Da un lato la promessa di una Data Economy che in Italia potrebbe superare i 200 miliardi di euro entro il 2030, dall’altro l’incubo di un fabbisogno elettrico fuori controllo. L’espansione dei data center nel nostro Paese è un fenomeno a due facce, un’opportunità di competitività industriale intrecciata a una sfida energetica senza precedenti. A metterlo in chiaro sono i numeri del position paper “L’Italia dei data center. Energia, efficienza, sostenibilità per la transizione digitale“, realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con la life company A2A e presentato durante il Forum di Cernobbio 2025. Lo studio non si limita a fotografare la crescita, ma delinea un percorso per trasformare un potenziale problema in una risorsa strategica, a patto che politica e industria agiscano in sinergia.
In uno scenario di massimo sviluppo il consumo energetico di queste infrastrutture potrebbe infatti assorbire fino al 12,7% del totale nazionale al 2035, contro l’attuale 1,9%. Una cifra che impone una riflessione sistemica e non più rimandabile.
Un’espansione (s)misurata in gigawatt
Per comprendere la portata del fenomeno, basta guardare alle richieste di connessione alla rete di alta tensione gestite da Terna: passate da appena 0,1 GW nel 2019 a oltre 55 GW nei primi otto mesi del 2025. Una domanda che si concentra per quasi l’80% nel Nord Italia e che vede la Lombardia come epicentro. Attualmente l’Italia ospita 168 data center, posizionandosi al tredicesimo posto mondiale, ma è la dinamica di crescita a essere significativa. Mentre gli hub storici europei – Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Dublino (FLAPD) – mostrano segni di saturazione, l’Italia attira investimenti. Milano, con 238 MW di potenza installata, concentra già il 46% del totale nazionale, superando mercati emergenti come Madrid e Zurigo.
Questa corsa è alimentata dall’adozione di tecnologie come cloud, IoT e intelligenza artificiale, che hanno fatto lievitare il valore della Data Economy italiana a 60,6 miliardi di euro nel 2024. Se il Paese riuscisse ad allinearsi ai best performer europei, questo valore potrebbe quasi quadruplicare entro il 2030. Un potenziale di crescita che, secondo le stime dello studio, potrebbe contribuire fino al 15% della crescita annua del PIL nazionale e abilitare fino a 150 mila nuovi posti di lavoro tra diretti, indiretti e indotti.
La politica insegue il fenomeno
L’esperienza internazionale, come i casi di Irlanda e Virginia citati nel report, insegna che una crescita non pianificata può portare a criticità energetiche, ambientali e a tensioni con le comunità locali. La politica italiana sembra aver colto l’urgenza. Nel corso del 2024 sono state presentate diverse proposte di legge per semplificare le autorizzazioni e riconoscere i data center come opere strategiche. Più di recente, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha lanciato una consultazione pubblica per definire una strategia nazionale capace di attrarre investimenti in modo ordinato e sostenibile.
L’obiettivo è duplice: da un lato non perdere il treno della competitività digitale, dall’altro evitare che lo sviluppo avvenga a discapito delle risorse e del territorio. Un equilibrio delicato che richiede una governance chiara e strumenti di pianificazione integrata, come quelli che la Regione Lombardia e la Città Metropolitana di Milano stanno iniziando a implementare.
Da problema a risorsa: il data center come hub di circolarità
La vera novità proposta dallo studio A2A-TEHA è il cambio di paradigma: il data center non più come un mero consumatore passivo di energia, ma come un protagonista attivo della transizione ecologica. Questo approccio si basa su quattro leve strategiche immediatamente dispiegabili.
La prima e più impattante è il recupero del calore di scarto. I server generano un’enorme quantità di energia termica che, invece di essere dispersa, può essere immessa nelle reti di teleriscaldamento. Nello scenario di pieno sviluppo, questa soluzione potrebbe soddisfare il fabbisogno di 800 mila famiglie italiane, evitando l’emissione di 2 milioni di tonnellate di CO₂ all’anno. Non è un’ipotesi futuribile: A2A lo sta già facendo a Brescia con il data center Qarnot nella centrale Lamarmora e si appresta a replicare a Milano con il progetto “Avalon 3”, che dal 2026 fornirà oltre 15 GWh di energia termica alla rete cittadina.
La seconda leva è l’utilizzo di aree industriali dismesse (brownfield). La mappatura di TEHA ha individuato in Italia 3,7 milioni di metri quadri di siti idonei, che permetterebbero di installare oltre 3,5 GW di potenza IT senza consumare suolo vergine. Un approccio che preserverebbe un’area verde pari a 84 campi da calcio e accelererebbe i tempi di connessione alla rete, sfruttando allacciamenti preesistenti.
Seguono i Power Purchase Agreements (PPA), contratti di fornitura a lungo termine che garantiscono l’approvvigionamento da fonti rinnovabili, incentivando allo stesso tempo la costruzione di nuova capacità green. Infine, la valorizzazione dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE), che potrebbe generare una filiera nazionale del riciclo dal valore di 133 milioni di euro all’anno.
Una simbiosi industriale per la competitività
L’applicazione integrata di queste leve, secondo lo studio, porterebbe a un risparmio complessivo di 5,7 milioni di tonnellate di CO₂ annue, con un beneficio economico associato di circa 1,7 miliardi di euro. “Vediamo un’evidente simbiosi mutualistica tra i player che sviluppano data center e il mondo della nostra industria”, ha dichiarato Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato di A2A. “Simbiosi che, se ben studiata, può rendere più sostenibile la sfida del digitale, ormai inarrestabile”.
Affrontare la “grande abbuffata energetica” dei data center non significa quindi demonizzare lo sviluppo digitale, ma governarlo con una visione industriale di lungo periodo. Trasformare queste cattedrali di silicio in nodi di un sistema energetico circolare è la chiave per garantire che la transizione digitale e quella ecologica procedano di pari passo, rafforzando la competitività del sistema-Paese.
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