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Come la Cina sta riscrivendo le rotte dell’energia, dal Mar Caspio all’Europa


Sin dalla sua presentazione nel 2013, l’iniziativa cinese Belt and Road ha sempre messo la cooperazione energetica in cima alla lista delle priorità. Investendo in gasdotti per il trasporto di gas naturale, nel potenziamento delle reti elettriche e in progetti di energia rinnovabile, la Cina non solo ha ridisegnato il modello di interconnessione energetica del continente eurasiatico, ma ha anche influenzato profondamente l’ecologia geopolitica territoriale.

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Dopo l’insediamento di Trump, la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti si è intensificata, andando a indebolire lo slancio della ripresa economica globale. La crisi ucraina non è ancora stata risolta e il conflitto tra Palestina e Israele è tuttora in corso. I rischi geopolitici continuano a causare instabilità e incertezza nello sviluppo economico globale.

Gasdotti: ricostruire l’arteria energetica dell’Eurasia
Nel settore del petrolio e del gas, la cooperazione energetica fondata su progetti di esplorazione e sviluppo, e sulla costruzione e gestione di canali transfrontalieri, è divenuta il fulcro – oltre che il punto di forza – della diplomazia energetica cinese. Nel 2022, la produzione di petrolio e gas oltremare da parte delle compagnie petrolifere e petrolchimiche cardine ha raggiunto quota centottantacinque milioni di tonnellate di petrolio equivalente, mentre la produzione di petrolio e gas all’estero è pari a centodue milioni di tonnellate. L’assetto della cooperazione internazionale continua a migliorare e le partecipazioni nel settore petrolifero e del gas oltremare sono in costante aumento.

La costruzione di gasdotti cinesi in Asia Centrale rappresenta un intervento chiave per superare il dilemma di Malacca e garantire la sicurezza energetica. Oggi la Cina ha aperto un canale diretto tra il proprio mercato e le risorse energetiche dell’Asia Centrale, realizzando progetti congiunti quali i gasdotti per il trasporto di gas naturale Cina-Kazakistan e Cina-Asia Centrale, artefici dell’indebolimento del controllo intermedio della Russia.

Prendendo come esempio il Kazakistan, l’oleodotto Cina-Kazakistan trasporta venti milioni di tonnellate di greggio all’anno, pari al sette per cento dei quantitativi importati dalla Cina. Una volta ultimata la linea D del gasdotto Cina-Asia Centrale, la capacità di trasporto di gas raggiungerà gli ottantacinque miliardi di metri cubi all’anno, vale a dire un quarto delle importazioni di gas naturale della Cina. Questi condotti non solo aggirano la Russia, ma si estendono anche alla regione del Mar Caspio attraverso Paesi hub come l’Uzbekistan, formando un potenziale canale di collegamento tra Medio Oriente ed Europa.

Per esempio, la prevista ferrovia Cina-Kirghizistan-Uzbekistan aggirerà, una volta ultimata, la Russia e costruirà un corridoio energetico terrestre direttamente verso l’Europa, indebolendo ulteriormente le restrizioni imposte dagli Stati Uniti al commercio cinese attraverso i blocchi marittimi.

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Il piano di espansione del progetto China-Russia Arctic LNG 3 e dell’oleodotto per il greggio a trenta milioni di tonnellate all’anno è prova del consolidamento dell’autonomia strategica della Cina attraverso una diversificazione delle importazioni energetiche e un contemporaneo bilanciamento delle relazioni con la Russia.

Interconnessione alla rete e tecnologia di stoccaggio dell’energia
In Asia Centrale le infrastrutture elettriche risentono del peso degli anni, ed è quindi imperativo aggiornarle o sostituirle con nuove costruzioni. Questo porta a nuovi requisiti in termini di stabilità del sistema elettrico una volta integrate le nuove energie su larga scala.

Stando alle previsioni, il tasso di crescita medio annuo della domanda di energia elettrica in Asia Centrale dal 2023 al 2040 si assesterà tra l’uno virgola sette per cento e il due virgola nove per cento. Entro il 2040, la domanda raggiungerà quota duecentosettantasei-trecentotrentuno miliardi di kilowattora e la capacità totale installata oscillerà tra ottantanove milioni e centotto milioni di kilowatt.

Gli investimenti della Cina nella rete elettrica dell’Asia Centrale mirano a risolvere le carenze di energia a livello regionale e a integrare le energie rinnovabili. L’obsolescenza delle strutture della rete elettrica lasciate in eredità dall’era sovietica si fa ampiamente sentire, con tassi di perdita di trasmissione fino al quindici per cento in Kazakistan e instabilità delle forniture di energia idroelettrica in Kirghizistan e Tagikistan, a causa delle fluttuazioni stagionali.

La Cina sta promuovendo la modernizzazione delle reti elettriche regionali attraverso la costruzione di linee di trasmissione ad altissima tensione e di impianti di stoccaggio dell’energia.

Sungrow (Cina), in collaborazione con China Energy Engineering Corporation (CEEC), ha annunciato la messa in funzione dell’innovativo progetto di accumulo energetico Lochin da centocinquanta MW / trecento MWh nella regione di Andijan, in Uzbekistan. Installato con l’ESS PowerTitan 2.0 di Sungrow, all’avanguardia e raffreddato a liquido, e adottando la tecnologia di pre-diagnosi basata sull’IA per ottenere una rapida risposta agli eventi di guasto, questo impianto segna il primo progetto di accumulo di energia dell’Uzbekistan ed è il più grande del suo genere in Asia Centrale.

Il gruppo di progetti di accumulo di energia distribuita da uno virgola otto GWh dei PECO aggrega risorse eoliche e solari attraverso il modello della centrale elettrica virtuale, fornendo soluzioni di trasformazione replicabili e orientate al mercato per Paesi come il Kazakistan.

Tali progetti non solo migliorano la stabilità della rete elettrica, ma promuovono anche l’esportazione di standard tecnici cinesi: il Kazakistan adotta lo standard cinese GB/T per la connessione alla rete di stoccaggio dell’energia, segnando il passaggio della Cina dall’esportazione di apparecchiature alla creazione di regole.

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Energia rinnovabile: costruire una Via della Seta verde
La transizione energetica globale ha anche spinto le aziende cinesi a partecipare attivamente a progetti di energia rinnovabile all’estero. Le imprese cinesi forniscono al territorio un pacchetto di servizi che spaziano dall’esplorazione geologica alla pianificazione e alla scelta del sito, dalla misurazione di vento e luce alla valutazione delle risorse, passando per la progettazione, l’analisi del sistema di accesso e la gestione del funzionamento e della manutenzione.

Unendo assistenza tecnica e servizi di ingegneria, realizzano progetti dimostrativi di cooperazione per l’innovazione tecnologica e promuovono la formazione di un nuovo modello di cooperazione caratterizzato dalla condivisione della tecnologia e dall’ottenimento di un vantaggio reciproco.

Se si prende a esempio il parco eolico di Zanatas, in Kazakistan, il progetto genera trecentocinquanta milioni di kilowattora di energia elettrica all’anno, coprendo il venti per cento del fabbisogno del Kazakistan meridionale e riducendo di centodiecimila tonnellate il consumo di carbone standard.

La Cina sta incoraggiando la costruzione della catena industriale delle energie rinnovabili nei Paesi dell’Asia Centrale attraverso il trasferimento di tecnologie e la produzione localizzata, come nel caso della localizzazione del settantacinque per cento dei componenti nella fabbrica di turbine eoliche di Almaty, in Kazakistan.

Al contempo, il progetto del super hub Wind Solar Hydrogen Storage, capitanato dalla Cina, converte l’energia solare dell’Asia Centrale in energia elettrica verde e la trasmette direttamente al Paese, verificando la fattibilità del modello Energy Storage+Renewable Energy.

Impatto geopolitico: ristrutturare il potere giocando d’azzardo
Se da un lato questi progetti alleviano le carenze energetiche locali, dall’altro attraggono il sostegno della finanza verde internazionale grazie a sistemi di contabilizzazione del carbonio (per esempio, il sostegno al progetto di stoccaggio energetico della centrale idroelettrica di Rogun, in Tagikistan), promuovendo un cambio di rotta nelle regole della governance energetica globale verso un modello a basse emissioni di carbonio.

Già in epoca sovietica, quando la rete energetica dell’Asia Centrale era incentrata sulla Russia, la Cina costruiva condotti e reti elettriche per ridurre la dipendenza dei Paesi di quell’area dalla Russia stessa. Per citare un esempio, il Turkmenistan era costretto a esportare gas naturale a prezzi bassi a causa dei tagli imposti dalla Russia; il gasdotto Cina-Turchia gli ha permesso di aggirarla e di fornire gas direttamente alla Cina, ridisegnando le regole del commercio energetico regionale.

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Grazie al canale del China-Europe Land-Sea Express e al corridoio ferroviario Cina-Kirghizistan-Uzbekistan, la Cina è riuscita a realizzare un passaggio via terra che aggira lo Stretto di Malacca e la Russia, riducendo la dipendenza dalle rotte marittime controllate dagli Stati Uniti. Il secondo ponte continentale eurasiatico (da Lianyungang a Rotterdam) e il nuovo passaggio previsto metteranno la Cina in una posizione geopolitica più proattiva nel commercio eurasiatico.

Attraverso il programma Cef, l’Unione europea sostiene la rete elettrica degli Stati baltici per staccarsi dalla Russia, intensificando la concorrenza con la Cina nei mercati terzi. Tuttavia, la cooperazione tra Cina ed Europa in materia di energia verde e standard infrastrutturali è possibile, per esempio integrando il software infrastrutturale dell’Unione europea (standard e gestione) con l’hardware infrastrutturale della Cina (tecnologia e finanziamenti).

Sfide e prospettive future
In futuro, la Cina potrebbe anche integrare energia basata sull’idrogeno e le tecnologie dei gemelli digitali, promuovere la costruzione dell’Internet energetico eurasiatico, approfondire la cooperazione con l’Unione europea e l’ASEAN attraverso il modello Technology+Carbon Finance, e dare vita a un sistema di governance energetica più inclusivo.

Attraverso l’investimento energetico Belt and Road, la Cina sta riscrivendo la mappa geoeconomica dell’Eurasia. Gasdotti, reti elettriche, combustibili fossili, energie rinnovabili: questi progetti non solo garantiscono la sicurezza energetica della Cina, ma danno anche forma a una nuova comunità energetica imperniata sulla Cina attraverso standard e regolamenti tecnici.

Un simile processo non solo sfida il sistema egemonico tradizionale, ma fornisce anche soluzioni diversificate per la transizione energetica globale. Tuttavia, per capire se la Cina riuscirà a realizzare la visione della «Via della Seta verde», bisognerà vedere come verranno bilanciati gli interessi in gioco e come saranno mitigati i rischi nel complesso contesto geopolitico vigente.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul numero 65 di We – World Energy, il magazine di Eni.

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