Con una serie di proposte che spaziano dal salario minimo all’energia, Elly Schlein delinea il suo progetto politico per un’Italia più equa, proiettando l’orizzonte di un possibile cambiamento di governo entro due anni.
La sfida per il potere d’acquisto
Nei mesi in cui l’inflazione si è mangiata stipendi e risparmi, Elly Schlein individua la questione del potere d’acquisto come cardine della sua proposta politica. I dati dell’occupazione, pur ai massimi storici, rivelano una realtà fatta di contratti precari, ore frammentate e salari ai minimi europei: cinque milioni di lavoratori attendono ancora i rinnovi contrattuali e il divario tra retribuzioni e costo della vita cresce. Senza un intervento strutturale – avverte la segretaria – rischiamo di trasformare la ripresa in uno showroom di numeri, privo di reale impatto sulla vita quotidiana delle persone. Il primo passo, spiega, consiste nel riconoscere che sotto i 9 euro lordi l’ora non c’è lavoro ma sfruttamento; una soglia in vigore in 22 paesi europei e capace, in Germania, di spingere verso l’alto l’intera scala salariale.
Accanto al salario minimo, la segretaria dem inserisce un’azione immediata sul costo delle bollette. Separare il prezzo dell’energia da quello del gas, sul modello di Spagna e Portogallo, rappresenta per lei lo strumento più veloce per alleggerire famiglie e imprese e contrastare la spirale inflattiva alimentata dagli extraprofitti di poche società energetiche. L’intervento, ribadisce, non richiede nuove risorse: serve la volontà di modificare un algoritmo che premia pochi e penalizza molti. A tale misura, Schlein affianca la proposta di un accordo strutturale con la Grande distribuzione organizzata, sul modello francese, per garantire prezzi controllati sui beni di prima necessità. Non un’iniziativa episodica come il “Carrello Tricolore”, ma un patto stabile che rafforzi il potere d’acquisto senza scadere in propaganda.
Misure per la qualità dell’occupazione
Guardare soltanto al tasso d’occupazione, avverte Schlein, significa fermarsi alla superficie. L’aumento dei contratti è trainato dagli investimenti del Pnrr, ma dietro quel dato si nasconde un esercito di lavoratori intrappolati in contratti a tempo determinato, part-time involontari e voucher. Un lavoro che non consente di pagare l’affitto o di programmare una famiglia non libera, ma incatena. La leader democratica si dice pronta a depositare una legge contro il part-time forzato – fenomeno che colpisce soprattutto le donne – e a predisporre incentivi fiscali per chi rinnova i contratti collettivi, ancora fermi per oltre cinque milioni di persone che hanno recuperato solo una frazione dell’inflazione.
Al cuore della proposta, inoltre, c’è la sicurezza sul lavoro. Stop ai subappalti a cascata, più ispettori nei cantieri e sanzioni certe per chi aggira le regole. Schlein ricorda che, mentre la destra riduce gli organici degli ispettorati, gli infortuni mortali continuano a falciare vite: non è accettabile che il profitto prevalga sulla dignità umana. Il programma dem prevede anche un rafforzamento degli organi di vigilanza e un vincolo alle gare pubbliche: chi non applica i contratti di settore e non garantisce standard di sicurezza non potrà lavorare per la pubblica amministrazione. L’obiettivo è far convergere crescita e tutele, evitando che le transizioni digitale ed ecologica si traducano in un nuovo bacino di lavoro povero.
Sanità e scuola come pilastri di equità
Se c’è un ambito in cui la differenza tra destra e sinistra appare lampante, sottolinea Schlein, è la sanità pubblica. Il tetto alle assunzioni di medici e infermieri, voluto più di un decennio fa da un esecutivo di cui Giorgia Meloni faceva parte, ha prodotto liste d’attesa interminabili: chi possiede risorse economiche salta la coda rivolgendosi al mercato privato, chi non le ha rinuncia a curarsi. Nel solo biennio 2023-2024, gli italiani che hanno abbandonato almeno una prestazione sanitaria sono passati da 4,5 a 6 milioni. Una sanità calibrata sul portafoglio è l’opposto del principio universalistico inscritto in Costituzione. La proposta dem è chiara: sbloccare immediatamente il tetto, assumere personale e rifinanziare il Fondo sanitario nazionale per riportare la cura a portata di tutti.
Nell’istruzione, l’approccio del governo, riassunto dal pacchetto Valditara – 5 in condotta, bocciatura facile, esame di cittadinanza e divieto di cellulari – viene definito dalla leader dem puramente “securitario”. Educare significa stimolare pensiero critico, non brandire la pagella come minaccia. Schlein propone di invertire la rotta con investimenti mirati: 500 milioni basterebbero, in una manovra da 20 miliardi, per rendere gratuiti libri di testo, mense e trasporti pubblici. Al tempo stesso, chiede stipendi più alti per insegnanti fra i meno pagati d’Europa e denuncia la scelta dell’esecutivo di tagliare 6.000 docenti e accorpare istituti, togliendo autonomia proprio alle aree periferiche che più ne avrebbero bisogno.
Ospedali e scuole come motore di coesione
Schlein riporta l’attenzione su territori feriti come L’Aquila: a distanza di anni dal sisma, molte strutture scolastiche non rispettano ancora i parametri di sicurezza. Non è tollerabile che la vulnerabilità di un edificio decida le opportunità di un’intera generazione. Nel suo piano, la messa in sicurezza degli edifici e l’efficientamento energetico diventano parte di un programma anticiclico che crea occupazione qualificata e riduce le bollette. Gli investimenti, sottolinea la segretaria, potrebbero essere coperti attingendo ai fondi europei già disponibili, se solo il governo si decidesse a sbloccarli e ad accelerare sulla realizzazione dei progetti, anziché rallentare il Pnrr con burocrazia e rimodulazioni senza visione.
Sul fronte sanitario, la leader dem insiste su un principio semplice: prevenire costa meno che curare. Ridurre le liste d’attesa significa anche alleggerire il bilancio pubblico dai costi delle patologie aggravate dal ritardo diagnostico. Schlein propone di legare le risorse aggiuntive alla realizzazione di obiettivi misurabili, premiando le regioni che riducono tempi e migrazione sanitaria. Nel dialogo con le realtà locali, spiega, sono emersi modelli virtuosi da replicare: l’integrazione fra medicina territoriale e ospedale, l’uso di telemedicina per intercettare i casi cronici, il coinvolgimento di medici di base in programmi di prevenzione. Non si tratta di inventare ricette, ma di estendere a tutti ciò che già funziona.
Strategie elettorali e territorio
Guardando alle urne che nella prossima stagione impegneranno varie regioni, Schlein rivendica il lavoro di costruzione di coalizioni ampie e radicate sul territorio. Nelle Marche, afferma, il desiderio di cambiamento è palpabile e si è coagulato attorno alla candidatura di Matteo Ricci, sostenuto da sette liste che spaziano dal civismo progressista alle forze ecologiste. Il governatore uscente Francesco Acquaroli, allineato sull’asse di Giorgia Meloni, avrebbe progressivamente depotenziato la sanità pubblica, costringendo la regione a spendere 160 milioni l’anno per la migrazione sanitaria: «I marchigiani pagano due volte, con le tasse e con viaggi estenuanti per curarsi altrove», incalza la segretaria. Il programma locale include l’introduzione del salario minimo negli appalti, ricalcando la legge toscana impugnata dal governo.
In Toscana, l’obiettivo è difendere e innovare un modello di buon governo messo in discussione dai ricorsi dell’esecutivo centrale. Eugenio Giani, che Schlein intende ricandidare, viene accreditato della recente legislazione su turismo sostenibile, consorzi industriali contro la deindustrializzazione – emblematico il caso Gkn – e disposizioni sul fine vita, tutte norme finora osteggiate da Roma. Diversa, ma ugualmente delicata, la partita in Calabria: il voto anticipato, sostiene la leader dem, sarebbe frutto di un calcolo personale del governatore Roberto Occhiuto, temeroso di perdere sostegno interno. Le opposizioni hanno già avviato un tavolo che mette al centro sanità e infrastrutture, aspetti su cui la maggioranza di destra avrebbe aggravato i problemi esistenti.
Il mosaico delle alleanze
Alla domanda se si fidi di Giuseppe Conte o di Matteo Renzi, Schlein risponde che la questione non è personale ma programmatica. Le coalizioni funzionano quando si basano su rispetto delle differenze e obiettivi comuni. Lei ricorda vittorie «straordinarie» ottenute in città come Genova, Assisi, Ravenna, così come nelle amministrazioni guidate da Michele de Pascale in Emilia-Romagna e da Stefania Proietti in Umbria. Il segreto, sottolinea, è la credibilità delle candidature e un programma condiviso. Perciò il Partito democratico si definisce «testardamente unitario», già in campo con Andrea Manildo in Veneto e con Ricci nelle Marche, mentre il centrodestra, a parte gli uscenti, sarebbe ancora privo di nomi.
Intanto nella coalizione di governo si discute di una possibile riforma elettorale. Schlein osserva che le opposizioni non hanno ricevuto documenti ufficiali e che le indiscrezioni apparse sui quotidiani non possono sostituire un confronto parlamentare serio. Qualora il testo arrivasse, il Partito democratico si dichiarerebbe disponibile a valutarlo, purché garantisca rappresentanza e stabilità senza penalizzare il pluralismo. Non accetteremo – avverte – un meccanismo cucito su misura per perpetuare la maggioranza attuale. L’orizzonte rimane quello delle elezioni politiche di fra due anni, dove la segretaria punta a presentarsi con una proposta ampia, radicata e credibile agli occhi degli elettori.
Scenari internazionali e diplomazia
Sullo scacchiere globale, il possibile vertice di Ferragosto tra Donald Trump e Vladimir Putin catalizza l’attenzione. Schlein giudica l’incontro potenzialmente storico soltanto se si tradurrà in progressi tangibili verso una pace definita «giusta». Non servono passerelle ma garanzie concrete, insiste. A quel tavolo, secondo lei, devono sedere l’Ucraina e un’Unione europea unita, perché non è concepibile discutere del futuro di un popolo invaso senza la sua presenza diretta. Il timore, condiviso con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, è che il Cremlino sfrutti l’occasione per ingannare Washington e guadagnare tempo. La responsabilità dell’aggressione, ricorda, resta integralmente su Putin, che finora non ha mostrato alcuna reale apertura a interrompere il conflitto.
L’Italia, secondo Schlein, avrebbe dovuto già attivarsi per creare un fronte diplomatico europeo coeso in grado di sostenere Kiev e imporre condizioni eque al negoziato. L’assenza di iniziative concrete viene imputata tanto all’attuale governo di destra quanto, in passato, a un’Unione europea che ha faticato a parlare con una sola voce. «Il nostro compito – afferma – è lavorare perché al tavolo siedano Ucraina ed Europa con una posizione comune, capace di tutelare la sicurezza sia degli ucraini sia dei cittadini europei». A suo giudizio, senza questa compattezza, un’eventuale pace rischia di trasformarsi nella ratifica di un’ingiustizia, compromettendo la credibilità internazionale dell’Occidente.
Europa, innovazione e competitività
Nell’arena comunitaria, la discussione sul futuro del Green Deal e sull’AI Act impone, secondo Schlein, uno sforzo finanziario comune di dimensioni inedite. La leader dem sostiene che il NextGenerationEU debba diventare uno strumento permanente e alimentare un grande piano industriale europeo capace di guidare le trasformazioni ecologiche e digitali. Propone 800 miliardi l’anno di investimenti pubblici e privati a livello continentale, per non lasciare le singole nazioni schiacciate tra la potenza di fuoco statunitense e quella cinese. Regolare l’intelligenza artificiale – argomenta – non significa bloccare l’innovazione, ma ancorarla ai diritti delle persone. Senza fondi comuni, a suo dire, l’Europa rischia di restare spettatrice, mentre le startup e le amministrazioni pubbliche italiane pagherebbero il prezzo di regole senza finanziamenti.
Le tensioni commerciali con Washington rappresentano un ulteriore banco di prova. Schlein giudica l’intesa sui dazi fin qui raggiunta «una resa», osservando che prevede fino a 750 miliardi di investimenti europei negli Stati Uniti, mentre i governi nazionalisti – compreso quello italiano – non hanno illustrato piani per compensare le imprese e le famiglie. Ricorda che la stessa cifra, al tempo del suo governo con i partner progressisti europei, era stata pattuita per l’Europa, non per esportare capitali oltreoceano. Di fronte all’approccio aggressivo degli Usa e a quello espansionistico di Pechino, la risposta non è il ripiegamento nazionalista, ma una strategia comune. Perciò insiste sull’urgenza di investimenti condivisi, unico antidoto a una competizione che altrimenti ci vedrebbe subordinati.
Dossier Mediterraneo e crisi umanitarie
Nel Mediterraneo orientale, l’escalation che da mesi insanguina Gaza impone, per Schlein, una scelta di campo netta. La leader dem chiede il riconoscimento immediato dello Stato di Palestina, seguendo l’esempio di Spagna, Norvegia e Irlanda, e sollecita Francia e Regno Unito a mantenere l’impegno già annunciato. A suo avviso, l’Autorità nazionale palestinese – e non Hamas – deve essere rafforzata per assumere funzioni di governo e sicurezza. Invoca cessate il fuoco, corridoi umanitari, liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ed esercizio di pressione su Benjamin Netanyahu tramite sanzioni personali, sospensione degli accordi di collaborazione UE-Israele e blocco del memorandum militare con l’Italia. Attendere, insiste, equivale a consegnare i palestinesi alla cancellazione dichiarata dalle frange estreme del governo israeliano.
Ad un’intervistatrice che le ricorda come Hamas abbia definito gli attacchi del 7 ottobre «necessari», Schlein replica che il terrorismo non si giustifica mai. Ha condannato con fermezza quelle azioni e ribadisce che ciò che avviene oggi non è legittima difesa ma punizione collettiva di un popolo. Il riconoscimento della Palestina risponde dunque sia a principi di giustizia sia alla necessità di rilanciare la prospettiva dei due popoli, due Stati, opposta alle visioni di Hamas e dell’attuale governo israeliano. Solo offrendo un orizzonte politico reale – conclude – si depotenziano gli estremismi e si rende possibile la pace.
Migrazioni e gestione delle frontiere
Il tema migratorio resta centrale. Schlein giudica «uno spreco di denaro pubblico» le strutture costruite in Albania per accogliere i richiedenti asilo provenienti via mare. L’accordo, a suo dire, viola la normativa italiana ed europea, compromette i diritti fondamentali dei migranti e sottrae risorse a settori ben più urgenti. Ricorda che l’operazione è costata 800 milioni, cifra con cui si sarebbe potuto finanziare un piano straordinario di assunzioni per medici e infermieri o mettere in sicurezza edifici scolastici. È Giorgia Meloni, afferma, a dover spiegare agli italiani perché ha scelto una strada illegittima e costosa. Le sentenze che si sono succedute, insiste la segretaria, hanno confermato i dubbi sollevati fin dall’inizio dal Partito democratico.
Se e quando dovesse guidare il governo, Schlein promette di dare soluzione immediata alla questione, riportando l’accoglienza all’interno del quadro legale nazionale ed europeo e investendo le risorse recuperate nel welfare. Nel frattempo chiede alla premier di assumersi la responsabilità politica dell’errore e di scusarsi con cittadini e contribuenti. L’emergenza migratoria – osserva – non si affronta esternalizzando i confini, ma rafforzando i corridoi umanitari, la cooperazione internazionale e l’integrazione sul territorio. Anche su questo punto, la segretaria vede nella prossima legislatura europea l’occasione per spingere su un sistema comune di asilo, superando le logiche dei nazionalismi che hanno finora paralizzato il dibattito.
L’orizzonte del 2027
La prospettiva, sintetizza Schlein, è conquistare la guida del paese fra due anni con un programma che ridia speranza e concretezza. Le cinque priorità individuate – sanità pubblica, scuola e ricerca, lavoro dignitoso, politiche industriali delle transizioni digitale ed ecologica, diritti civili e sociali – mirano a incidere sulle condizioni materiali degli italiani. Non siamo condannati a una stagione di tagli ideologici, ripete. Tra le proposte figurano il congedo parentale paritario, il diritto alla casa in un mercato immobiliare reso inaccessibile dagli affitti, e una strategia a sostegno delle imprese manifatturiere che esportano qualità ma hanno bisogno di visione industriale per reggere la competizione globale.
Dal giorno della sua elezione, la segretaria ha intrapreso un tour davanti a fabbriche, ospedali e periferie, reclamando «un Partito democratico che torna in mezzo alla gente». Racconta incontri nelle aree interne dimenticate, mentre accusa la premier di rimanere ripiegata nei palazzi romani. Quel contatto, dice, sta ricostruendo fiducia fra gli elettori che avevano smesso di votare. Le battaglie su salario minimo, part-time forzato, congedi, sanità e scuola verranno portate avanti «non contro qualcuno ma per qualcosa». Quando le priorità di giovani, anziani e imprese coincidono con la nostra agenda – conclude – la sintonia con gli elettori diventa naturale e la vittoria possibile.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link