Ieri, giovedì 11 settembre, la Federmeccanica ha presentato, a Roma, l’edizione n. 175 della sua indagine trimestrale sulla Congiuntura metalmeccanica. Centosettantacinque: un bel numero, davvero. Ci sarebbe stato da festeggiare, se non altro per la costanza e per la puntualità di un appuntamento che, quattro volte all’anno, vede riunirsi, in un albergo romano, i giornalisti che seguono le vicende del principale settore della nostra industria manifatturiera: quello dell’industria metalmeccanica e meccatronica, come ormai usa dire.
Purtroppo, però, non c’era molto da festeggiare. Come ha subito chiarito il Direttore generale della stessa Federmeccanica, Stefano Franchi, il quale ha esordito dicendo che nella ricerca che si accingeva a presentare c’erano, come già accaduto per altre recenti edizioni, luci e ombre. Intendo con luci qualche dato relativo a confronti di natura congiunturale, ovvero fra i periodi più recenti esaminati nell’indagine, i due primi trimestri del corrente anno, e quelli immediatamente precedenti. Ma, ha specificato Franchi, si tratta di dati simili ai “prefissi telefonici”. Insomma, “zero, virgola”, o poco più. Mentre nei confronti tendenziali, cioè in quelli effettuati rispetto agli analoghi periodi dell’anno passato, il 2024, prevalgono i segni meno. Insomma, più ombre che luci.
Ma non si è ancora detto tutto. Perché il vero problema, ha sottolineato Franchi, è quello che si incontra quando si tenta di guardare al futuro, azzardando qualche previsione. Perché, in questo caso, ci si trova davanti a una fitta nebbia. E, nell’incertezza, “diventa difficile fare impresa”.
Ma adesso veniamo ai dati che, come di consueto, sono stati illustrati, ai giornalisti presenti, da Ezio Civitareale, Direttore del Centro Studi di Federmeccanica.
Cominciamo, dunque, dal quadro generale. “I dati recentemente pubblicati dall’Istat”, scrive Federmeccanica, “ci consegnano l’immagine di un’economia italiana in affanno: nel secondo trimestre 2025 il Pil è diminuito dello 0,1% rispetto al primo” trimestre, mentre “le esportazioni risultano sottotono e la produzione stenta a decollare”.
Infatti, nella prima metà del 2025, l’attività industriale nel suo complesso “ha sì registrato un’inversione della tendenza negativa osservata nel corso dell’intero 2024, ma il recupero è stato molto contenuto”. L’insieme dell’industria del nostro Paese versa in una condizione di “sostanziale staticità”. In particolare, nel secondo trimestre 2025 “la produzione nel suo complesso è rimasta fondamentalmente stabile rispetto al primo (+0,1%)”, mentre in termini tendenziali, cioè rispetto al secondo trimestre 2024, ha registrato un calo del 2,2%.
E veniamo, adesso, al settore metalmeccanico. Qui bisogna tenere presente, innanzitutto, che nel corso dell’annata 2024 la produzione industriale, considerata in termini congiunturali, aveva conosciuto, di trimestre in trimestre, solo risultati negativi, anche se tali risultati si erano – via, via – attenuati dal -3,1% del primo trimestre, al -1,6% del quarto trimestre.
Nel primo trimestre 2025 si era invece assistito a una prima ripresa congiunturale, pari a un +0,8%, poi attenuatasi col più modesto +0,5% del secondo trimestre. Se però si guarda all’intero primo semestre 2025 in termini tendenziali, si vedrà che la produzione metalmeccanica “è diminuita, in media, del 4,3% rispetto al primo semestre 2024”. E ciò evidenziando, peraltro, “una perdita più marcata rispetto a quanto registrato per il comparto industriale nel suo complesso (-2,8%)”.
Debole, ma non catastrofico, anche l’andamento delle esportazioni. Infatti, nei primi sei mesi del 2025 l’export metalmeccanico/meccatronico “è diminuito dello 0,5% nel confronto tendenziale (-0,4% verso i Paesi UE e -0,6% verso i mercati extracomunitari)”. Invece, “il calo dei flussi verso i mercati statunitensi è stato pari a -6,1%”.
Da notare, anche, che “nella media dei 27 Paesi dell’Unione Europea”, la produzione metalmeccanica ha registrato, nel secondo trimestre 2025, un “miglioramento congiunturale”. Più in particolare, “in Francia e Spagna si è verificato un recupero dell’attività produttiva (rispettivamente +2,4 e +1,9) più marcato rispetto a quello dell’Italia (+0,5%), mentre la Germania ha registrato un’ulteriore contrazione (-1,0% congiunturale, in peggioramento dal -0,6 del primo trimestre)”.
Passando adesso dalle elaborazioni effettuate da Federmeccanica su dati statistici di altra fonte, all’indagine condotta trimestralmente dalla stessa Federmeccanica su un proprio campione di imprese rappresentative del mondo metalmeccanico italiano, è interessante notare che l’83% delle imprese intervistate “teme impatti negativi dalle nuove misure protezionistiche”. In particolare, il 32% di queste imprese teme di perdere “quote di export”, mentre il 25% teme di andare incontro a “difficoltà nelle catene di approvvigionamento”, e il 21% teme un “aumento della pressione competitiva sul mercato UE”.
Tra i principali rischi che le aziende vedono per il futuro, “si conferma al primo posto quello relativo a Materie prime ed Energia”, e ciò sia “in termini di carenza” di tali essenziali risorse, sia in termini di “fluttuazione dei prezzi”. A preoccupare le imprese intervistate ci sono anche i “possibili cambiamenti dello scenario macroeconomico globale (frammentazione dei mercati, conflitti, dazi, politiche di austerity)”.
La presentazione dell’indagine n. 175 è stata conclusa dall’intervento di Alessia Miotto, nuova Vice presidente di Federmeccanica. “Già da alcuni anni – ha detto Miotto – le aziende del nostro settore devono fare i conti con una bassa produttività, cui si affiancano un costo del lavoro per unità di prodotto in crescita, l’aumento del prezzo delle materie prime ed un costo dell’energia strutturalmente più alto rispetto alla media UE. In questa situazione già complessa, anche un solo punto percentuale di dazi è troppo.”
“La nostra industria – ha poi affermato Miotto – è a vocazione esportatrice e non si può pensare di cambiare pelle puntando sulla domanda interna, così come trovare altri mercati di sbocco non è di facile realizzazione in tempi brevi. Il rischio concreto, nel frattempo, è di perdere una buona parte della nostra industria metalmeccanica, mettendo a rischio la continuità di intere filiere.”
“Le nostre imprese – ha concluso Miotto – sono chiamate ad innovare per gestire le transizioni digitali e tecnologiche, ma l’incertezza da un lato, e la contrazione di marginalità dall’altro, riducono inevitabilmente la capacità di investire e questo è un grosso problema che va affrontato e risolto. Abbiamo sempre invocato politiche industriali continentali e nazionali, mirate alla crescita ed efficaci, quindi semplici da applicare e durature. Per spingere gli investimenti indispensabili a far recuperare la competitività al nostro settore, serve una visione industriale di lungo periodo, che dia stabilità e certezze. Non è ancora troppo tardi, ma occorre fare presto, molto presto.”
Fernando Liuzzi
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