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ho i diritti del consumatore?


Se fai da garante per il prestito di una impresa, sei considerato un consumatore e hai diritto alle relative tutele? Secondo la Cassazione, conta lo scopo personale, non l’attività dell’azienda garantita.

Tuo figlio avvia una startup, un tuo caro amico espande la sua piccola impresa, un parente ha bisogno di un finanziamento per la sua attività. La banca, per concedere il prestito, chiede una garanzia personale, e tu, per affetto e per fiducia, decidi di firmare una fideiussione. È un gesto di grande generosità, che però ti espone a rischi enormi. Ma in questa situazione, di fronte alla banca, sei considerato un semplice garante o hai delle tutele in più? E, soprattutto, per una fideiussione concessa a una società, hai i diritti del consumatore? La risposta, che arriva da un orientamento sempre più consolidato della giustizia europea e che è stata recentemente ribadita da una fondamentale ordinanza della Corte di Cassazione (la n. 18834, depositata il 10 luglio 2025), è un deciso sì. La tua qualifica di consumatore dipende dal motivo per cui firmi tu, non dall’attività svolta da chi stai garantendo.

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Perché è così importante essere qualificati come “consumatore”?

Nel diritto italiano, il “consumatore” è la persona fisica che agisce per scopi estranei alla propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale. È considerato la “parte debole” del contratto e, per questo, gode di una serie di tutele speciali, previste dal Codice del Consumo. La più importante è quella contro le clausole vessatorie: quelle clausole, spesso presenti nei contratti bancari, che creano un forte squilibrio di diritti e doveri a suo svantaggio e che, se non negoziate individualmente, sono considerate nulle. Un’altra tutela fondamentale è quella del “foro del consumatore”, che permette di fare causa nel tribunale della propria città di residenza.

Non solo. La Corte di Giustizia Ue e le Sezioni Unite della Cassazione hanno precisato che al garante-consumatore deve essere concessa la proporre opposizione all’esecuzione forzata dell’immobile all’asta anche se ha fatto scadere i termini per fare opposizione al precedente decreto ingiuntivo. Il che significa un blocco della procedura di espropriazione. Leggi sul punto:

Casa all’asta per clausole abusive: la Corte UE ferma le banche.

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Se garantisco per un’azienda, non sto agendo per scopi commerciali?

Per anni, si è seguita una visione “ormai superata”, secondo cui la natura della garanzia dipendeva da quella del debito principale: se il debitore era un’impresa, anche il garante veniva considerato un “operatore economico”.

Oggi, questo approccio è stato abbandonato. Per stabilire se sei un consumatore, il giudice deve guardare esclusivamente al contratto di fideiussione e alla tua posizione, senza considerare il contratto principale di mutuo.

Il criterio è la “finalità” della tua azione. Sei considerato un consumatore se stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla tua attività professionale.

Cosa si intende per “finalità estranee”?

La “finalità estranea” (per la quale sei considerato un consumatore) si ha quando il tuo gesto è dettato da ragioni personali, affettive o familiari. Non stai firmando come parte del tuo lavoro, ma come privato cittadino.

Sei un medico e firmi una fideiussione per aiutare tuo figlio, che fa l’ingegnere, a ottenere un prestito per la sua società di ingegneria. La tua garanzia è dettata da un legame familiare, è totalmente estranea alla tua professione di medico. In questo caso, sei a tutti gli effetti un consumatore e hai diritto a tutte le tutele.

Gli atti strumentali (per i quali non sei considerato un consumatore) si hanno quando la garanzia, anche se firmata da te come persona fisica, è strettamente funzionale allo svolgimento della tua attività professionale o imprenditoriale.

Sei l’amministratore e socio di maggioranza di una S.r.l. e firmi una fideiussione personale per permettere alla tua stessa società di ottenere un finanziamento. In questo caso, la garanzia non è un atto personale, ma è direttamente e strettamente collegata alla tua attività imprenditoriale. Non sei un consumatore.

Il caso deciso dalla Cassazione: i fideiussori e il mutuo fondiario

L’ordinanza n. 18834/2025 nasce da un caso concreto.

Due persone fisiche avevano firmato una fideiussione a garanzia di un mutuo fondiario concesso a una società, che è poi fallita. La banca ha chiesto ai due garanti il pagamento di oltre 533.000 euro.

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I due fideiussori si sono opposti, sostenendo di dover essere considerati dei “consumatori” e che, di conseguenza, alcune clausole del contratto di fideiussione erano vessatorie e nulle.

La Suprema Corte ha dato loro ragione. Ha stabilito che, per valutare la loro qualifica di consumatori, era irrilevante che il debitore principale fosse un’impresa commerciale. Ciò che contava era che loro avessero firmato la garanzia per scopi personali, non come atto espressivo della loro eventuale professione. Ha quindi cassato la sentenza d’appello e ha rinviato la causa a un nuovo giudice, che dovrà riesaminare il contratto alla luce delle tutele previste per i consumatori.

Ma se firmo la fideiussione davanti a un notaio, la clausola vessatoria diventa valida?

Spesso si pensa che la stipula di un contratto per atto pubblico, davanti a un notaio, “sanifichi” ogni clausola, rendendola inattaccabile. Non è così, specialmente quando si tratta di tutelare un consumatore.

La Corte ha spiegato che l’intervento del notaio ha il compito di verificare la legalità dell’atto e di renderne chiaro il contenuto alle parti, ma non implica automaticamente che su ogni singola clausola ci sia stata una vera trattativa.

Una clausola vessatoria, come quella che esclude la possibilità per il garante di opporre eccezioni, può essere frutto di una “imposizione unilaterale” da parte della banca, anche se inserita in un atto notarile. Il testo è spesso uno standard predisposto dalla banca, che il cliente può solo accettare o rifiutare in blocco.

Chi deve provare che c’è stata una vera trattativa sulla clausola?

Se una clausola è potenzialmente vessatoria, non sei tu a dover dimostrare di non averla negoziata. È il professionista (la banca) che ha l’onere di provare che su quella specifica clausola c’è stata una trattativa “individuale, seria ed effettiva”. Deve dimostrare, in pratica, che tu non hai subito passivamente quella clausola, ma che l’hai discussa e accettata consapevolmente, magari in cambio di altre condizioni più favorevoli. È una prova molto difficile da fornire per la banca.



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