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Von der Leyen propone un prestito di riparazione per l’Ucraina con gli asset russi congelati


Pubblichiamo la versione integrale del discorso sullo Stato dell’Unione pronunciato nella sede del Parlamento europeo di Strasburgo dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen

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L’Europa è in lotta. Una lotta per un continente unito e in pace. Per un’Europa libera e indipendente. Una lotta per i nostri valori e per le nostre democrazie. Una lotta per la nostra libertà e per la nostra capacità di determinare da soli il nostro destino.

Non facciamoci illusioni: questa è una lotta per il nostro futuro. Ho riflettuto a lungo se iniziare questo discorso sullo Stato dell’Unione con una valutazione tanto severa. Dopotutto, noi europei non siamo abituati – né a nostro agio – nel parlare in questi termini. Perché la nostra Unione è, innanzitutto, un progetto di pace.

Ma la verità è che il mondo di oggi non fa sconti. Non possiamo nascondere le difficoltà che gli europei sentono ogni giorno. Sentono il terreno muoversi sotto i loro piedi. Sentono che la vita si fa più dura, proprio mentre lavorano più duramente. Sentono l’impatto della crisi globale e del costo della vita più alto. Avvertono la velocità del cambiamento che influisce sulle loro vite e sulle loro carriere. E si preoccupano per la spirale di eventi senza fine che vedono nei notiziari: dalle scene devastanti a Gaza al martellante fuoco russo sull’Ucraina.

Non possiamo semplicemente aspettare che questa tempesta passi. L’estate appena trascorsa ci ha dimostrato che non c’è spazio né tempo per la nostalgia. Le linee di frattura di un nuovo ordine mondiale basato sulla forza si stanno tracciando proprio ora.

Sì, l’Europa deve combattere per il proprio posto in un mondo in cui molte grandi potenze sono indifferenti o apertamente ostili a noi. Un mondo di ambizioni imperiali e di guerre imperiali. Un mondo in cui le dipendenze vengono trasformate spietatamente in armi.

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Ed è per tutte queste ragioni che deve emergere una nuova Europa. Onorevoli deputati, questo deve essere il momento dell’indipendenza dell’Europa.

Credo che questa sia la missione della nostra Unione: prendersi cura della propria difesa e sicurezza; avere il controllo delle tecnologie e delle energie che alimenteranno le nostre economie; decidere che tipo di società e di democrazia vogliamo vivere; rimanere aperti al mondo, scegliendo partenariati con alleati, vecchi e nuovi.

In definitiva, si tratta di avere la libertà e il potere di determinare il nostro destino. E sappiamo di potercela fare, perché insieme abbiamo dimostrato cosa è possibile quando condividiamo la stessa ambizione, la stessa unità e lo stesso senso di urgenza.

Ho perso il conto delle volte in cui mi è stato detto che l’Europa non avrebbe potuto fare questo o quello: durante la pandemia, sul piano di ripresa, sulla difesa, sul sostegno all’Ucraina, sulla sicurezza energetica. Eppure, ogni volta, l’Europa è rimasta unita. Unita—e ce l’abbiamo fatta. Ora dobbiamo fare lo stesso.

Onorevoli deputati, la domanda centrale che ci troviamo di fronte oggi è semplice:

L’Europa ha la forza di lottare? Abbiamo l’unità e l’urgenza necessarie, la volontà politica e l’abilità politica per trovare compromessi? Oppure ci limiteremo a litigare tra di noi, paralizzati dalle divisioni?

Questa è la domanda alla quale tutti dobbiamo rispondere: ogni Stato membro, ogni deputato di quest’Aula, ogni commissario. Ai miei occhi, la scelta è chiarissima. Oggi il mio appello è un appello all’unità: unità tra Stati membri, unità tra le istituzioni europee, unità tra le forze democratiche e pro-europee di questo Parlamento.

Io sono qui, e l’intero Collegio dei Commissari è qui, pronto a realizzare questo obiettivo con voi. Pronto a rafforzare la maggioranza democratica e pro-europea—perché è l’unica in grado di ottenere risultati per l’Europa.

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Onorevoli deputati, la libertà e l’indipendenza sono ciò per cui il popolo ucraino combatte ogni giorno. Come Sasha e sua nonna. Sasha aveva solo undici anni quando la Russia ha attaccato. Con sua madre si era rifugiato in un seminterrato a Mariupol. Una mattina uscirono a cercare del cibo, e fu allora che l’inferno si scatenò: una pioggia di bombe russe sul quartiere civile. Tutto si fece buio e Sasha sentì il suo volto bruciare. Schegge di metallo gli si erano conficcate poco sotto gli occhi.

Nel giro di pochi giorni, i soldati russi invasero la città. Presero Sasha e sua madre e li portarono in un cosiddetto “campo di filtrazione”. Poi li separarono. Gli dissero che non aveva più bisogno della madre: sarebbe andato in Russia, avrebbe avuto una nuova madre russa, un passaporto russo, un nome russo. Lo inviarono a Donetsk occupata.

Ma Sasha non si arrese. Durante il tragitto, chiese in prestito il telefono a uno sconosciuto e chiamò sua nonna, Lyudmila, che viveva nell’Ucraina libera: «Baba, portami a casa», le disse. Lei non esitò un secondo. Gli amici la presero per folle. Ma Lyudmila mosse mari e monti per arrivare da lui. Con l’aiuto del governo ucraino, attraversò Polonia, Lituania, Lettonia, Russia e infine giunse nell’Ucraina occupata. Riuscì a riprendere Sasha e, attraverso lo stesso lungo viaggio, lo portò in salvo. Ma i loro cuori restano spezzati: ogni giorno continuano a lottare per ritrovare la madre di Sasha, intrappolata da qualche parte dalla brutale guerra russa.

Ringrazio Sasha e Lyudmila per avermi permesso di raccontare la loro storia. Sono onorata che oggi siano qui con noi. E vi chiedo, onorevoli deputati, di unirvi a me nel rendere omaggio a Sasha, a Lyudmila e alla lotta instancabile dell’Ucraina per la libertà.

Purtroppo, la storia di Sasha non è unica. Ci sono decine di migliaia di bambini ucraini di cui non si conosce la sorte—intrappolati, minacciati, costretti a rinnegare la propria identità. Dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per sostenere i bambini dell’Ucraina. Ecco perché, insieme all’Ucraina e ad altri partner, ospiterò un vertice della Coalizione Internazionale per il Rientro dei Bambini Ucraini. Ogni bambino rapito deve tornare a casa.

Onorevoli deputati, questa guerra deve concludersi con una pace giusta e duratura per l’Ucraina. Perché la libertà dell’Ucraina è la libertà dell’Europa. Abbiamo fatto progressi reali: ventisei Paesi della “coalizione dei volenterosi” hanno dichiarato la loro disponibilità a partecipare a una forza di rassicurazione in Ucraina o a contribuire finanziariamente in caso di cessate il fuoco.

Continueremo a sostenere ogni sforzo diplomatico per porre fine a questa guerra. Ma sappiamo tutti cosa intende la Russia per “diplomazia”. La scorsa settimana Mosca ha lanciato il più alto numero di droni e missili balistici dall’inizio del conflitto. Ieri un missile ha colpito un villaggio nel Donetsk, uccidendo oltre venti civili. E proprio oggi abbiamo assistito a una violazione sconsiderata dello spazio aereo polacco ed europeo da parte di più di dieci droni russi.

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L’Europa è pienamente solidale con la Polonia. Il messaggio di Putin è chiaro, e altrettanto chiara deve essere la nostra risposta. Serve maggiore pressione sulla Russia perché si sieda al tavolo negoziale. Servono più sanzioni. Stiamo già lavorando al 19º pacchetto, mirando in particolare a eliminare più rapidamente i combustibili fossili russi, alla cosiddetta “flotta ombra” e ai Paesi terzi che aiutano Mosca ad aggirare le restrizioni.

Al tempo stesso, dobbiamo rafforzare il sostegno all’Ucraina. L’Europa ha già contribuito con quasi 170 miliardi di euro in aiuti militari e finanziari. Ma servirà ancora di più. E non possono essere soltanto i contribuenti europei a sopportarne il peso. Questa è la guerra della Russia, e deve essere la Russia a pagare.

Per questo serve una nuova soluzione di finanziamento, basata sugli asset russi immobilizzati. Con i saldi in contanti associati a questi asset possiamo fornire all’Ucraina un prestito di riparazione. Gli asset non saranno toccati e il rischio sarà condiviso collettivamente. L’Ucraina rimborserà il prestito solo quando la Russia pagherà le riparazioni. Queste risorse aiuteranno gli ucraini oggi, ma saranno decisive anche nel medio e lungo periodo, ad esempio per finanziare forze armate ucraine forti, come prima linea delle garanzie di sicurezza.

Proporremo quindi un nuovo programma, il Qualitative Military Edge, per sostenere gli investimenti nelle capacità di difesa ucraine. Prendiamo i droni: prima della guerra, l’Ucraina non ne aveva. Oggi, l’uso dei droni è responsabile di oltre due terzi delle perdite di equipaggiamento russo. Una testimonianza della potenza dell’ingegno umano nelle società aperte. Ma la Russia sta recuperando rapidamente terreno, con il sostegno dei droni iraniani e sfruttando la forza della produzione di massa. Sabato scorso, in una sola notte, Mosca ha inviato 800 droni contro l’Ucraina.

L’ingegno ha aperto la porta alla difesa ucraina, ma la potenza industriale rischia di richiuderla. L’Europa deve usare la propria forza industriale per aiutare l’Ucraina a contrastare questa guerra dei droni, trasformando la creatività ucraina in vantaggio sul campo di battaglia e in industrializzazione congiunta.

Ecco perché posso annunciare che l’Europa anticiperà 6 miliardi di euro dal prestito ERA ed entrerà in una Drone Alliance con l’Ucraina. L’Ucraina ha l’ingegno. Ciò di cui ha bisogno è una economia di scala. E insieme possiamo fornirla—affinché l’Ucraina mantenga il proprio vantaggio e l’Europa rafforzi il suo.

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Onorevoli deputati, l’economia di guerra di Putin non si fermerà, neppure se la guerra dovesse finire. Questo significa che l’Europa deve essere pronta ad assumersi la responsabilità della propria sicurezza. Naturalmente, la NATO resterà sempre essenziale. Ma soltanto una difesa europea forte e credibile potrà garantire davvero la nostra sicurezza.

Negli ultimi anni abbiamo compiuto progressi storici nella costruzione della nostra Unione della Difesa Europea. All’inizio di quest’anno abbiamo lanciato Readiness 2030, che potrebbe mobilitare fino a 800 miliardi di euro di investimenti nella difesa. Questo include il programma SAFE, pronto a fornire 150 miliardi di euro per appalti congiunti. Diciannove Stati membri hanno già presentato domanda, e il programma è già a piena capacità. È una buona notizia.

Stiamo anche lavorando a un meccanismo che preveda un bonus per chi sostiene l’Ucraina o acquista equipaggiamento ucraino. Si tratta di assistenza finanziaria d’emergenza, che risponde a un bisogno urgente.

La settimana scorsa ho visto con i miei occhi questa urgenza visitando gli Stati membri in prima linea. Sono loro a conoscere meglio di chiunque altro la minaccia rappresentata dalla Russia. E non c’è dubbio: il fianco orientale dell’Europa protegge tutta l’Europa, dal Mar Baltico al Mar Nero. Per questo dobbiamo investire nel suo sostegno attraverso un Eastern Flank Watch.

Significa dotare l’Europa di capacità strategiche indipendenti. Dobbiamo investire nella sorveglianza spaziale in tempo reale, in modo che nessun movimento di forze passi inosservato. Dobbiamo ascoltare l’appello dei nostri amici baltici e costruire una muraglia di droni.

Questa non è un’ambizione astratta: è il fondamento di una difesa credibile. Una capacità europea sviluppata insieme, dispiegata insieme e mantenuta insieme, in grado di rispondere in tempo reale. Una capacità che non lasci alcuna ambiguità sulle nostre intenzioni: l’Europa difenderà ogni centimetro del proprio territorio.

Signore e signori, in ogni Paese che ho visitato ho ascoltato lo stesso messaggio: non c’è tempo da perdere. Al prossimo Consiglio europeo presenteremo quindi una tabella di marcia chiara: per avviare nuovi progetti comuni di difesa, per fissare obiettivi concreti al 2030 e per creare un Semestre europeo della difesa. Perché il 2030 è domani—ed è oggi che l’Europa deve prepararsi.

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Onorevoli deputati, quando parliamo di indipendenza, parliamo della possibilità di scegliere il nostro destino. È questo che l’Ucraina sta difendendo, ed è questo che tutti gli europei meritano. Perché l’Europa è un’idea: l’idea di libertà e di forza reciproca. È l’idea che ha animato la generazione del post-1989, quando Est e Ovest si sono riuniti. Ed è un’idea potente oggi come allora.

Ecco perché stiamo avvicinando i futuri Stati membri alla nostra Unione: investendo, sostenendo le riforme, integrandoli nel mercato unico. Dobbiamo mantenere la velocità di questo processo basato sul merito. Perché soltanto come un’Europa unita—anzi, riunificata—possiamo essere davvero indipendenti. Un’Unione più grande e più forte è una garanzia di sicurezza per tutti noi. E per l’Ucraina, per la Moldavia, per i Balcani occidentali: il loro futuro è nella nostra Unione. Facciamo insieme in modo che la prossima riunificazione dell’Europa diventi realtà.

Onorevoli deputati, ciò che sta accadendo a Gaza ha scosso la coscienza del mondo. Persone uccise mentre cercavano disperatamente del cibo. Madri che stringono in braccio i propri bambini senza vita. Queste immagini sono semplicemente catastrofiche. Per questo voglio iniziare con un messaggio molto chiaro: la carestia indotta dall’uomo non può mai diventare un’arma di guerra. Per i bambini, per l’umanità, questo deve finire.

Negli ultimi mesi abbiamo assistito anche a un cambiamento più sistematico, del tutto inaccettabile. Abbiamo visto il soffocamento finanziario dell’Autorità Palestinese. Abbiamo visto i piani di insediamenti nella cosiddetta area E1, che taglierebbero di fatto la Cisgiordania occupata da Gerusalemme Est. Abbiamo ascoltato azioni e dichiarazioni dei ministri più estremisti del governo israeliano, che incitano alla violenza.

Tutto questo indica chiaramente il tentativo di minare la soluzione dei due Stati, di compromettere la visione di uno Stato palestinese vitale. E non dobbiamo permettere che ciò accada.

Onorevoli deputati, mi addolora profondamente dover pronunciare queste parole. E so che, per molti cittadini, l’incapacità dell’Europa di trovare una via comune è altrettanto dolorosa. Si chiedono: quanto devono peggiorare le cose prima che ci sia unità nella risposta?

Capisco la loro frustrazione, perché ciò che accade a Gaza è inaccettabile. E perché l’Europa deve guidare la via, come ha già fatto in passato. Il nostro sostegno finanziario e il nostro aiuto umanitario superano di gran lunga quelli di qualsiasi altro partner. Il nostro impegno a favore di un’Autorità Palestinese vitale mantiene viva la prospettiva della soluzione a due Stati. Ma dobbiamo sollecitare altri, nella regione e oltre, a intervenire urgentemente.

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E certo, l’Europa deve fare di più. Molti Stati membri hanno già agito da soli. Da parte nostra, abbiamo proposto di sospendere parti del programma Horizon. Ma la decisione è bloccata, perché manca una maggioranza. Dobbiamo superare questo stallo. Non possiamo permetterci la paralisi. Ecco perché proporrò un pacchetto di misure per aprire una strada in avanti.

Primo, la Commissione farà tutto ciò che può da sola. Metteremo in sospeso il nostro sostegno bilaterale a Israele. Bloccheremo tutti i pagamenti in queste aree, senza però toccare la collaborazione con la società civile israeliana o con Yad Vashem. Secondo, presenteremo due ulteriori proposte al Consiglio: l’introduzione di sanzioni contro i ministri estremisti e contro i coloni violenti; e la sospensione parziale dell’Accordo di Associazione, per quanto riguarda le questioni commerciali.

Sono consapevole che sarà difficile trovare le maggioranze necessarie. E so che ogni azione sarà considerata troppo da alcuni e troppo poco da altri. Ma tutti dobbiamo assumerci la nostra responsabilità: Parlamento, Consiglio, Commissione.

Terzo, il mese prossimo istituiremo un Gruppo dei donatori per la Palestina, con uno strumento dedicato alla ricostruzione di Gaza. Sarà uno sforzo internazionale con i partner regionali e si baserà sull’impulso dato dalla Conferenza di New York organizzata da Francia e Arabia Saudita.

Onorevoli deputati, sono un’amica di lunga data del popolo di Israele. So quanto gli attacchi atroci del 7 ottobre da parte dei terroristi di Hamas abbiano scosso la nazione fino al profondo. Gli ostaggi sono prigionieri da più di 700 giorni—700 giorni di dolore e di sofferenza.

Non ci potrà mai essere spazio per Hamas—né ora né in futuro. Sono terroristi che vogliono distruggere Israele. E stanno infliggendo terrore anche al loro stesso popolo, tenendolo in ostaggio.

L’obiettivo dell’Europa è sempre stato lo stesso: sicurezza reale per Israele e un presente e un futuro sicuri per tutti i palestinesi. Questo significa che gli ostaggi devono essere liberati, che l’accesso agli aiuti umanitari deve essere illimitato e che deve esserci un cessate il fuoco immediato.

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Nel lungo termine, l’unico piano di pace realistico si fonda su due Stati che vivano fianco a fianco in pace e sicurezza—con un Israele sicuro, un’Autorità Palestinese vitale e la piaga di Hamas eliminata. È ciò che l’Europa ha sempre sostenuto. Ed è tempo di unirci per aiutare a realizzarlo.

Onorevoli deputati, so che il cambio di tema è netto, ma ora voglio parlare di competitività. Questo è un discorso sullo Stato dell’Unione, e la competitività è un elemento centrale della nostra Unione Europea.

L’indipendenza dell’Europa dipenderà dalla sua capacità di competere in tempi turbolenti. Abbiamo tutto ciò che serve per prosperare: il nostro mercato unico, la nostra economia sociale di mercato. Ma sappiamo che i venti contrari economici e geopolitici sono forti. E abbiamo visto come la dipendenza possa essere trasformata in arma contro di noi.

Ecco perché investiremo massicciamente in tecnologie digitali e pulite—con nuove risorse dal Fondo per la Competitività del Futuro e da un programma Horizon raddoppiato, il nostro programma per ricerca e innovazione. Inoltre, stiamo affrontando i principali colli di bottiglia evidenziati dal Rapporto Draghi: dall’energia al capitale, dagli investimenti alla semplificazione.

Abbiamo avviato dialoghi strategici con settori chiave: automotive, chimica, acciaio, farmaceutico, difesa, agricoltura. E in ogni settore il messaggio è lo stesso: per proteggere i posti di lavoro, dobbiamo rendere più facile fare impresa in Europa.

Un euro digitale, ad esempio, renderà le cose più semplici per aziende e consumatori. E i pacchetti omnibus che abbiamo presentato faranno la differenza: meno burocrazia, meno sovrapposizioni, meno regole complesse. La nostra proposta taglierà 8 miliardi di euro all’anno di costi burocratici per le imprese europee. E altri pacchetti omnibus sono in arrivo, ad esempio sulla mobilità militare o sul digitale per le imprese innovative.

Stiamo preparando il cosiddetto 28° regime e accelerando i lavori sull’Unione del risparmio e degli investimenti. Perché abbiamo molte start-up ad alto potenziale in tecnologie chiave come il quantum, l’intelligenza artificiale, le biotecnologie. Ma, man mano che crescono, la scarsa disponibilità di capitale di rischio le costringe a rivolgersi a investitori stranieri. È ricchezza e occupazione che vanno altrove. Ed è un rischio per la nostra sovranità fiscale.

Per questo la Commissione collaborerà con investitori privati a un fondo Scale-Up Europe da miliardi di euro. Servirà a finanziare importanti investimenti in imprese giovani e ad alta crescita nei settori tecnologici cruciali. Perché vogliamo che il meglio dell’Europa resti in Europa.

Onorevoli deputati, il nostro più grande patrimonio è il mercato unico. Ma sappiamo bene che è ancora incompiuto. L’FMI stima che le barriere interne al mercato unico equivalgano a una tariffa del 45% sulle merci e addirittura del 100% sui servizi. Pensate a ciò che stiamo perdendo. E, come sottolineato dal Rapporto Letta, il mercato unico resta incompleto in tre ambiti principali: finanza, energia e telecomunicazioni.

Servono scadenze politiche chiare. Ecco perché presenterò una tabella di marcia per il mercato unico fino al 2028: sul capitale, sui servizi, sull’energia, sulle telecomunicazioni, sul 28° regime, e sulla quinta libertà: conoscenza e innovazione. Perché, come dice un vecchio adagio: solo ciò che viene misurato viene realizzato.

Onorevoli deputati, tutto ciò sosterrà anche i nostri investimenti nelle tecnologie che alimenteranno la nostra economia: pulite e digitali. Prendiamo l’intelligenza artificiale. Una IA europea è essenziale per la nostra indipendenza futura. Sosterrà la nostra industria e le nostre società—nella sanità, nella difesa e oltre.

Per questo ci concentreremo sui pilastri fondamentali: dal Cloud e AI Development Act al Quantum Sandbox. Stiamo investendo massicciamente nelle gigafactory europee dell’IA. Queste strutture sosterranno le nostre start-up innovative, permettendo loro di sviluppare e mettere in campo la prossima generazione di modelli di intelligenza artificiale proprio qui in Europa.

Quando abbiamo chiesto al settore privato di unire le forze con noi, la risposta è stata straordinaria. Più tardi oggi incontrerò gli amministratori delegati di alcune delle maggiori aziende tecnologiche europee. Mi consegneranno la loro Dichiarazione europea sull’IA e la tecnologia—il loro impegno a investire nella sovranità tecnologica europea. E di questo sono profondamente grata. Perché è così che deve funzionare l’Unione Europea.

E più tardi oggi incontrerò gli amministratori delegati di alcune delle più grandi aziende tecnologiche europee. Mi consegneranno la loro Dichiarazione europea sull’IA e la tecnologia. Questo è il loro impegno a investire nella sovranità tecnologica dell’Europa. E dobbiamo adottare lo stesso approccio anche sulle tecnologie pulite – dall’acciaio alle batterie.

Il settore europeo delle tecnologie pulite deve rimanere in Europa – ed è necessario agire con urgenza. Con il Clean Industrial Deal abbiamo identificato i principali ostacoli che rallentano questi settori. Ora dobbiamo accelerare l’attuazione. Perché gli investitori vogliono sapere che, se investono, ci sarà domanda di prodotti europei puliti. Ecco perché i mercati guida devono essere al centro della nostra azione. Per innescare un circolo virtuoso. In cui sia l’offerta sia la domanda aumentano, e i prezzi diminuiscono.

Sul lato dell’offerta, lanceremo un pacchetto Battery Booster. Questo metterà a disposizione 1,8 miliardi di euro in capitale per rafforzare la produzione in Europa. Le batterie sono un fattore abilitante fondamentale di altre tecnologie pulite – in particolare i veicoli elettrici. Dunque, si tratta del cuore stesso della nostra indipendenza.

Sul lato della domanda, dobbiamo urgentemente stimolare la richiesta di leadership industriale europea nelle tecnologie pulite. Ecco perché introdurremo un criterio “Made in Europe” negli appalti pubblici. E quando investiamo nel Global Gateway, ad esempio, fissiamo forti incentivi affinché i partner acquistino europeo.

Sono convinta: il futuro delle tecnologie pulite continuerà a essere costruito in Europa. Ma per questo, dobbiamo anche assicurarci che la nostra industria disponga dei materiali qui in Europa. E l’unica risposta è creare una vera economia circolare. Dobbiamo quindi accelerare sul Circular Economy Act. E avanzare in quei settori che sono già pronti.

Infine, dobbiamo mantenere la velocità. Perciò la Commissione proporrà un Industrial Accelerator Act per i settori e le tecnologie strategiche chiave. In sintesi, quando si tratta di digitale e tecnologie pulite: più veloce, più intelligente e più europeo.

Onorevoli Membri, già oggi le fonti a basse emissioni di carbonio rappresentano oltre il 70% della nostra elettricità. Siamo leader mondiali nei brevetti per le tecnologie pulite – meglio degli Stati Uniti, e in corsa con la Cina. Stiamo recuperando rispetto al capitale di rischio statunitense per le tecnologie pulite – e siamo molto avanti rispetto alla Cina. Siamo saldamente sulla buona strada per raggiungere il nostro obiettivo 2030 di ridurre le emissioni di almeno il 55%.

Questa è la forza del Green Deal europeo. E dobbiamo mantenere la rotta sui nostri obiettivi climatici e ambientali. La scienza è chiarissima. E gli argomenti economici e di sicurezza sono altrettanto convincenti. Infatti, questa trasformazione è centrale per la nostra spinta all’indipendenza. Perché riduce la nostra dipendenza energetica. Perché la produzione circolare limita le nostre dipendenze strategiche. E perché crea industrie di punta in grado di esportare soluzioni ad altri.

Quando parlo con il Sud globale, dall’Africa all’India all’Asia centrale, cercano soluzioni. Questi sono mercati in rapida evoluzione e la partita su chi li dominerà è ancora aperta. Noi siamo coloro che possono soddisfare questa crescente domanda di soluzioni. Ma non è scontato. Ecco perché la Commissione ha proposto gli obiettivi 2040 – dieci anni dopo l’Accordo di Parigi. So che molte persone sono preoccupate per l’entità di ciò che ci attende. Ecco perché la transizione deve sostenere le persone e rafforzare l’industria.

Questo significa anche aumentare massicciamente i nostri investimenti pubblici e privati. Creare mercati guida per prodotti circolari e puliti, per generare posti di lavoro e investimenti in Europa. Garantire una transizione giusta per tutti – ad esempio con il Social Climate Fund. Assicurare condizioni di concorrenza globale eque, in particolare promuovendo la tariffazione del carbonio.

L’Europa deve proteggere le sue industrie. Stanno facendo la cosa giusta decarbonizzando. E devono essere ricompensate e incentivate. Altrimenti rischiamo di dipendere dall’importazione dell’acciaio di cui i nostri costruttori di automobili hanno bisogno, o dei fertilizzanti di cui hanno bisogno i nostri agricoltori. Saremmo alla mercé del prezzo, del volume e della qualità che altri sono disposti e in grado di fornire. Prendiamo l’acciaio e altri metalli.

La sovraccapacità globale sta comprimendo i margini e lasciando pochi incentivi a pagare un premio per la produzione pulita. Questo rende più difficile per l’industria siderurgica europea investire nella decarbonizzazione. Ecco perché la Commissione proporrà un nuovo strumento commerciale di lungo periodo per succedere alle misure di salvaguardia sull’acciaio in scadenza. L’Europa resterà sempre aperta. Ci piace la concorrenza. Ma proteggeremo sempre la nostra industria dalla concorrenza sleale.

Onorevoli Membri, quando parliamo di competitività parliamo di posti di lavoro. Parliamo di persone e dei loro mezzi di sussistenza. Quindi, in ultima analisi, i lavoratori devono essere messi in condizione di agire se vogliamo avere un’economia competitiva. Ecco perché proporremo un Quality Jobs Act. Per garantire che l’occupazione moderna sia al passo con l’economia moderna. E questo è importante perché sappiamo quanto siano stati duri questi anni per tante famiglie. Quanto i costi siano aumentati vertiginosamente. Come le persone stiano facendo sacrifici per arrivare a fine mese. Si tratta di una questione di giustizia sociale di base.

Ecco perché abbiamo urgente bisogno di una Strategia europea ambiziosa contro la povertà. Presenteremo il nostro piano per contribuire a sradicare la povertà entro il 2050. Sostenuto da una forte Garanzia per l’Infanzia per proteggere i nostri bambini dalla povertà.

Presenteremo inoltre una serie di pacchetti sull’accessibilità e sul costo della vita. Permettetemi di darvi quattro esempi significativi. Il primo è l’energia. Quando i costi dell’energia aumentano, non sono solo numeri su una bolletta. Ogni aspetto della vita delle persone ne è colpito. Così, all’apice della crisi energetica negli ultimi anni, l’Europa ha agito. E grazie a quello sforzo comune, siamo riusciti rapidamente a stabilizzare i prezzi e garantire l’approvvigionamento.

Ora siamo sulla strada verso l’indipendenza energetica. Ma le bollette energetiche restano una vera fonte di ansia per milioni di europei. E i costi sono ancora strutturalmente elevati per l’industria. Sappiamo cosa ha fatto salire i prezzi: la dipendenza dai combustibili fossili russi. È dunque giunto il momento di liberarci dei combustibili fossili russi sporchi. E sappiamo cosa fa scendere i prezzi: l’energia pulita prodotta in casa.

Dobbiamo generare più rinnovabili domestiche – con il nucleare come base. Ma dobbiamo anche modernizzare e investire urgentemente nelle nostre infrastrutture e interconnessioni. Ecco perché proporremo un nuovo Grids Package per rafforzare le nostre reti e accelerare le autorizzazioni. E insieme a questo, presento oggi una nuova iniziativa chiamata Energy Highways.

Abbiamo identificato otto colli di bottiglia critici nelle nostre infrastrutture energetiche. Dallo Stretto di Øresund al Canale di Sicilia. Ora lavoreremo per rimuovere questi colli di bottiglia uno per uno. Porteremo governi e aziende pubbliche insieme per risolvere tutte le questioni pendenti. Perché gli europei hanno bisogno di energia a prezzi accessibili ora.

Onorevoli Membri, una casa non è solo quattro mura e un tetto. È sicurezza, calore, un luogo per la famiglia e gli amici. È appartenenza. Ma per troppi europei oggi, la casa è diventata una fonte di ansia. Può significare debito o incertezza. I numeri raccontano una verità dolorosa. I prezzi delle case sono aumentati di oltre il 20% dal 2015. I permessi di costruzione sono diminuiti di oltre il 20% in cinque anni. Questa non è solo una crisi abitativa.

È una crisi sociale. Strappa il tessuto sociale dell’Europa. Indebolisce la nostra coesione. E minaccia anche la nostra competitività. Infermieri, insegnanti e pompieri non possono permettersi di vivere nei luoghi in cui prestano servizio. Gli studenti abbandonano perché non possono pagare l’affitto. I giovani rimandano a lungo la formazione di una famiglia. Ecco perché già quest’anno – dopo aver ricevuto i vostri contributi – presenteremo il primo Piano europeo per l’edilizia abitativa accessibile.

Per rendere le case più accessibili, più sostenibili e di migliore qualità. Sarà uno sforzo europeo, ancorato alle realtà locali. Abbiamo bisogno di una revisione radicale del modo in cui affrontiamo questa questione. Dobbiamo rivedere le regole sugli aiuti di Stato per consentire misure di sostegno all’edilizia abitativa. Dobbiamo rendere molto più facile costruire nuove case e residenze studentesche. E proporremo anche un’iniziativa legislativa sugli affitti a breve termine per affrontare i problemi ancora aperti. Abbiamo bisogno di tutta la società, di tutti i legislatori e di tutti gli attori coinvolti. In questo spirito, convocheremo il primo Vertice europeo sull’edilizia abitativa per assicurarci che sia in cima alla nostra agenda.

Onorevoli Membri, l’abitazione riguarda la dignità. Riguarda l’equità. E riguarda il futuro dell’Europa. Otto anni fa, il Pilastro europeo dei diritti sociali ha reso l’abitazione un diritto sociale in Europa. È tempo di trasformare questa promessa in realtà.

Il terzo esempio che vorrei evidenziare riguarda le automobili. È un pilastro della nostra economia e industria. Un orgoglio europeo. Milioni di posti di lavoro dipendono da questo settore. All’inizio di quest’anno abbiamo concesso al settore maggiore flessibilità per raggiungere i propri obiettivi del 2025. Questo sta funzionando. E, nel rispetto della neutralità tecnologica, stiamo ora preparando la revisione del 2035. E milioni di europei vogliono acquistare auto europee a prezzi accessibili.

Dobbiamo quindi investire anche in veicoli piccoli e accessibili. Sia per il mercato europeo, sia per rispondere all’impennata della domanda globale. Ecco perché proporremo di lavorare con l’industria a una nuova iniziativa per le auto piccole e accessibili. Credo che l’Europa debba avere la sua E-car. E come environmental – pulita, efficiente e leggera. E come economical – accessibile alle persone. E come European – costruita qui in Europa, con catene di approvvigionamento europee. Perché non possiamo permettere che la Cina e altri conquistino questo mercato. Comunque sia, il futuro è elettrico. E l’Europa ne farà parte.

Il futuro delle automobili – e le automobili del futuro – devono essere fatte in Europa. Onorevoli Membri, l’ultimo esempio che voglio sottolineare riguarda il cibo. In Europa, abbiamo accesso a cibo di alta qualità che i nostri straordinari agricoltori e pescatori producono a prezzi accessibili. Sono anche i custodi delle nostre terre e dei nostri oceani, della nostra biodiversità. La chiave della nostra sicurezza alimentare. Ma stanno affrontando venti contrari – dall’alto costo dei fattori produttivi alla burocrazia o alla concorrenza sleale. Stiamo intervenendo su tutti questi fronti. Abbiamo semplificato la PAC – meno burocrazia e più fiducia.

Abbiamo vincolato il sostegno al reddito nel prossimo QFP. E ci siamo assicurati che i finanziamenti possano essere integrati da fondi nazionali e regionali. Ma i nostri agricoltori hanno bisogno di una concorrenza leale e di parità di condizioni. Questo è essenziale. Ecco perché abbiamo solide clausole di salvaguardia nel nostro accordo commerciale con il Mercosur – sostenute da fondi se fosse necessario un risarcimento. Dobbiamo anche rafforzare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare.

Per troppo tempo il loro duro lavoro non è stato pagato come dovrebbe. Gli agricoltori hanno diritto a un prezzo equo per il loro cibo – e a un giusto profitto per le loro famiglie. Rivedremo l’attuazione della nostra legislazione sulle pratiche commerciali sleali. E interverremo ovunque sia necessario. E posso anche annunciare oggi che aumenteremo il nostro budget promozionale per lanciare una nuova campagna “Compra cibo europeo”. Perché possiamo dire con orgoglio che il nostro cibo europeo è il migliore al mondo.

Onorevoli Membri, quando parliamo di competitività e indipendenza dobbiamo parlare delle nostre relazioni con gli Stati Uniti. Ho sentito molte cose sull’accordo che abbiamo raggiunto quest’estate. Capisco le reazioni iniziali. Permettetemi quindi di essere il più chiaro possibile. Il nostro rapporto commerciale con gli Stati Uniti è il più importante. Esportiamo ogni anno beni per oltre 500 miliardi di euro negli Stati Uniti. Milioni di posti di lavoro dipendono da questo.

Come Presidente della Commissione, non giocherò mai d’azzardo con i posti di lavoro o i mezzi di sussistenza delle persone. Ecco perché abbiamo concluso un accordo per mantenere l’accesso al mercato per le nostre industrie. E abbiamo garantito che l’Europa ottenesse il miglior accordo possibile. Abbiamo messo le nostre aziende in una posizione di vantaggio relativo. Perché alcuni dei nostri concorrenti diretti affrontano dazi statunitensi molto più alti.

Sì, è vero che il loro punto di partenza può essere più basso. Ma se si considerano le eccezioni che abbiamo ottenuto e le tariffe aggiuntive che altri devono affrontare, abbiamo l’accordo migliore. Senza alcun dubbio. E voglio essere chiarissima su un punto: che si tratti di regolamentazione ambientale o digitale, noi fissiamo i nostri standard. Noi fissiamo le nostre regole. L’Europa deciderà sempre per sé stessa.

Onorevoli Membri, non credo nei dazi. I dazi sono tasse. Ma l’accordo fornisce una stabilità cruciale nelle nostre relazioni con gli Stati Uniti in un momento di grave insicurezza globale. Pensate alle ripercussioni di una vera e propria guerra commerciale con gli Stati Uniti. Immaginate il caos. E poi mettete quell’immagine accanto a quella proveniente dalla Cina appena la settimana scorsa. La Cina affiancata dai leader di Russia e Corea del Nord. Putin che si vanta del fatto che le relazioni Russia-Cina sono a un livello senza precedenti. Nulla di tutto ciò è una grande sorpresa. Ma riflette il paesaggio che sta cambiando. E crea due imperativi per la spinta europea all’indipendenza e per il suo posto nel mondo.

Il primo è che dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi di diversificazione e di partenariato. L’80% del nostro commercio è con Paesi diversi dagli Stati Uniti. Quindi dobbiamo capitalizzare le nuove opportunità. In un momento in cui il sistema commerciale globale sta crollando, stiamo consolidando le regole globali attraverso accordi bilaterali. Come con il Messico o con il Mercosur. O finalizzando entro la fine di quest’anno i negoziati su un accordo storico con l’India. Costruiremo anche una coalizione di Paesi affini per riformare il sistema commerciale globale – come il CPTPP. Perché il commercio ci consente di rafforzare le nostre catene di approvvigionamento. Di aprire mercati. Di ridurre le dipendenze. In definitiva, questo significa rafforzare la nostra sicurezza economica. Il mondo vuole scegliere l’Europa. E noi dobbiamo fare affari con il mondo.

Il secondo imperativo è che l’Europa deve farsi avanti là dove altri hanno fatto un passo indietro. Prendiamo la ricerca. La scienza non ha passaporto, né genere, né etnia, né colore politico. È uno dei beni globali più preziosi. Ecco perché la Commissione ha annunciato un pacchetto Choose Europe da 500 milioni di euro per attrarre e trattenere i migliori scienziati e ricercatori. E l’Europa deve anche assumere la leadership sulla salute globale. Siamo sull’orlo – o addirittura già all’inizio – di un’altra crisi sanitaria globale. Come medico di formazione, sono inorridita dalla disinformazione che minaccia i progressi globali su tutto, dal morbillo alla poliomielite. Ecco perché oggi posso annunciare che l’UE guiderà una nuova Iniziativa per la Resilienza Sanitaria Globale. Perché il mondo guarda all’Europa – e l’Europa è pronta a guidare.

Onorevoli Membri, l’indipendenza dell’Europa riguarda la protezione delle nostre libertà. La libertà di decidere. Di esprimersi. Di muoversi in tutto un continente. La libertà di votare. Di amare. Di pregare. Di vivere in un’Unione di uguaglianza. La nostra democrazia e lo Stato di diritto sono i garanti di queste libertà. Ecco perché abbiamo fatto così tanto per rafforzare i nostri strumenti e aumentare l’applicazione delle regole. Abbiamo costruito un nuovo ciclo sullo Stato di diritto che assicura che i problemi vengano rilevati presto e risolti tramite il dialogo. Abbiamo bisogno di un ciclo annuale integrato sullo Stato di diritto – un ritmo comune, tappe chiare e contributi da tutte le istituzioni. E il nostro obiettivo deve essere quello di chiudere le falle esistenti. Abbiamo rafforzato il legame tra fondi e rispetto dello Stato di diritto. E con il prossimo bilancio a lungo termine andremo ancora oltre. Il rispetto dello Stato di diritto è una condizione imprescindibile per i fondi UE. Ora e in futuro.

La nostra democrazia è sotto attacco. L’aumento della manipolazione delle informazioni e della disinformazione sta dividendo le nostre società. Non solo erode la fiducia nella verità – ma anche nella democrazia stessa. Ecco perché abbiamo urgente bisogno dello Scudo europeo per la democrazia. Abbiamo bisogno di maggiore capacità di monitorare e individuare la manipolazione e la disinformazione. Per questo istituiremo un nuovo Centro europeo per la resilienza democratica. Questo riunirà tutte le competenze e le capacità tra Stati membri e Paesi vicini.

Onorevoli Membri, in alcune comunità europee, i media tradizionali sono in difficoltà. In molte zone rurali, i giorni in cui si usciva per comprare un giornale locale sono ormai un ricordo nostalgico. Ciò ha creato molti deserti dell’informazione in cui prospera la disinformazione. Ed è molto pericoloso per la nostra democrazia. Perché cittadini informati, che possano fidarsi di ciò che leggono e ascoltano, sono essenziali per tenere sotto controllo chi detiene il potere. E quando i media indipendenti vengono smantellati o neutralizzati, la nostra capacità di monitorare la corruzione e preservare la democrazia è gravemente indebolita. Per questo il primo passo nel manuale di un autocrate è sempre quello di catturare i media indipendenti. Perché questo permette che l’arretramento democratico e la corruzione avvengano nell’ombra.

Dobbiamo quindi fare di più per proteggere i nostri media e la stampa indipendente. Ecco perché lanceremo un nuovo Programma per la resilienza dei media – che sosterrà il giornalismo indipendente e l’alfabetizzazione mediatica. Ma dobbiamo anche investire per affrontare alcune delle cause profonde di questa tendenza. Ecco perché nel prossimo bilancio abbiamo proposto di aumentare significativamente i fondi per i media. Dobbiamo anche consentire il ricorso al capitale privato. Pertanto useremo i nostri strumenti per sostenere i media indipendenti e locali. Una stampa libera è la spina dorsale di ogni democrazia. E sosterremo la stampa europea affinché rimanga libera.

Onorevoli Membri, lo stesso vale per i social media. Hanno tanti benefici nel connettere le persone. Ma vorrei sollevare un tema specifico. Ed è l’effetto di dare ai nostri bambini un accesso illimitato ai social media. Come madre di sette figli e nonna di quattro, sento l’ansia dei genitori che fanno del loro meglio per mantenere i propri figli al sicuro. Questi genitori temono che, quando i loro figli prendono in mano un telefono, possano essere esposti a pericoli di ogni tipo, semplicemente scorrendo lo schermo. Bullismo online. Contenuti per adulti. Incoraggiamento all’autolesionismo. E algoritmi che sfruttano le vulnerabilità dei bambini con lo scopo esplicito di creare dipendenze.

Troppo spesso mamme e papà si sentono impotenti e senza speranza. Come se stessero affogando sotto lo tsunami del Big Tech che invade le loro case. Credo fermamente che debbano essere i genitori, e non gli algoritmi, ad educare i nostri figli. La loro voce deve essere ascoltata. Ecco perché oggi sono qui per dirvi che sto ascoltando. Così come ai miei tempi – noi, come società – insegnavamo ai nostri figli che non potevano fumare, bere o guardare contenuti per adulti fino a una certa età.

Onorevoli Membri, proteggere la nostra democrazia è il nostro compito più importante. Ma per farlo dobbiamo anche dimostrare che la democrazia offre soluzioni alle legittime preoccupazioni delle persone. Da nessuna parte questo è più evidente che nella migrazione. Ecco perché abbiamo proposto di triplicare i fondi per la gestione della migrazione e delle frontiere nel prossimo bilancio, così da poter gestire efficacemente la migrazione e proteggere le nostre frontiere esterne.

Ma è chiaro che serve di più. I cittadini in Europa hanno dimostrato di essere pronti ad aiutare chi fugge dalla guerra e dalla persecuzione. Ma cresce la frustrazione quando hanno l’impressione che le nostre regole non vengano rispettate. Ecco perché dobbiamo rafforzare i nostri sforzi. Abbiamo bisogno di un sistema che sia umano, ma non ingenuo. Dobbiamo rendere effettivo il ritorno nei Paesi d’origine di chi non ha diritto all’asilo. Non è possibile che solo il 20% di coloro che non possono restare lasci effettivamente l’Europa.

Abbiamo dunque bisogno di un rapido accordo sul Sistema europeo comune di rimpatrio. Non possiamo più perdere tempo. E dobbiamo anche assicurarci di attuare pienamente il Patto su migrazione e asilo non appena entrerà in vigore. È severo, ma equo. E funzionerà solo se tutti faranno la loro parte. Stati membri del Nord come del Sud, dell’Est come dell’Ovest.

Naturalmente rispetteremo sempre i nostri obblighi internazionali. Ma spetta a noi in Europa decidere chi viene da noi e a quali condizioni, non ai trafficanti e agli scafisti. Loro guadagnano milioni e milioni con promesse ciniche, false e mortali. Ecco perché dobbiamo distruggere il loro modello di business.

I numeri stanno calando complessivamente, ma sono ancora troppi quelli che tentano di attraversare illegalmente le frontiere o che muoiono lungo il cammino. Dobbiamo collaborare con le piattaforme social per fermare la pianificazione e la pubblicità online delle operazioni dei trafficanti. Dobbiamo cooperare più strettamente con le compagnie aeree, in particolare sulle rotte problematiche come quelle verso la Bielorussia.

E solo seguendo la pista del denaro possiamo rintracciare le reti criminali ed esaurire le loro fonti di finanziamento. Abbiamo bisogno di un nuovo regime di sanzioni che prenda di mira trafficanti e sfruttatori, per congelare i loro beni, limitare i loro movimenti e tagliare i loro profitti. Il traffico di esseri umani è un’attività crudele e criminale, e nessun trafficante o scafista deve restare impunito in Europa.

Il punto che voglio sottolineare è semplice. Se è importante per gli europei, è importante per l’Europa. Questo è il nostro dovere permanente. Quest’estate, tutti abbiamo visto le immagini delle foreste e dei villaggi d’Europa in fiamme. Più di un milione di ettari sono bruciati, un’area pari a circa un terzo del Belgio. La portata dei danni è enorme. E sappiamo che non si tratta di un episodio isolato. Il cambiamento climatico rende ogni estate più calda, più dura e più pericolosa. Ecco perché dobbiamo intensificare radicalmente i nostri sforzi per la resilienza e l’adattamento climatico e per le soluzioni basate sulla natura. Ma dobbiamo anche darci gli strumenti per reagire. Ecco perché proporremo la creazione di un nuovo centro europeo di lotta agli incendi con sede a Cipro, che potrà anche sostenere i nostri vicini regionali.

Sappiamo quale differenza può fare il nostro Meccanismo di protezione civile. Durante l’estate, 760 coraggiosi europei sono stati inviati in ogni angolo del continente, letteralmente correndo incontro alle fiamme. Vorrei concludere il mio intervento con un omaggio a loro – i vigili del fuoco, i piloti, gli equipaggi, tutti coloro che hanno risposto all’appello. Vorrei raccontarvi la storia di un gruppo di 20 ranger greci, specialisti nello domare i più violenti incendi boschivi. Quando gli incendi sono scoppiati nelle Asturie, la Spagna ha chiesto il sostegno dell’Europa e la Grecia ha risposto all’appello. Le fiamme erano così vaste che il fumo si poteva vedere dallo spazio. Ma per cinque giorni i 20 ranger greci hanno combattuto fianco a fianco con i loro colleghi spagnoli. Quando le fiamme si sono avvicinate al villaggio di Genestoso, hanno lottato giorno e notte per contenere l’inferno. E alla fine – insieme – hanno domato l’incendio, e il villaggio è stato salvato.

Onorevoli Membri, è per me un grande onore dare oggi il benvenuto a uno di questi eroi. Il capo della squadra greca, il tenente Nikolaos Paisios. Tenente, caro Nikolaos, il suo coraggio è un’ispirazione per tutti noi. Per la sua forza, il suo impegno e la sua straordinaria leadership: ευχαριστώ – a lei e alla sua squadra di eroi europei.

Onorevoli Membri, questa è l’Europa come comunità unita. Questa è l’Europa che amo. Questa è l’Europa che dobbiamo proteggere a tutti i costi. E dobbiamo farlo insieme. Voglio lavorare con quest’Aula e con tutte le forze democratiche pro-europee per offrire risultati agli europei. Sto preparando pacchetti legislativi per dare più forza a questa maggioranza pro-europea. E sono molto lieta, cara Roberta, che siamo riusciti a rinnovare l’Accordo quadro tra Commissione e Parlamento. Questo non farà che rafforzare la nostra cooperazione. E ci consentirà di lavorare alle vere riforme di cui abbiamo bisogno.

Perché sostengo il diritto d’iniziativa del Parlamento europeo. E credo che dobbiamo passare al voto a maggioranza qualificata in alcuni ambiti, ad esempio nella politica estera. È ora di liberarci dalle catene dell’unanimità. Il punto è che dobbiamo assicurarci che la nostra Unione sia più veloce e in grado di dare risposte agli europei. Perché è così che possiamo vincere questa battaglia insieme. Per realizzare i momenti di indipendenza dell’Europa.

E ricordiamo che abbiamo sempre dovuto lottare per le nostre libertà. Dalla generazione che ha combattuto corpo a corpo in tutto il nostro continente, alla stampa clandestina che ha tenuto viva la fiamma della libertà nell’Europa centrale e orientale durante la Guerra fredda, o ai Fratelli della Foresta nei Paesi baltici che hanno resistito all’oppressione sovietica a ogni passo. Questa lotta, questo impegno, è profondamente radicato in ciò che siamo come europei. Ottant’anni fa il nostro continente era un inferno sulla terra. Quarant’anni fa il nostro continente era diviso da un muro. Ma in ogni occasione gli europei hanno deciso di lottare per un futuro migliore, per rendere se stessi uniti e per rendere l’insieme più forte.

E questo è ciò per cui mi impegnerò ogni singolo giorno. Viva l’Europa.



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