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Genova dice sì al forno elettrico a Cornigliano


Genova. Sì al forno elettrico per l’ex Ilva di Cornigliano. Ad alimentare la fumata bianca sono Comune di Genova e Regione Liguria, insieme a esponenti delle forze politiche, sindacati e categorie economiche, al termine della lunga giornata di incontri in prefettura col ministro delle Imprese Adolfo Urso in prefettura. Anche la sindaca Silvia Salis, che finora non aveva preso una posizione netta, ha sciolto le riserve. Tutti d’accordo, insomma, tranne il fronte dei comitati (presenti solo in parte al tavolo di oggi) che vedono come un incubo il ritorno della produzione a caldo nella delegazione del Ponente.

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“Abbiamo registrato un ampio consenso delle forze politiche delle degli enti locali, della Regione, del Comune, di tutti gli attori istituzionali e certamente anche del sindacato e dell’impresa, affinché ci sia un rilancio della siderurgia nel polo di Cornigliano e con gli stabilimenti collegati di Novi Ligure e di Racconigi attraverso l’utilizzo dei forni elettrici e quindi della tecnologia green, come è previsto nel nostro piano di piena decarbonizzazione”, annuncia Urso.

Il forno elettrico a Genova, chiarisce il ministro, non è una condizione imprescindibile ma “un’opportunità che può essere data agli investitori a fronte del fatto e della consapevolezza che a Taranto sono previsti al massimo tre forni elettrici per una capacità complessiva certificata dal rilascio dell’Aia di 6 milioni di tonnellate”. In sostanza il sito pugliese non potrà comunque produrre di più. “Occorre poi comprendere, ma questo lo sapremo soltanto dopo il 15 settembre, quando saranno presentate le manifestazioni di interesse, se c’è qualche investitore che intende produrre più di 6 milioni di tonnellate o se ci sono possibilità per investitori che condividono gli stabilimenti“.

Urso, arrivato a Genova in tarda mattinata, ha incontrato prima Bucci e Salis con parlamentari, consiglieri e assessori. Poi il tavolo coi sindacati (Cgil, Cisl, Uil, Usb e le relative sigle di categoria), che si erano avvicinati in corteo, e i rappresentanti del mondo economico. Infine associazioni e comitati, che però si sono spaccati sulla scelta di dialogare oggi col ministro. Il comitato No forno elettrico, assente in prefettura, ha organizzato una manifestazione giovedì a Cornigliano.

Bucci: “Investimento da 1,3 miliardi, si liberano 300mila metri quadrati”

“Abbiamo trovato un sostanziale consenso da parte di tutti quelli che abbiamo intervistato – conferma il governatore Marco Bucci -. Abbiamo fatto vedere quelle che sono le opinioni della nostra amministrazione, sia comunale che regionale, e c’è un sostanziale consenso nell’andare avanti con una disponibilità di Genova per un impianto di forno elettrico e treno a coils per poter arrivare col materiale pronto per la produrre la latta e lo zincato. Questo sarebbe un investimento di circa 1 miliardo 300 milioni che viene a Genova e porta ovviamente un aumento del numero di posti di lavoro, adesso è presto per indicare quanti, però parliamo di centinaia. Inoltre con questo impianto si libererebbero 300mila metri quadrati delle aree che potrebbero essere utilizzate ovviamente per altre attività industriali. C’è un sostanziale consenso su questo e questo a me  personalmente fa molto piacere perché vuol dire che Genova punta a essere ancora uno dei player principali per quanto riguarda l’industrializzazione e l’acciaio”.

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Salis: “Mai avuto preclusioni, l’unica paura riguarda gli investimenti”

Io non ho mai mostrato preclusioni a questo progetto – esordisce la sindaca Salis -. È chiaro che c’era da approfondire una serie di temi di ricaduta occupazionale e ambientale. Va fatto un discorso un po’ più ampio. C’è una grande crisi dell’acciaio in Europa, arriva da Cina e India acciaio a bassissimo prezzo. Questo mette in crisi un mercato che è già molto in difficoltà per le normative europee, che nella conversione degli impianti impongono delle degli standard molto costosi. È un errore perdere la filiera dell’acciaio, è un grande errore: un Paese che perde industria è un Paese che perde potere e posizionamento”.

Dunque tutti i dubbi che aveva all’inizio sono stati chiariti? “L’unico dubbio che rimane realmente – riflette Salis – è sugli investimenti perché ad oggi non c’è non c’è nessuna certezza su questo. La paura più grande è che questa gara vada deserta, cioè che non ci sia un interesse per Genova. Questa è la cosa che veramente ci preoccupa”.

Un miliardo e 300 milioni di euro, come ricorda Bucci. Ma chi ci metterà i soldi? “Sono ovviamente gli investitori, i soggetti che presentano il piano industriale con la manifestazione di interesse – risponde Urso -. Noi abbiamo destinato agli investitori nel campo della siderurgia 750 milioni di euro per tutto il complesso, già destinati agli investimenti che non ha mai realizzato Mittal. Ove gli investitori possono avessero progetti più significativi, è sempre possibile utilizzare ulteriori risorse attraverso i dati di sviluppo in Italia rispetto delle regole europee, perché la densità degli incentivi cambia se l’investimento è fatto a Genova piuttosto che a Taranto e le regole europee limitano la partecipazione di investimento pubblico a un investimento pubblico. Siamo disponibili a fare la nostra parte fronte di un investimento privato particolarmente sfidante”.

Salis ai comitati: “Capisco la rabbia, ma io devo pensare anche al lavoro”

Però una parte della città, soprattutto a Cornigliano, non vuole il forno elettrico. “A quelli che erano qui ho detto che come istituzione devo raccogliere il loro dissenso e capisco la loro rabbia per quello che è successo nei decenni a Cornigliano – replica la sindaca -. Però sono passati appunto decenni, la tecnologia è cambiata, abbiamo rassicurazioni dal punto di vista di ricaduta ambientale e con delle basi scientifiche molto solide. Loro sono venuti dicendomi: noi ci dobbiamo preoccupare delle ricadute sociali e ambientali e non di quelle industriali e occupazionali. Io ho detto: capisco questo punto, però capite anche il mio, io mi devo occupare di entrambi e quindi è anche in base a questo che bisogna prendere una decisione finale“.

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Urso: “Possibili proposte diverse ma non lo spezzatino”

“L’aggiornamento della gara che abbiamo fatto agli inizi di agosto – ribadisce Urso – prevede in via preferenziale il mantenimento dell’unità degli stabilimenti dell’ex Ilva o, in via subordinata, di valutare eventuali proposte diverse che possono riguardare l’una l’area di Taranto e l’altra l’area del Nord, ma non lo spezzatino“. Il bando “prevede in via subordinata di esaminare due proposte compatibili tra loro, l’una per l’area sud, l’altra per l’area nord, se le due proposte nel complesso sono, sia per quanto riguarda la produzione sia per quanto riguarda soprattutto l’occupazione, migliorative rispetto all’unica proposta”.

Il nodo dell’impianto Dri: non a Genova, ma a Taranto o Gioia Tauro

Raggiunto l’accordo politico sul forno elettrico a Genova, resta da capire dove verrà costruito l’impianto Dri (il cosiddetto pre-ridotto) necessario ad alimentare tutti i forni, anche quelli futuri di Taranto, per realizzare acciaio di qualità. “Ove fossero alimentati, come accade nei 34 forni elettrici che oggi sono in produzione in 29 località italiane, dal rottame ferroso – ricorda Urso – non sarebbe un acciaio utile per l’industria dell’auto, dell’elettrodomestico, per l’industria conserviera, per l’industria dello spazio, per l’industria della difesa, per l’industria del sistema ferroviario.

Urso conferma che l’ipotesi di realizzare a Genova il Dri (con annessa nave rigassificatrice) è stata definitivamente esclusa per l’interferenza col cono aereo dell’aeroporto Cristoforo Colombo.

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Noi abbiamo ipotizzato che il polo del preridotto sia localizzato a Taranto, sia perché immediatamente in corrispondenza dei forni elettrici, sia perché assorbirebbe gran parte dell’occupazione che non potrebbe essere assorbita dagli stabilimenti siderurgici, dato che siamo consapevoli tutti la densità di occupazione di un forno elettrico è molto inferiore a quello di un forno a caldo. Ove Taranto non desse l’autorizzazione all’approdo temporaneo di una nave rigassificatrice, assolutamente fondamentale per realizzare il polo del preridotto, dovremo trarne le conseguenze e realizzarlo altrove”.

Una possibile sede alternativa rimane Gioia Tauro. “Infatti – prosegue Urso – mi incontrerò giovedì col governatore Occhiuto per trarre le conclusioni del comitato tecnico che è stato insediato prima della pausa estiva per accertare la fattibilità del polo del Dri a Gioia Tauro in alternativa a Taranto”.

Per l’impianto Dri, che sarà realizzato da una società partecipata al 100% da Invitalia, è a disposizione “un miliardo di euro dal fondo di coesione nazionale, quindi destinato al Mezzogiorno – ricorda Urso -. Per questo i Dri comunque devono essere fatti il Mezzogiorno. Quindi noi, sulla base delle richieste degli investitori, programmeremo la realizzazione degli impianti di Dri a partire dal miliardo di euro che ha già in dotazione la società Dri d’Italia. Se servono altre risorse perché si pensano di realizzare più Dri, in quel caso il nostro impegno è utilizzare le risorse del nuovo nuovo piano settennale per il fondo di coesione nazionale che 2028-2035″. A meno che non si realizzi uno scenario alternativo: “Possono esserci soggetti che ritengono di avere il loro preridotto realizzato all’estero o parzialmente realizzato all’estero.

Ex Ilva, i tempi dell’operazione: “Impianti assegnati nella prima parte del 2026”

“Se tutto andrà come speriamo, ma dipende molto dalle scelte del Comune di Taranto, si potranno assegnare gli impianti ai nuovi investitori privati nella prima parte del prossimo anno – spiega Urso -. I tempi sono molto sfidanti. Le manifestazioni di interesse devono essere espresse entro il 15 settembre. A quel punto avremo, con le manifestazioni di interesse, anche le prospettive industriali dei singoli piani. I commissari cominceranno il lavoro di negoziato coi vari attori per migliorare le proposte, per poter capire esattamente di cosa abbiano bisogno, quale potrebbe essere l’impegno dello Stato nei singoli casi. Prevedo che questa seconda fase si possa concludere entro fine novembre, poi inizia una terza fase che è quella delle procedure per l’antitrust europeo, e delle procedure per l’esercizio della Golden Power nazionale. Queste procedure impiegheranno almeno tre mesi”. Dopo l’assegnazione degli impianti “potremmo passare alla fase degli accordi di programma con gli investitori, o l’investitore e gli enti locali, che, come usuale nelle nostre trattative, sarà fatto anche con un confronto con le organizzazioni sindacali. L’accordo di programma poi stabilirà attraverso le sue misure tutto quello che è necessario sapere perché i piani industriali vengano realizzati”.

Ex Ilva, il progetto per le aree di Cornigliano

Il forno elettrico di Cornigliano occuperebbe la zona dell’ex centrale termoelettrica oggi abbandonata, nei pressi della foce del Polcevera e della portineria della fabbrica. Si ipotizza un’estensione di circa 70mila metri quadrati. Insieme al forno dovrebbe costruire a Genova un impianto di laminazione a caldo in grado di produrre acciaio utilizzando rottami ferrosi. La riorganizzazione delle aree contempla anche un’area di 72mila metri quadrati per i rotoli laminati a caldo e un nuovo capannone di 19.500 metri quadrati.

ex ilva progetto forno elettrico cornigliano

Oggi a Genova le linee di laminazione a freddo – che comprendono decapato, zincato, banda stagnata e cromata – vengono alimentate esclusivamente coi rotoli che arrivano da Taranto. Col nuovo assetto decarbonizzato, lo stabilimento di Cornigliano sarebbe del tutto indipendente e rifornirebbe pure la fabbrica di Novi Ligure, dove si producono anche alluminato ed elettrozincato. I coil imbarcati in Puglia continuerebbero a servire i tubifici di Racconigi, Socova e Salerno.

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