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L’ascesa della Germania a prima potenza militare europea


 La Germania si avvia a stanziare un enorme fondo, da 1000 miliardi di euro, destinato alla spesa militare, misura che ha richiesto addirittura una riforma costituzionale. Una marea di soldi, distribuiti su più anni, che dovranno rinnovare e rafforzare la Bundeswehr. 

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Solo per rimanere alla programmazione dei prossimi anni, la Germania prevede di raggiungere i 108,2 miliardi di euro nel 2026, poi i 161,8 miliardi di euro nel 2029, con un aumento di oltre il 70% rispetto al 2025 e del 387% rispetto al 2020. Questa cifra colloca Berlino su una traiettoria di riarmo senza precedenti dal suo riarmo nei primi anni ‘1950.

Di conseguenza, Berlino si posizionerà non solo come la più grande potenza militare d’Europa in termini di bilancio (la Francia nel 2029 dovrebbe attestarsi sui 53 miliardi di euro), ma anche come la terza potenza mondiale dopo Stati Uniti e Cina, nettamente davanti a Russia, India, Arabia Saudita e Regno Unito. Un simile progresso rimescola le carte della gerarchia internazionale e conferisce alla Germania un maggiore peso politico all’interno della NATO e dell’Unione Europea.

Una spesa senza precedenti, che ha infranto decenni di austerità fiscale, per rendere le forze armate tedesche “l’esercito convenzionale più forte d’Europa”, parola del cancelliere Friedrich Merz. Ma con questa scelta è caduto anche un altro tabù della politica tedesca che ha segnato il secondo dopoguerra, ovvero quello sul riarmo, eredità dei due conflitti mondiali.

Friedrich Merz (sx) e Donald Trump (combo AFP)

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Difesa come politica industriale

Per quanto riguarda l’economia, non si fa mistero che vi sia la speranza che questa corsa alle armi rilanci l’economia del Paese, entrata in sofferenza già con la rinuncia al gas russo, e poi aggravata dai dazi a stelle e strisce. Dovrebbero beneficiarne  i due principali gruppi del settore armi tedesco ovvero la Rheinmetall, che costruisce i carri armati Panther e la Thyssen-Krupp, che invece produce dal Leopard a navi e sottomarini. Una buona parte di quei soldi è già in movimento. Gli ordini di veicoli militari raggiungono le quattro cifre, la produzione di missili è in aumento e la domanda di munizioni sta crescendo rapidamente.

Si tratta di un’iniziativa di stimolo pubblico alla crescita e agli investimenti. Quando il cancelliere tedesco Merz ha presentato il suo piano per la difesa, lo ha fatto pensando anche alla necessità di scongiurare il pericolo della desertificazione industriale, oltre a quello dei carri armati russi alle porte dell’Europa. Le aziende del settore della difesa stanno correndo per riorganizzare le fabbriche e riattivare linee di produzione inattive da tempo, con la speranza di far rinascere una base industriale che era svanita dopo la Guerra Fredda. Interi pezzi della vecchia manifattura pesante vengono o verranno progressivamente riconvertiti per servire l’industria dell’aerospazio e della difesa. L’esempio migliore di questo stato delle cose è la Porsche, proprietaria tra le altre anche della Volkswagen.

Porsche, insieme a Deutsche Telekom e alla società di investimenti DTCP, ha annunciato la creazione di un fondo da 500 milioni destinato agli investimenti del comparto militare, dai sistemi di sorveglianza satellitare, ai sensori, alla cybersicurezza e logistica. Si tratta di settori cruciali per i programmi di riarmo europei. La decisione coincide temporalmente con l’espansione della spesa militare europea con il piano “Readiness 2030” dell’Unione europea, che prevede investimenti da 800 miliardi di euro, e l’aumento dei bilanci per la difesa nazionale. L’ingresso di Porsche nella difesa non rappresenta però una novità assoluta: Volkswagen collabora già con Rheinmetall per la produzione di veicoli militari, mentre la holding ha investito nel produttore di droni Quantum Systems.

Un carro armato Leopard 2A4 durante un'esercitazione di addestramento sul campo in una località sconosciuta in Ucraina

Un carro armato Leopard 2A4 durante un’esercitazione di addestramento sul campo in una località sconosciuta in Ucraina (AFP)

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Difesa e consenso

Per quanto riguarda il tabù che gravava su un esercito tedesco forte, posto prima di tutto dalle potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale, ma poi fatto proprio per decenni dalla maggioranza delle generazioni successive alla guerra, questo sembra definitivamente caduto. Sul fronte internazionale, il rifiuto di Trump a garantire con l’esercito Usa la difesa europea, e le fortissime pressioni per il riarmo di tutto il vecchio continente giocano un  ruolo fondamentale. Ma per quanto riguarda la sensibilità dei tedeschi, qualcosa é cambiato, in modo diffuso.

Una netta maggioranza dei tedeschi sostiene il riarmo pianificato della Bundeswehr. Nel ‘barometro politico’ della rete TV ZDF (i sondaggi effettuati settimanalmente dalla televisione pubblica tedesca), trasmesso il 27 giugno, il 76 %  degli intervistati ha dichiarato di sostenere un aumento significativo dei finanziamenti per la difesa, anche se ciò richiederebbe un ulteriore indebitamento. La maggioranza è trasversale rispetto ai partiti. Il 40% ritiene che l’attuale partenariato tra Europa e Stati Uniti finirà e il 74% afferma che gli Stati Uniti non sono più affidabili sotto Trump nel garantire la sicurezza militare in Europa. Questo rende i tedeschi significativamente più scettici rispetto a gennaio. In tutti gli schieramenti la maggioranza è favorevole a forze armate europee congiunte. Secondo il sondaggio, l’84% la accoglierebbe con favore. Infine, il 48% è favorevole a un maggiore supporto militare all’Ucraina da parte degli Stati europei. Il 27% non vuole cambiamenti, mentre il 21% è a favore di una riduzione degli aiuti a Kiev, opinione particolarmente pronunciata nell’Est.

Entrata in servizio della brigata della Bundeswehr in Lituania

Entrata in servizio della brigata della Bundeswehr in Lituania (Reuters)

Il tema armi all’Ucraina è in effetti molto delicato, per i tempi di produzione e consegna di armi, per la scelta del precedente governo di non dare a Kiev i missili a lunga gittata Taurus, per la memoria, sempre pesante, del passato nazista. Nel giorno in cui Friedrich Merz vola a Washington, il ministro degli esteri tedesco Johann Wadephul ha espresso scetticismo riguardo a un possibile invio di soldati tedeschi in Ucraina per garantire la sicurezza occidentale contro gli attacchi della Russia: questa opzione sarebbe “probabilmente troppo complicata” per la Germania, ha affermato il politico della Cdu. La Germania si concentra più di altri alleati sul territorio della Nato, ha spiegato: “Siamo l’unico Paese europeo a fornire truppe che ha una brigata combattente di stanza in Lituania”, ha affermato. “Questo  non significa che non possiamo sostenere l’Ucraina in altro modo, anche dal punto di vista militare e tecnico”. Capacità industriale e consenso permettendo.

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