Si stima che un’azienda agricola di circa 10 ettari possa spendere fino a 5mila euro all’anno per l’energia elettrica. La spesa aumenta con la dimensione aziendale e può differire molto da azienda ad azienda, a seconda dell’orientamento produttivo. Le maggiori voci di spesa sono la meccanizzazione e l’irrigazione, ma i consumi energetici possono comportare una spesa significativa in caso di serre ad alta tecnologia o in caso di prima trasformazione dei prodotti, con laboratori annessi all’attività.
FER X Transitorio, ovvero il Decreto 457 emanato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase) che stabilisce il quadro normativo per promuovere impianti da fonti rinnovabili e datato 30 dicembre 2024, entrato in vigore il 28 febbraio 2025, incentiva la produzione di energia da fonti rinnovabili e in particolare riserva 3 GW di nuova capacità rinnovabile ai piccoli impianti (con al massimo 1 MW di potenza).
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FER X Transitorio, chiamato così in gergo perché ci si aspetta poi un FER X Ordinario, riguarda tutte le fonti rinnovabili, in particolare qui però ci dedicheremo al fotovoltaico e, appunto, agli impianti di piccola taglia. Questo tipo di impianti infatti è esentato dalle aste competitive e accede direttamente all’incentivo, a patto che i lavori siano iniziati dopo l’entrata in vigore del FER X Transitorio. Parlando di fotovoltaico è importante sottolineare che il FER X Transitorio riguarda tutti gli impianti fotovoltaici, che siano posizionati su strutture o a terra, indipendentemente dal fatto che preservino o meno, al di sotto, l’attività agricola, come avviene con l’agrivoltaico.
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Per poter accedere si deve essere in possesso dei titoli autorizzativi. La domanda va presentata all’atto di inizio lavori, con agile procedura online, entro il 31 dicembre 2025 e potrà essere accettata solo se il contingente di 3 GW riservato agli impianti con potenza minore di 1 MW, non è stato superato. All’entrata in esercizio dell’impianto si trasmette la dichiarazione e si dà il via all’incentivo, che ha una durata di venti anni. L’incentivo non riguarda solo progetti per nuove costruzioni di impianti, ma anche rifacimento integrale o potenziamento.
Tutti i dettagli che riguardano la documentazione da presentare e le regole per poter fare domanda di incentivo si trovano nelle Regole Operative elaborate dal Gestore dei Servizi Energetici (Gse).
Centrale però è fare qualche conto per capire se l’accesso all’incentivo conviene o non convenga piuttosto vendere al mercato l’energia prodotta e accettare il rischio che, negli anni, il prezzo sia inferiore a quello stabilito per gli impianti inferiori a 1 MW di potenza. Naturalmente la tariffa è garantita per venti anni e quindi per tale durata l’agricoltore potrà contare su un ingresso di liquidità fissa, ma l’investimento per l’impianto è a suo carico e certamente occorrerà rivolgersi a istituti bancari per ottenere un finanziamento, che poi deve essere ripagato.
Arera, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, ha stabilito la tariffa a 77 euro/MWh e sebbene questa sia stata aumentata rispetto a una prima ipotesi, secondo diversi operatori del settore risulta troppo bassa. È comunque previsto un adeguamento della tariffa con un meccanismo di indicizzazione rispetto all’inflazione e all’indice nazionale del prezzi al consumo. Sono stati inoltre inseriti dei correttivi in caso di eliminazione di eternit o amianto (+27 euro/MWh), di realizzazione nelle regioni del Centro Italia (+4 euro/MWh) o del Nord (+10 euro/MWh) o di realizzazione dell’impianto su specchi d’acqua (+5 euro/MWh).
“Se c’è autoconsumo può convenire. L’azienda ha una mancata spesa che è più alta rispetto alla tariffa. Altrimenti ricadiamo nel caso di tutta vendita in rete. A mio parere la tariffa è troppo bassa, in più ti chiedono di finire i lavori, allacciare e poi parte la tariffa”, afferma Alessio Pinzone, fra gli operatori critici rispetto alla tariffa fissata.
Pinzone, venti anni di esperienza nel mondo delle rinnovabili, ha fondato ResFarm, azienda specializzata in particolare sull’agrivoltaico. “Se parliamo di impianti agrivoltaici – ci ha detto Alessio Pinzone – l’investimento iniziale è ancora più alto. Non viene riconosciuto, fra l’altro, alcun contingente separato per l’agrivoltaico o alcun contributo maggiorato rispetto al fotovoltaico standard. Speriamo che quando arriverà il FER X definitivo questo aspetto cambi”.
Da sottolineare che il FER X Transitorio non è compatibile con i fondi per lo sviluppo dell’agrivoltaico da Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr).
Una volta completati i lavori e quando l’impianto entra in esercizio si inizia quindi a percepire la tariffa di 77 euro/MWh, con le eventuali maggiorazioni di cui si potrebbe avere diritto. “Per impianti sotto i 200 kW l’energia è ritirata direttamente dal Gse e quindi alla fine di ogni mese arriveranno i pagamenti. Sopra quella taglia invece si va a mercato. L’agricoltore venderà a un soggetto terzo e poi il Gse calcolerà la differenza fra la tariffa pattuita e il prezzo cui si è venduta l’energia. L’energia resterà nelle disponibilità del produttore. Chiaramente potrà anche succedere di dover versare al Gse, se il prezzo sul mercato fosse superiore alla tariffa. È una scommessa a lungo termine“, ci ha spiegato Alessio Pinzone di ResFarm.
L’iter per ottenere l’incentivo per impianti di potenza pari al massimo a 1 MW sembra semplice, eppure gli errori possono essere dietro l’angolo. “Fra le principali problematiche che abbiamo visto negli anni – ha raccontato ancora Pinzone – ci sono quelle di autorizzazioni non corrette o l’aver sottostimato le opere di connessione. Non sono rischi da poco”.
Poi, spiegando meglio, ha aggiunto che “per quanto riguarda i documenti da preparare, sono blindati e quindi non c’è pericolo di sbagliare, ma succede che si sottovaluti l’iter autorizzativo. Per piccoli impianti si può andare in edilizia libera e quindi sostanzialmente si inoltra una pratica al comune e si comunica l’inizio lavori. Nessuno veramente analizza i documenti, non sono coinvolti enti e portatori d’interessi e può succedere che poi, all’atto pratico, qualcuno ti contesti. Il rischio è di perdere l’autorizzazione e di dover smantellare l’impianto, continuando però a pagare la banca che ti ha finanziato. Fra l’altro, gli istituti di credito faticano a concedere finanziamenti senza un titolo autorizzativo forte. Molto meglio quindi utilizzare la procedura Pas, Procedura Abilitativa Semplificata, perché, pur essendo agile, le autorità sono realmente coinvolte e si riduce il rischio di contestazioni”.
“Fra le casistiche spiacevoli che capitano – ha continuato Alessio Pinzone – c’è quella di una sottovalutazione della connessione alla cabina e quindi della necessità di far passare cavi su proprietà private o su strade statali, provinciali o comunali. I cavi solitamente occupano 40 centimetri e sono a una profondità tale che molto spesso si può addirittura continuare a coltivare dove passano, ma, ugualmente, può essere che il vicino si opponga e a quel punto occorre andare alla procedura d’esproprio. Gli impianti di energia rinnovabile godono infatti di priorità. Capita comunque che non si trovi l’accordo economico e così si deve procedere ad esproprio, ma passano anni prima che la procedura arrivi al termine e nel frattempo l’impianto è fermo. Affidarsi a chi ha anni di esperienza nella progettazione ha poi un altro vantaggio. L’investimento è importante e quindi conoscere i fornitori giusti di tecnologia è fondamentale. Ciò permette di risparmiare e allo stesso tempo di salvaguardare il buon funzionamento dell’impianto perché le performance dello stesso accelerano il ritorno dell’investimento”.
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