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due economisti di sinistra, due visioni opposte


Si sta alzando di molti decibel lo scontro tra Tridico ed Occhiuto in relazione ai punti di attrito connessi all’idea dell’economista pentastellato di istituire un reddito di dignità. Andando oltre le schermaglie politiche, rimane un dato di fatto inconfutabile: Tridico fin qui è stato molto vago sugli aspetti essenziali della vicenda – gli unici idonei a confutare i dubbi sollevati dal suo principale antagonista – omettendo ogni riferimento al numero dei percettori, all’ammontare dell’importo necessario per rendere attuabile la misura promessa, agli strumenti di controllo per evitare il ripetersi degli abusi che hanno caratterizzato il reddito di cittadinanza e soprattutto a dove pensa di reperire le somme necessarie.

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Le risorse inesistenti e i vincoli del bilancio

A prescindere dal fatto che è arcinoto che nel bilancio regionale non esistono fondi per poter distribuire somme ad una platea consistente di persone o famiglie – non è stato ancora chiarito neppure tale particolare – e che l’utilizzo del Fondo sociale europeo e del PNRR, ai quali qualcuno ha fatto riferimento, è riservato a progetti di formazione ed inclusione lavorativa e non a sussidi vari, Tridico dovrebbe spiegare in che modo il reddito di dignità sarebbe in grado di indurre le famiglie e soprattutto i giovani a non lasciare la Calabria per cercare lavoro altrove.

Giovani ed emigrazione colta

Oggi non siamo di fronte allo stesso fenomeno del primo e secondo dopoguerra, quella attuale è un’emigrazione colta: diplomati e laureati non sono disposti a rimanere per vivere di prebende, vogliono opportunità di lavoro, vogliono realizzarsi mettendo a frutto il proprio sapere. Questi giovani sono poco interessati agli slogan e vorrebbero conoscere in concreto come il candidato progressista intenda utilizzare le esigue somme disponibili per creare lavoro e come intenda incentivare la nascita di imprese in grado di produrre reddito.

Il documento Pd firmato da Damiano Silipo

In attesa che Tridico fornisca delle risposte adeguate al ruolo accademico che ricopre, occorre rilevare che esse già da tempo sono rinvenibili in un documento programmatico del Partito Democratico la cui stesura è stata coordinata dal prof. Damiano Silipo, ordinario di economia politica all’Università della Calabria, nella sua allora veste di responsabile economico del PD. L’economista, figura di primo piano nel pianeta progressista, le cui idee politiche si sono forgiate alla scuola del vecchio PCI, ha dato il proprio imprimatur al documento in esame, nel quale sono indicati gli obiettivi prioritari ed i settori strategici sui quali intervenire per creare sviluppo in Calabria e soprattutto dove reperire i fondi.

Sussidi vs sviluppo

Lo spazio ovviamente non ci consente di entrare nei dettagli, ma non possiamo, ai fini che qui interessano, non rilevare in primis che in quel documento di sussidi e prebende non vi è traccia e men che meno sono stati considerati come strumenti idonei a creare sviluppo. In secondo luogo, sempre nel medesimo documento, viene ritenuto fondamentale concentrare le risorse del Piano regionale 2021-2027 su progetti realistici che tengano conto dei sistemi produttivi della Calabria, ed in più creandone dei nuovi, connessi per esempio allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, rafforzando altresì le filiere già esistenti nel settore turistico ed agroalimentare.

Due economisti, due visioni inconciliabili

In sostanza da un lato c’è chi ritiene prioritario per la Calabria creare ricchezza e benessere attraverso il lavoro e dall’altro chi si pone come obiettivo primario la distribuzione di quelle ricchezze a chi è fuori dal processo produttivo. Stando così le cose, sorge spontaneo chiedersi come sia possibile che due economisti di area progressista abbiano delle visioni così diverse in relazione alle medesime problematiche. Molto probabilmente la diversità di vedute nasce dal fatto che l’analisi contenuta nel documento programmatico del PD ed ispirata dal prof. Silipo poggia sul rigore scientifico delle regole delle politiche di sviluppo, mentre quella del suo collega risponde alle esigenze politiche del particolare momento.

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Il Pd piegato su Tridico

Alla luce di quanto appena detto bisogna chiedersi anche come sia stato possibile che il Partito Democratico, che ha indicato strade antitetiche a quelle di Tridico per creare sviluppo e benessere, abbia poi scelto di sostenerlo appiattendosi sulle sue posizioni. Sul punto pensiamo che non sbagliano coloro i quali sostengono che la discesa in campo dell’economista grillino abbia rappresentato una specie di ancora di salvezza per Nicola Irto, il quale – incapace di proporre un candidato autorevole e consapevole del fatto che il rifiuto di Tridico lo avrebbe costretto ad indossare le pesanti vesti dell’antagonista di Occhiuto – ha subito preso la palla al balzo, accettando di buon grado di fare assumere al PD un ruolo di comprimario, o peggio, per usare le parole di Carlo Calenda, di prostrarsi ai piedi del partito di Conte.

Una scelta inevitabile

Chiuso questo capitolo e tornando ai continui botta e risposta tra Occhiuto e Tridico, c’è un passaggio, tra le cose dette dal candidato progressista, che merita di essere ulteriormente chiarito. Non sappiamo se effettivamente il governatore uscente disconosca, per come sostiene il suo antagonista, la differenza tra reddito minimo (leggi reddito di dignità) e gli incentivi alle imprese, ma è noto a tutti, anche a chi non ha effettuato studi economici, ma è dotato di un minimo di buon senso, che se le somme disponibili non sono sufficienti – per come in effetti non lo sono e per come Tridico ne è perfettamente consapevole – per realizzare entrambe le misure, una scelta va fatta.

La domanda decisiva

L’economista grillino deve dire se al primo posto metterebbe il suo reddito di dignità oppure gli incentivi alle imprese, poiché se continua a sostenere di poter fare tutto senza indicare le rispettive coperture finanziarie non è credibile, e finisce per dare ragione ad Occhiuto quando sostiene che le sue proposte altro non siano che una presa in giro architettata con l’evidente scopo di carpire il voto di qualche credulone.



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