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Chi deve pagare l’Ivafe ogni anno e come calcolare l’importo da versare


L’Ivafe deve essere versata dalle persone fisiche che hanno la residenza fiscale in Italia e che siano intestatari di un conto conto corrente, un prodotto finanziario o un libretto di risparmi all’estero.

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A partire dal 2020 sono tenuti a versare l’imposta anche gli enti non commerciali e le società semplici, che devono adempiere agli obblighi relativi alla dichiarazione per gli investimenti e le attività previste dalla normativa sul monitoraggio fiscale (o più correttamente dall’articolo 4 del Decreto Legge n. 167/1990).

Che cosa è l’Ivafe

Ad introdurre l’Ivafe è stato il Decreto Legge n. 201/11, attraverso il quale è stato previsto che i soggetti obbligati al versamento dell’imposta fossero le persone fisiche (obbligo che, in un secondo momento, è stato allargato anche alle società semplici e gli enti non commerciali). I suddetti contribuenti sono tenuti ad effettuare il pagamento nel momento in cui detengono delle attività finanziarie all’estero.

Ma quando si parla di attività finanziaria, che cosa si intende? Con questa locuzione ci si riferisce a tutti gli strumenti di investimento grazie ai quali sia possibile ottenere un reddito di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera.

Chi è tenuto a pagare l’Ivafe

In quale momento scatta l’obbligo di versare l’Ivafe? Come abbiamo visto sono soggetti a questo obbligo le persone fisiche che hanno la residenza fiscale in Italia: questo significa, in altre parole, che ad essere coinvolti sono tutti i soggetti che risiedono nel nostro paese per almeno 183 giorni all’anno (184 in quelli bisestili) o nel nostro Paese abbiano il proprio centro degli interessi.

Questi soggetti devono versare l’Ivafe nel momento in cui:

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  • siano titolari di un conto corrente o di un deposito presso un istituto bancario o finanziario estero;
  • siano titolari di azioni, obbligazioni, fondi di investimento o polizze assicurative che siano emesse da società estere;
  • dovessero essere in possesso di valute estere depositate oltre confine, anche quando sono sotto forma di criptovalute (questo non accade sempre, è sempre necessario valutare caso per caso).

È importante ricordare che l’imposta deve essere versata anche quando i saldi dei vari conti correnti esteri sono pari a zero. Il versamento deve essere effettuato utilizzando un Modello F24.

Qual è l’aliquota Ivafe?

L’ammontare dell’imposta che deve essere versata si calcola in modo proporzionale alla quota di possesso e al periodo di detenzione delle attività finanziarie. L’aliquota da applicare è pari al 2 per mille annuo.

Il discorso cambia leggermente per gli investimenti effettuati o detenuti negli Stati e nei territori aventi un regime fiscale privilegiato (a individuare quali siano ci ha pensato il Ministero dell’Economia e delle Finanze con un decreto del 4 maggio 1999 e successive modifiche): dal 2024 l’Ivafe è stabilita nella misura del 4 per mille annuo (in questo senso vedasi la Legge di bilancio 2024).

Le regole per i conti correnti e i libretti di risparmio

Le persone fisiche che siano titolari di un conto corrente o di un libretto di risparmio all’estero devono versare un’imposta fissa pari a 34,20 euro per ogni prodotto sottoscritto all’estero. I soggetti differenti dalle persone fisiche, invece, devono versare 100 euro.

Non è necessario versare l’Ivafe nel caso in cui il valore medio della giacenza annua sia inferiore a 5.000 euro. Al raggiungimento di questo limite concorrono tutti i libretti e i conti correnti detenuti all’estero presso lo stesso intermediario: non si tiene conto del reale periodo di detenzione durante l’anno.

Nel caso in cui il contribuente dovesse essere titolare di un rapporto cointestatario per la determinazione dei 5.000 euro si deve far riferimento agli importi a lui riferiti pro quota.

Valore dei prodotti finanziari, come viene determinato

Per determinare il valore dei prodotti finanziari si prende in considerazione il loro valore di mercato determinato per ogni singolo anno solare. Per ottenere la corretta base imponibile su cui applicare l’Ivafe viene anche utilizzata la documentazione fornita dall’intermediario estero di riferimento. Nel caso in cui al 31 dicembre il contribuente non sia più in possesso delle attività finanziarie, si dovrà far riferimento al valore di mercato che è stato rilevato nel momento in cui è terminato il periodo di possesso.

Quando il contribuente è titolare di attività finanziarie che hanno una quotazione nei mercati regolamentati, si dovrà far riferimento a questo valore. Nel caso in cui le azioni, le obbligazioni e gli altri strumenti finanziari non siano negoziati in mercati regolamentati, si farà riferimento al loro valore nominale.

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Le detrazioni da effettuare sull’Ivafe

Dall’Ivafe è necessario detrarre completamente – come credito d’imposta – l’eventuale patrimoniale che il contribuente ha dovuto versare nello Stato in cui i prodotti finanziari sono collocati.

Il credito d’imposta non spetta nel caso in cui l’italia abbia sottoscritto una convenzione per evitare le doppie imposizioni con il Paese nel quale è detenuta l’attività finanziaria. Nell’eventualità questo dovesse avvenire, il contribuente ha diritto a richiedere il rimborso all’Agenzia delle Entrate delle imposte patrimoniali che ha versato all’estero, dato che queste imposte non sarebbero dovute essere state applicate per via degli accordi sottoscritti.

Cosa succede se non pago l’imposta?

Purtroppo dimenticarsi di pagare l’Ivafe può costare caro. Il contribuente sbadato dovrà versare l’imposta e le sanzioni per omessa o errata dichiarazione (le attività all’etero devono essere dichiarate nel Modello Redditi all’interno del Quadro RW).

La sanzione per la tardiva dichiarazione è pari a:

  • 250 euro nel caso in cui non siano dovute delle imposte. Grazie al ravvedimento operoso è possibile risparmiare: si pagano solo 25 euro;
  • se sono dovute delle imposte, oltre alla sanzione vista al punto precedente è necessario versare un ulteriore obolo pari al 3,33% della maggiore imposta dovuta oltre agli interessi di mora (la sanzione ordinaria è al 30%, ma abbiano tenuto conto dell’aliquota ridotta con il ravvedimento operoso).





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