La tua casa dei sogni ti aspetta

partecipa alle aste immobiliari!

 

L’Irpinia nel panorama europeo della rigenerazione territoriale: come le aree interne diventano laboratori di futuro


C’è chi le definisce “vuoti” della geografia italiana; in realtà, le aree interne raccontano una parte viva e fragile del Paese, attraversata da sfide globali, come la desertificazione demografica e il cambiamento climatico. È questa la prospettiva che emerge dal volume Aree interne, spopolamento e rigenerazione territoriale , curato da Elisa di Giovanni e Diana Salzano del CNR – Istituto di studi sul Mediterraneo. Il libro raccoglie i contributi del workshop ospitato all’Università di Salerno il 26 novembre 2024, offrendo uno sguardo plurale e interdisciplinare su una delle questioni più urgenti del nostro tempo: come trasformare lo spopolamento da emergenza a opportunità di rigenerazione.

Aste immobiliari

l’occasione giusta per il tuo investimento.

 

La scelta di promuovere questo confronto nasce dall’urgenza di riflettere in modo critico, comparato e transdisciplinare su fenomeni che mettono in discussione assetti consolidati, si legge nell’introduzione. I rapporti tra centro e periferia, l’equità nell’accesso ai servizi e ai diritti di cittadinanza, la distribuzione delle risorse e delle opportunità: le aree interne custodiscono un ricco patrimonio di risorse ambientali, culturali, sociali e relazionali, spesso invisibili nelle rappresentazioni dominanti, ma centrali per immaginare futuri più sostenibili.

Negli ultimi quindici anni, la Valle dell’Ufita, in Irpinia, ha perso quasi l’11% della sua popolazione: oltre 2.700 abitanti in meno tra il 2011 e il 2025, con punte del -17% in comuni come Flumeri. Dati che riflettono un trend comune a gran parte delle aree interne italiane, dove l’esodo dei giovani, la rarefazione dei servizi e la crisi economica alimentano un circolo vizioso di abbandono. Ma se il problema è noto, meno scontata è la prospettiva che emerge dalla pubblicazione: questi luoghi non sono margini residuali, bensì laboratori territoriali in cui sperimentare modelli alternativi di sviluppo, coesione e abitabilità.

Tra i casi più significativi presi in esame figura il progetto Erasmus+ KiNESIS (Knowledge Alliance for Social Innovation in Shrinking Villages), coordinato dall’Università “L’Orientale” di Napoli insieme a partner europei di Germania, Olanda, Estonia e Spagna. Il cuore dell’esperienza è stato il Living Lab della Valle dell’Ufita, dove istituzioni, scuole, università, imprese e cittadini hanno co-progettato attività di rigenerazione attraverso un partenariato multistakeholder. Un progetto che abbiamo seguito fin dall’inizio, sempre guidati dalla coordinatrice – la professoressa Johanna Monti – e che vi abbiamo raccontato spesso, in diverse fasi: QUI e QUI ad esempio.


Non solo teoria, ma azione concreta: 22 tirocini attivati, 16 studenti Erasmus dall’estero e 6 italiani impegnati in progetti di promozione culturale e sviluppo locale. Le comunità hanno espresso bisogni precisi – turismo sostenibile, valorizzazione dell’agroalimentare, digitalizzazione dei patrimoni culturali – e il progetto ha risposto con strumenti innovativi: piani di marketing territoriale, iniziative di internazionalizzazione per prodotti come l’aglio dell’Ufita o l’olio Ravece, e persino un catalogo digitale per la Pinacoteca “Pina Famiglietti”.

Assistenza e consulenza

per acquisto in asta

 

Una delle innovazioni più apprezzate è stata la produzione di cinque podcast bilingue (italiano-inglese) che hanno dato voce a personaggi storici e simbolici dell’Irpinia – da Carlo Gesualdo a Virgilio – trasformando la memoria locale in contenuti culturali accessibili e internazionali. Parallelamente, gli studenti hanno arricchito la piattaforma Wikivoyage con itinerari e prodotti tipici, rendendo visibili piccoli paesi spesso esclusi dalle mappe turistiche.

Il progetto ha monitorato i suoi effetti con strumenti rigorosi: la Theory of Change e l’analisi SWOT hanno evidenziato un forte impatto in termini di empowerment, capitale sociale e sostenibilità. Il 96% delle organizzazioni coinvolte ha dichiarato di aver stretto contatti prima inesistenti, mentre oltre il 90% intende proseguire le collaborazioni oltre la fine del progetto. Numeri che raccontano di un ecosistema territoriale riattivato, dove la ricerca accademica si è tradotta in azioni efficaci di sviluppo locale, configurandosi come modello trasferibile e integrabile nelle politiche di sviluppo territoriale.

Un mosaico europeo di ricerche e sperimentazioni

KiNESIS non è un caso isolato ma parte di un mosaico più ampio di esperienze che il volume documenta con rigore scientifico. Il progetto multidisciplinare Rimedi allo spopolamento delle aree interne della Basilicata ha individuato nella co-progettazione, nella valorizzazione del patrimonio culturale e nella promozione di nuove economie locali i pilastri di un’azione efficace, dimostrando come la qualità della governance e la capacità di attivazione comunitaria siano determinanti per l’effettiva tenuta demografica di questi territori.

La necessità di un paradigma scientifico più inclusivo emerge chiaramente anche dal progetto europeo Re-Place, che studia le Left Behind Areas con approccio transdisciplinare, restituendo il valore euristico delle narrazioni locali e del capitale relazionale. Le pratiche partecipative alimentano il “soft power” delle comunità marginali, ridefinendone ruolo e rappresentazione all’interno dello spazio europeo.

La ricerca della professoressa Adelina Picone – che coordina il Master Arìnt presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II – indaga la rigenerazione in relazione alle sfide climatiche e alle diseguaglianze sociali, proponendo una visione integrata dei contesti come ecosistemi complessi attraverso il paradigma One Health. Il nuovo “contestualismo” si basa su conoscenza condivisa e mappe di comunità che uniscono saperi locali e scientifici, facendo emergere strategie di rigenerazione inclusiva e adattiva fondate su reti, co-progettazione e valorizzazione delle risorse ecosistemiche.

Mentre le analisi di Javier Esparcia sulla Spagna rurale evidenziano dinamiche comuni a molte aree interne europee: la frammentazione istituzionale e la perdita di funzionalità territoriale richiedono una profonda riorganizzazione che promuova la cooperazione intercomunale come strumento per garantire servizi essenziali e diritti di cittadinanza. Tale cooperazione va intesa non solo come gestione associata, ma come principio organizzativo per rafforzare la governance territoriale attraverso ecosistemi istituzionali flessibili.

Particolarmente significativo è il contributo di Fabiano Compagnucci e Gabriele Morettini sui costi del “non intervento” nelle aree soggette a spopolamento. L’introduzione del concetto di valore “antroposistemico” – infatti – propone una visione sistemica del capitale territoriale che include risorse materiali e immateriali, legami sociali e saperi locali. Il rischio dell’abbandono viene così inquadrato non solo come perdita locale, ma come danno per l’intero sistema nazionale.


Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Inoltre una parte significativa del volume si dedica alla decostruzione delle narrazioni dominanti che hanno a lungo relegato le aree interne in posizioni subalterne. Giulia de Spuches e Giovanni Messina propongono una lettura postcoloniale della Valle del Belice, rifiutando stereotipi e paradigmi di subalternità attraverso un approccio territoriale e militante che restituisce dignità e complessità storica ai territori del Sud, riportando al centro dell’analisi le dimensioni dell’agency locale e della memoria collettiva.

Il contributo di Anna Maria Colavitti sulla Sardegna, invece, mostra come le politiche di sviluppo, e in particolare la SNAI, non abbiano saputo adattarsi pienamente alle specificità territoriali, riproponendo modelli di intervento standardizzati e spesso inefficaci. La lettura della complessità storica dei contesti locali diventa così essenziale per comprendere l’efficacia delle politiche territoriali.

A partire da indagini empiriche in Calabria e Lucania, diversi contributi esplorano le motivazioni individuali e familiari che spingono alcune persone a restare o a ritornare nei luoghi di origine. Bella Dicks e Sabina Licursi ribaltano una narrazione prevalentemente declinata sulla “perdita”, mettendo in luce pratiche di resistenza, progettualità e risignificazione che danno forma a nuove modalità dell’abitare periferico. Diana Salzano e Andrea Orio approfondiscono, attraverso un approccio mix-methods, le motivazioni della partenza, restanza e tornanza nelle aree interne lucane, restituendo un quadro complesso di legami, speranze e rappresentazioni sociali. Emerge così la tornanza, soprattutto dei lavoratori lucani, come gesto di restituzione alla comunità, mentre si evidenzia il ruolo potenziale degli stranieri come risorsa demografica, configurando nuove forme di abitare consapevoli e radicate.

A questo punto, la condizione giovanile diventa lente privilegiata per osservare le trasformazioni in atto nei territori marginali: l’indagine di Stefania Leone, Andrea Orio, Camilla Valerio, Vittoria di Porzio e Arianna Capezzuto mette in evidenza, da un lato, le disuguaglianze e le criticità che attraversano le esperienze dei giovani, dall’altro le azioni di restanza, rigenerazione e impegno civico che ne delineano un ruolo attivo nella risemantizzazione del vivere nelle aree interne.

Servizi, mobilità e turismo: tra opportunità e rischi

Il volume non trascura le questioni strutturali che condizionano la vivibilità delle aree interne. L’analisi di Sabato Aliberti sulla Valle dell’Ufita documenta le disuguaglianze territoriali nei servizi essenziali, evidenziando il ruolo cruciale del Terzo Settore, della cittadinanza attiva e delle forme di solidarietà organizzata per il mantenimento della coesione sociale, in un contesto in cui la marginalità è amplificata dall’esclusione dalle politiche pubbliche nazionali.

Carlo Lallo propone un’originale riflessione teorico-metodologica sul concetto di “curvatura” spazio-temporale indotta dal declino demografico: l’applicazione dell’indicatore ICCP consente di individuare i territori più vulnerabili alla rarefazione dei servizi e alle diseguaglianze nella mobilità, definendo aree a rischio di “invisibilità” sistemica e di esclusione dai circuiti socio-economici nazionali.

La dimensione storica ed economica dello spopolamento viene affrontata attraverso il caso del Molise, regione simbolo della rarefazione demografica. Ilaria Zilli e Maria Giagnacovo riflettono sul potenziale trasformativo del “turismo delle radici”, indagando la persistenza dei legami diasporici come possibile leva per la riattivazione delle economie locali e la ricostruzione di una continuità simbolica e affettiva con il territorio d’origine.

Il saggio di Paola De Salvo indaga il ruolo del turismo come vettore di rigenerazione, ma anche come campo di tensione tra valorizzazione e rischio di snaturamento. Attraverso l’uso delle categorie di “risonanza” e “innovazione territoriale”, evidenzia come il turismo possa divenire un’occasione di rilancio solo se inserito in una cornice di governance partecipativa, rispettosa delle specificità culturali e sociali dei luoghi.

Prestito personale

Delibera veloce

 

LEGGI ANCHE: «Alle aree interne il sapere migliore: dai paesi come spazi di vita, alle comunità reali. Bisogna avere una conoscenza profonda dei luoghi per evitare di musealizzarli»

Così, nel loro insieme, tutti i contributi raccolti dimostrano che le aree interne non rappresentano un universo omogeneo né un problema univocamente tecnico. Sono, al contrario, territori carichi di tensioni ma anche di possibilità, dove la crisi demografica può essere affrontata solo attraverso una pluralità di approcci capaci di integrare saperi specialistici, esperienze locali e visioni politiche orientate alla giustizia territoriale.

La rigenerazione non può limitarsi alla dimensione infrastrutturale o alla semplice inversione delle tendenze demografiche, ma va intesa come un processo complesso di ri-significazione dei luoghi, dei legami e delle progettualità condivise.

L’esperienza di KiNESIS e le altre ricerche documentate dimostrano che, quando la conoscenza scientifica incontra la partecipazione comunitaria, il cambiamento diventa possibile. Non si tratta di applicare ricette preconfezionate, ma di attivare processi di co-creazione dove università, istituzioni e territori costruiscono insieme soluzioni innovative, trasformando la presunta marginalità delle aree interne in un laboratorio di futuro per l’intero Paese.

QUI è possibile sfogliare o scaricare la ricerca completa

Immagine in copertina, Pro Loco Frigento

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Microcredito

per le aziende