Il 2025 si conferma un anno d’oro per Piazza Affari: il Ftse Mib supera i 42.500 punti e si piazza al secondo posto tra i listini europei, dietro solo a Madrid. Banche e difesa fanno da traino, ma la vera sorpresa in vetta è Tim
Il 2025 si conferma un anno d’oro per Piazza Affari. L’indice Ftse Mib sfiora il +25% da inizio anno, supera la soglia psicologica dei 42.500 punti e si piazza al secondo posto tra i principali listini del continente, dietro a Madrid. Il merito è soprattutto di due motori: le banche, in pieno boom e protagoniste di un consolidamento senza precedenti, e la difesa, spinta dai maxi-piani di spesa europei e Nato. Sul podio, però, c’è spazio anche per le sorprese: al vertice svetta Telecom Italia (+83,52%), protagonista di un recupero inatteso, tallonata da Leonardo (+83,42%). Completa il podio Unicredit (+79,65%), apripista di un comparto, quello bancario, che nel complesso ha messo a segno un incredibile +54% da inizio anno, contribuendo in modo decisivo al rally milanese.
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Tim e Leonardo corrono testa a testa: +83% nel 2025
Il titolo Tim continua a sorprendere a Piazza Affari. I conti del primo trimestre hanno centrato le attese, grazie soprattutto ai segmenti Enterprise e Brasile, confermando la rotta del piano industriale 2025-2027. Il cambio nell’azionariato – con l’uscita di Vivendi e l’ingresso di Poste Italiane al 24,8% – e la continuità della guida di Pietro Labriola hanno rassicurato gli investitori. A spingere l’ottimismo contribuiscono l’accordo commerciale in via di definizione con Poste e le possibili sinergie operative, che potrebbero dare frutti già dal terzo trimestre. In più, Tim beneficia di nuova liquidità grazie all’incasso anticipato di un canone di concessione non dovuto, risorsa destinata a finanziare la trasformazione della divisione Enterprise verso il cloud e l’ottimizzazione dei costi.
La corsa di Leonardo si muove invece sull’onda lunga della difesa europea: il titolo, nonostante qualche scossone come il tonfo legato ai conti del partner Rheinmetall, continua a mettere a segno rialzi a due cifre. A sostenerlo non è solo il contesto favorevole – con l’indice paneuropeo aerospazio e difesa (Sxparo) a +50%, spinto dall’aumento della spesa militare europea e dal disimpegno statunitense – ma anche fondamentali solidi. Nel primo semestre 2025 il gruppo ha registrato ordini e margini in crescita, debito in calo e ha rivisto al rialzo le previsioni su ordini (22,25–22,75 miliardi) e free cash flow (920–980 milioni). L’acquisizione di Iveco Defence Vehicles per 1,7 miliardi rafforza la presenza nei mezzi terrestri e consolida la partnership con Rheinmetall.
Piazza Affari: banche superstar tra rialzi record e risiko
Il comparto bancario italiano è il vero protagonista del 2025, con rialzi a doppia cifra: Unicredit vola a +79,65%, seguita da Banca Popolare di Sondrio (+57,35%) e Banco Bpm (+53,73%). Mediobanca e Bper Banca superano il +50%, mentre Banca Mediolanum (+49,13%) e Intesa Sanpaolo (+43,09%) consolidano un trend positivo. Monte dei Paschi di Siena registra un incremento più contenuto ma comunque significativo del 22,07%.
Ma il settore non corre solo in Borsa: è teatro di un risiko bancario senza precedenti. La miccia si è accesa a settembre 2024, quando Unicredit ha rilevato una quota importante di Commerzbank, aprendo la strada a una raffica di mosse strategiche. Due mesi dopo, Piazza Gae Aulenti ha tentato un’Ops da 10 miliardi su Banco Bpm, ostacolata però dal governo con il golden power. I rigidi paletti dell’esecutivo italiano hanno portato il ceo Andrea Orcel a ritirare l’offerta, liberando Banco Bpm dalla “passivity rule” e rendendola preda appetibile. Tra i potenziali acquirenti spicca Crédit Agricole, già vicino al 20% e, secondo Reuters, intenzionato a salire al 25-30% con l’ok della Bce. Nei piani del gruppo francese rientra anche Anima, appena acquisita da Banco Bpm, per rafforzare il polo del risparmio gestito e ridisegnare gli equilibri del settore.
Nel frattempo, Monte dei Paschi di Siena ha lanciato un’Ops su Mediobanca, osteggiata dalla banca target ma approvata dalla Bce e dall’Antitrust. La soglia minima di adesioni per il successo dell’offerta, avviata il 14 luglio e in scadenza l’8 settembre, è fissata al 35%, anche se il Monte ha più volte dichiarato di puntare a superare il 66,7%. Dopo settimane di stallo, le adesioni hanno iniziato a crescere, arrivando al 13,5%. Un dato ancora lontano dall’obiettivo, ma destinato a cambiare: i due grandi azionisti, Delfin (circa 20%) e Francesco Gaetano Caltagirone (circa 10%), non hanno ancora conferito le proprie azioni, e il loro eventuale ingresso potrebbe rendere la soglia minima sempre più a portata di mano.
Per contrastare l’assalto di Mps, Mediobanca ha risposto con un’ops da 6,3 miliardi di euro per il 100% di Banca Generali, di cui Generali detiene il 50,2%. L’operazione è al momento in attesa del voto dei soci, previsto per il 21 agosto: essendo sotto passivity rule a causa dell’offerta di Mps, Piazzetta Cuccia può procedere solo con l’autorizzazione dell’assemblea. L’operazione, però, è vincolata a più passaggi: approvazione assembleare, il via libera delle autorità (Bce e Consob) e un accordo industriale di lungo termine con Generali nei settori bancassurance e risparmio gestito. Al centro della partita c’è anche la storica quota del 13% di Generali posseduta da Mediobanca, messa sul piatto come contropartita: un asset strategico e da tempo obiettivo di Francesco Gaetano Caltagirone, azionista di Mediobanca (10%), Generali (7,4%) e Mps (9,96%), che ha definito la delibera una “delega in bianco”. Ma Piazzetta Cuccia ha replicato duramente, chiarendo ruoli, poteri e accordi. L’assemblea si annuncia infuocata: con un quorum previsto tra il 75% e l’80% del capitale e un fronte di contrari o astensioni vicino al 40%, l’esito è tutt’altro che scontato. Servirà almeno il 50% più un’azione per dare il via libera. Se il piano passerà, l’ops potrebbe partire già a settembre, lasciando Rocca Salimbeni di fronte una Mediobanca senza il suo asset più prezioso: Generali.
Fuori da questo duello, Bper ha chiuso l’Ops su Popolare di Sondrio all’80,7% del capitale: non basta per il delisting, ma garantisce il controllo e sinergie stimate in 290 milioni entro fine anno. L’operazione, avviata a febbraio con un premio del 17,8%, conferma la strategia di crescita del gruppo, già protagonista nelle acquisizioni di Unipol Banca, filiali Ubi e Carige.
Infine, Banca Ifis ha completato la scalata a Illimity, portandosi al 92,5% e avviando la fase di sell-out. Il delisting è atteso per settembre 2025, segnando l’integrazione totale della challenger bank nel gruppo Ifis e la sua uscita dal listino.
I maggiori ribassi di Borsa nel 2025
Sul fronte opposto dei record di Borsa, il 2025 non è stato generoso con alcuni titoli. Amplifon guida i ribassi, con un crollo del 40,09% da inizio anno: il 30 luglio il titolo ha segnato la sua peggior seduta dell’anno, sospeso per eccesso di ribasso a 15,27 euro, con una perdita di quasi 5 euro in poche ore e un calo annuo complessivo del 47%. A innescare il tonfo sono stati conti semestrali deludenti: ricavi stabili a 1,18 miliardi, ma margine operativo lordo in calo del 3,2%, utile netto giù del 16%, debito salito a 1,11 miliardi e previsioni 2025 riviste al ribasso.
Pesante anche il bilancio per Stellantis, in calo del 34,04%, che paga la scia dei ribassi del 2024 e le sfide del 2025: dalla corsa all’elettrico, alla pressione dei concorrenti cinesi, fino ai nuovi dazi Usa. La svolta è affidata al nuovo ceo Antonio Filosa, in carica dal 23 giugno dopo l’uscita di Carlos Tavares.
Non va meglio ai titoli del lusso: Moncler perde il 9,34% dall’inizio dell’anno, con diversi analisti che hanno tagliato il target price, mentre Brunello Cucinelli arretra dell’8,34%, confermando un 2025 difficile per il comparto.
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