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Nanotecnologia in medicina, così cambiano le cure


A volte il futuro si nasconde nell’infinitamente piccolo. Tra le pieghe della materia, nelle strutture mille volte più sottili di un capello, si agitano oggi le promesse di una medicina radicalmente nuova. La nanotecnologia – ovvero l’insieme di tecniche e conoscenze che permettono di manipolare la materia su scala nanometrica (un miliardesimo di metro) – nell’ambito della medicina con le biotecnologie sta trasformando in realtà scenari che fino a pochi decenni fa sembravano appartenere alla fantascienza. Ed è proprio qui, nel cuore di queste innovazioni invisibili, che la medicina trova un nuovo campo di battaglia.

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Dalla scala macro a quella nano: un cambio di paradigma

Per capire il potenziale della nanotecnologia in medicina, bisogna prima fare un passo indietro. L’approccio classico alla cura delle malattie si basa su strumenti macroscopici: pillole, siringhe, bisturi. Certo, negli ultimi decenni abbiamo assistito a una miniaturizzazione impressionante, soprattutto nel campo della diagnostica (pensiamo alla TAC, alla risonanza magnetica, all’ecografia tridimensionale), ma il “salto quantico” è avvenuto nel momento in cui i ricercatori hanno imparato a costruire strumenti su misura per interagire con le cellule, le proteine, persino il DNA.

Parliamo di nanomateriali come i liposomi, le nanoparticelle metalliche, i quantum dots e i nanotubi di carbonio. Tutti oggetti invisibili all’occhio umano, ma dotati di proprietà fisico-chimiche uniche, che li rendono perfetti per interagire con il corpo umano in modo selettivo e preciso.

Una nanoparticella può viaggiare nel sangue, attraversare le barriere cellulari, accumularsi in un tumore e rilasciare lì il principio attivo. Oppure può illuminare un tessuto specifico per facilitare la diagnosi precoce. In pratica, diventa un’arma multifunzione: diagnosi, terapia e monitoraggio, tutto in uno.

Applicazioni di nanotecnologia in medicia: oncologia, virologia e oltre

Una delle aree in cui la nanotecnologia ha mostrato i risultati più promettenti è l’oncologia. Alcune terapie sperimentali (e non solo) utilizzano nanoparticelle rivestite di ligandi – molecole progettate per agganciarsi a specifici recettori presenti sulle cellule tumorali. Una volta arrivate a destinazione, queste “navette intelligenti” rilasciano il farmaco con una precisione che riduce drasticamente gli effetti collaterali tipici della chemioterapia.

Un esempio concreto è l’impiego dei liposomi nella formulazione della doxorubicina (un potente chemioterapico) nella versione “Doxil”, approvata dalla FDA. In questo caso, il principio attivo è racchiuso in piccole sfere lipidiche che si accumulano selettivamente nei tessuti tumorali, grazie all’”effetto EPR” (Enhanced Permeability and Retention), una proprietà dei vasi sanguigni tumorali di trattenere particelle di dimensioni nanometriche.

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In campo virologico, ma anche neurologico e cardiologico, si stanno sviluppando nanosensori capaci di rilevare biomarcatori specifici nel sangue o nei fluidi corporei, anticipando una diagnosi molto prima che i sintomi si manifestino. In altre parole, non si tratta solo di curare, ma di prevedere. La medicina predittiva trova così una potente alleata nelle nanotecnologie.

L’intelligenza artificiale per la nanotecnologia in medicina

L’intelligenza artificiale sta giocando un ruolo decisivo anche nel design e nell’ottimizzazione dei nanodispositivi. I modelli di machine learning sono già in grado di prevedere le interazioni tra nanomateriali e tessuti umani, di suggerire le composizioni ottimali per specifici obiettivi terapeutici, o di classificare in tempo reale i segnali provenienti dai nanosensori.

Pensiamo ai “nanobot” – ancora più vicini all’immaginario della fantascienza – che un giorno potrebbero essere programmati per svolgere compiti complessi all’interno del corpo umano, come distruggere selettivamente cellule patogene, o ricostruire tessuti danneggiati. Ebbene, senza algoritmi di controllo avanzati e intelligenze adattive, questa visione resterebbe utopia.

La combinazione di IA e nanotecnologia è forse uno degli esempi più emblematici della convergenza tra scienza dei materiali, informatica e biologia.

I limiti: non tutto è (ancora) oro a scala nanometrica

Naturalmente, non tutto è pronto per l’uso clinico. Alcuni degli ostacoli principali riguardano la sicurezza e la biocompatibilità dei nanomateriali. Non basta costruire qualcosa che funzioni bene in laboratorio: bisogna dimostrare che non provocherà danni a lungo termine, che verrà metabolizzato correttamente, che non causerà reazioni infiammatorie o tossicità imprevista.

E qui entra in gioco un altro punto cruciale: la regolamentazione. I sistemi di approvazione dei farmaci e dei dispositivi medici non sono ancora completamente attrezzati per gestire le peculiarità della nanotecnologia. La valutazione del rischio deve tener conto di una serie di parametri nuovi, come forma, dimensione, superficie, carica elettrica. Parametri che possono influenzare in modo drammatico il comportamento della nanoparticella nell’organismo.

A ciò si aggiunge un problema di costi e di produzione su larga scala. Molti dei nanodispositivi attuali richiedono processi di sintesi complessi, difficilmente scalabili per un uso massivo. Insomma, siamo di fronte a una tecnologia potente, ma ancora giovane, che ha bisogno di essere coltivata con pazienza.

Etica e futuro della nanotecnologia in medicina

C’è poi un’altra riflessione che si fa largo, inevitabile. Se introduciamo dispositivi intelligenti nel nostro corpo, capaci di raccogliere dati, monitorare costantemente i nostri parametri fisiologici, o addirittura interagire con il nostro DNA, chi garantisce che questi strumenti non vengano utilizzati per scopi diversi da quelli terapeutici?

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Il confine tra cura e sorveglianza, tra medicina personalizzata e profilazione biometrica, può diventare molto sottile. E la storia dell’innovazione tecnologica ci ha già insegnato che non sempre la disponibilità di una tecnologia coincide con il suo uso etico o responsabile.

Serve quindi una governance condivisa, una bioetica aggiornata ai tempi della nanomedicina. Serve il dialogo tra scienziati, ingegneri, medici, filosofi e cittadini. Perché l’impatto della nanotecnologia in medicina – positivo o negativo – non dipenderà solo da ciò che può fare, ma da ciò che sceglieremo di farle fare.

Bibliografia

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