi allo studio prima che vengano fissati gli obiettivi di finanza pubblica.
Pace fiscale selettiva e rottamazione delle cartelle
Un dossier particolarmente delicato è quello della cosiddetta «rottamazione 5». Il disegno di legge, depositato lo scorso 11 febbraio al Senato, prevede l’estinzione agevolata delle pendenze affidate alla riscossione attraverso un piano in 120 rate di pari importo e senza interessi. La discussione, incardinata in commissione Finanze, procede a rilento: il termine per la presentazione degli emendamenti, inizialmente fissato per oggi, è slittato al 22 settembre. Nel frattempo l’ipotesi di una sanatoria generalizzata, che assorbirebbe oltre cinque miliardi di euro nel 2025, appare sempre meno praticabile.
Nel confronto interno alla maggioranza sta prendendo corpo un approccio più selettivo. L’idea è concentrare l’agevolazione sui contribuenti realmente insolventi, escludendo i soggetti che in passato hanno versato soltanto la prima rata per congelare fermi amministrativi e pignoramenti. Si valuta inoltre di uniformare la percentuale delle rate: nelle ultime versioni il 10% del dovuto veniva versato nei primi due acconti e il 5% nelle tranche successive; ora si pensa di livellare gli importi per evitare concentrazioni di cassa in avvio. Con questi correttivi il costo dell’operazione si ridurrebbe sensibilmente, pur mantenendo un impatto tangibile a sostegno di famiglie e imprese in difficoltà.
Alleggerimento del carico Irpef sul ceto medio
Tra i capitoli destinati a incidere direttamente sui redditi figura il taglio dell’Irpef a vantaggio del ceto medio. Il progetto, al momento, si articola sulla riduzione dell’aliquota intermedia dal 35% al 33%, accompagnata dall’estensione dello scaglione agevolato ai contribuenti con redditi fino a 60mila euro. L’intervento avrebbe un impatto stimato in 4 miliardi di euro annui, importo che il Tesoro considera sostenibile soltanto in presenza di coperture certe e strutturali, poiché riguarda platee numerose e consoliderebbe una riduzione permanente del prelievo.
Una versione più contenuta del provvedimento, già sul tavolo, limiterebbe il nuovo scaglione ai redditi fino a 50mila euro; in tal caso il costo scenderebbe a circa 2,5 miliardi. Pur restando significativo, l’alleggerimento sarebbe calibrato su un segmento di contribuenti strategico per la domanda interna e per la stabilità dei consumi. L’obiettivo dichiarato è restituire potere d’acquisto a lavoratori e pensionati intermedi, rinvigorendo al tempo stesso il sostegno politico alla riforma tributaria complessiva varata nella scorsa legislatura.
Premi di produttività e costo del lavoro
Sul fronte del lavoro, l’esecutivo punta a confermare il prelievo agevolato al 5% sui premi di produttività erogati dalle aziende. La misura, già sperimentata con successo, coinvolge oltre 15mila imprese e si riflette su una platea di più di 4 milioni di dipendenti. Mantenere la tassazione di favore sui risultati spinge la contrattazione di secondo livello, incoraggia la condivisione degli obiettivi e offre un canale rapido per redistribuire gli utili senza appesantire il costo del lavoro disponibile per le aziende.
Il rinnovo dell’agevolazione dovrà però fare i conti con un calendario di scadenze collettive e con il quadro delle risorse. Sindacati e associazioni datoriali vi leggono una leva utile a premiare la produttività, a condizione che sia confermata per un arco di tempo sufficiente a pianificare la politica retributiva. Per il governo rappresenta un segnale di continuità: la priorità resta quella di incentivare la partecipazione dei lavoratori ai risultati dell’impresa, modulando gli oneri contributivi in modo coerente con la competitività del sistema economico.
Flat tax per nuovi residenti ad alto reddito
Tra le ipotesi più discusse c’è l’evoluzione della flat tax da 200mila euro destinata agli individui ad alto reddito che trasferiscono la residenza in Italia. Il regime, che si applica per quindici anni e intende attrarre nuovi capitali, potrebbe essere subordinato all’impegno a investire nell’economia reale del Paese. La proposta, depositata dal deputato Giulio Centemero, esclude modifiche per chi ha già aderito e punta ad ancorare il beneficio all’obbligo di realizzare investimenti o trasferire stabilmente il proprio domicilio fiscale.
Il vice ministro al Mef Maurizio Leo ha confermato che la fattibilità dell’aggancio agli investimenti è allo studio, pur nel rispetto della certezza del diritto che chi ha già perfezionato l’opzione considera imprescindibile. L’intento è salvaguardare l’appeal del regime nei confronti dei cosiddetti «Paperoni» stranieri, ma al tempo stesso evitare che la flat tax si traduca in un puro vantaggio fiscale privo di ricadute tangibili sul tessuto produttivo nazionale. Le valutazioni proseguiranno nelle prossime settimane, insieme al resto del pacchetto fiscale.
Ires premiale e incentivi agli investimenti
Un altro tassello chiave è la Ires premiale, l’aliquota ridotta al 20% applicabile agli utili reinvestiti in nuova occupazione o in beni strumentali. Introdotta lo scorso anno, la misura ha ricevuto buoni riscontri ma necessita di risorse certe per essere confermata nel 2025. Senza un rifinanziamento adeguato, il beneficio verrebbe meno proprio nel momento in cui le imprese programmano i piani di investimento e i bilanci previsionali per il prossimo ciclo industriale.
I tecnici del Mef stanno valutando l’interazione tra l’Ires agevolata e le nuove regole europee sullo spazio di bilancio, al fine di massimizzarne l’effetto volano senza incorrere in procedure d’infrazione. L’obiettivo politico è duplice: incentivare la crescita dimensionale delle aziende e sostenere l’occupazione qualificata in un contesto di transizione energetica e digitale. Se le coperture lo permetteranno, la conferma dell’aliquota ridotta si affiancherà ad altri incentivi alle assunzioni, creando un quadro normativo favorevole alla competitività internazionale delle imprese italiane.
Coperture e scadenze istituzionali
Il nodo delle coperture resta determinante. Uno dei serbatoi individuati è il gettito derivante dal concordato preventivo biennale, che ha garantito circa 1,6 miliardi di euro e potrebbe quasi raddoppiare grazie al cosiddetto «ravvedimento bis» introdotto con l’ultimo decreto fiscale. Le adesioni si chiuderanno il 30 settembre e solo allora sarà possibile quantificare con precisione la dote disponibile. In caso di esito positivo, parte di queste risorse verrà destinata a finanziare gli sconti Irpef e la proroga dei bonus contributivi.
Parallelamente prosegue l’iter parlamentare della riforma della legge di contabilità, indispensabile per recepire le nuove regole europee sulla spesa netta. Entro la fine del mese di settembre il Parlamento è chiamato a votare la risoluzione che definirà gli indirizzi di politica economica per il triennio. Governo e forze politiche sono consapevoli che, senza una cornice certa, gli interventi sul fisco rischiano di essere effimeri. La partita si gioca dunque su due piani: da un lato la ricerca di risorse, dall’altro la definizione di obiettivi realistici che consentano di sostenere la crescita e, al contempo, di rispettare i vincoli europei.
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