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Il welfare aziendale è ancora poco presente nelle PMI, ma l’interesse aumenta • Secondo Welfare


Recentemente la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha pubblicato, in collaborazione con Pluxee, la terza edizione dell’indagine annuale dedicata alla diffusione e all’evoluzione del welfare aziendale nelle piccole e medie imprese italiane. La ricerca, in linea con la scorsa edizione, analizza i dati raccolti attraverso la somministrazione di un questionario distribuito nel marzo 2025 a un campione di 1.620 consulenti del lavoro distribuiti su tutto il territorio nazionale.

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La ricerca condotta dalla Fondazione offre uno spaccato utile per capire in che direzione si stanno muovendo le PMI italiane in tema di welfare aziendale. Oltre a descrivere la percezione dei consulenti del lavoro, che sono le principali figure con cui le micro e piccole imprese si relazionano per quanto riguarda il welfare (e non solo), la ricerca aiuta infatti a far luce su difficoltà e sfide che le aziende di piccole dimensioni incontrano quando si parla di misure e prestazioni di welfare.

Di seguito vi proponiamo i dati più interessanti dell’indagine e alcune riflessioni in merito.

La diffusione del welfare aziendale nelle PMI

Pur mostrando segnali di lieve miglioramento rispetto al 2023, l’indagine indica come in tema di welfare aziendale ci sia ancora un divario marcato tra le grandi aziende e le micro, piccole e medie organizzazioni, che in termini numerici rappresentano il 99% del tessuto produttivo italiano. Per oltre il 73% dei consulenti intervistati, infatti, meno di un terzo delle PMI ha attivato strumenti di welfare.

Interessante è poi il dato sull’utilizzo effettivo di tali strumenti: secondo il 60,8% dei consulenti del lavoro, infatti, il livello di utilizzo degli strumenti di welfare da parte delle PMI è ancora “abbastanza basso”, mentre per un ulteriore 26,6% è addirittura “basso”. Solo una minoranza (12,6%) ne rileva una diffusione elevata o abbastanza elevata.

Il quadro che emerge è quello di un sistema in via di sviluppo, ma ancora lontano da una svolta strutturale. Secondo i consulenti le imprese mostrano un interesse crescente per il welfare aziendale, ma questo non sempre si traduce in scelte concrete. A rallentare la diffusione sono soprattutto la percezione di un possibile aggravio di costi futuri, la complessità gestionale degli strumenti e, in alcune aree, una scarsa conoscenza delle opportunità offerte dal welfare aziendale (figura 1).

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Figura 1. Principali difficoltà che i Consulenti incontrano nel promuovere soluzioni di welfare aziendale nelle PMI, 2025 (val. %) (*). Fonte. Indagine Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.

Le prospettive di sviluppo futuro

Nonostante l’attuale scarsa diffusione del welfare, la prospettiva per il futuro è, secondo i consulenti, di un rafforzamento del welfare aziendale tra le PMI. Il 64,1% pensa che, nel triennio 2025-2028, ci sarà un discreto aumento mentre il 12,3% che prevede una crescita sostenuta. Solo il 21,2% pensa che la diffusione tra le PMI rimarrà stabile, mentre del tutto marginale (2,3%) è la quota di quanti prevedono un ridimensionamento.

Le prospettive di crescita, secondo lo studio, sono da ricondurre anche alla trasformazione del ruolo dei consulenti del lavoro. Negli ultimi anni sono sempre di più i professionisti che offrono azioni di consulenza e supporto per quanto riguarda il welfare: si è passati dal 19,2% del 2021 (momento della prima rilevazione) al 65,2% del 2025. In appena quattro anni, la percentuale è quindi più che triplicata: un cambiamento che, da un lato, riflette la crescente domanda da parte delle imprese e, dall’altro, una maggiore consapevolezza da parte dei professionisti rispetto al potenziale strategico del welfare.

Ai consulenti è stato poi chiesto quali ritengono essere le singole prestazioni che avranno una crescita maggiore nei prossimi anni. Come si può vedere dalla figura 2, le prestazioni che secondo i professionisti si diffonderanno di più tra le PMI sono quelle più semplici da veicolare, come i buoni pasto, i buoni spesa e acquisto, i buoni carburante. Cioè dipende anche dal fatto che, fino al 31 dicembre 2027, il Governo ha previsto un aumento della soglia di defiscalizzazione dei fringe benefit, quindi proprio quegli strumenti di welfare aziendale che sono comunemente veicolati attraverso buoni spesa, buoni carburante, gift card o voucher acquisto da spendere presso catene commerciali o negozi convenzionati.

Figura 2. Le misure di welfare considerate più rilevanti per il prossimo futuro. Fonte. Indagine Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.

Il welfare aziendale e la sostenibilità in azienda

Di seguito, il rapporto curato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro approfondisce il potenziale ruolo del welfare aziendale in materia di sostenibilità per le aziende. Secondo gli intervistati oggi i nessi tra misure di welfare, conciliazione e pratiche di sostenibilità è ancora molto fragile, soprattutto tra le PMI.

Il tentativo di integrare welfare aziendale e sostenibilità sociale e ambientale fatica a tradursi in pratica soprattutto per la mancata attenzione delle aziende verso questi temi verso cui le imprese mostrano ancora scarso interesse per questi temi secondo il 61,8% dei rispondenti. La sostenibilità resta infatti percepita come un elemento “esterno” all’organizzazione aziendale, più culturale che operativo. Laddove esiste attenzione, questa si concentra soprattutto sul benessere dei lavoratori (63,3%), mentre rimangono in secondo piano la riduzione dell’impatto ambientale (40,4), l’etica di filiera (12,3%) e le politiche di Diversity & Inclusion (10,7%) (figura 3).

Figura 3. Aree di sostenibilità ambientale e sociale su cui si concentra attenzione delle imprese, secondo i Consulenti del Lavoro, 2025 (val. %). Fonte. Indagine Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.

Quale ruolo per il welfare aziendale nelle PMI: una riflessione

Dalla ricerca della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro emerge un quadro ancora in evoluzione. Nonostante ci sia un aumento di interesse delle micro, piccole e medie imprese verso il welfare aziendale, c’è ancora molta strada da fare per costruire una cultura veramente attenta al benessere dei dipendenti.

L’indagine mette in luce come sempre più consulenti portino il tema del welfare all’attenzione dei piccoli imprenditori. I consulenti del lavoro hanno infatti compreso la centralità del welfare per le organizzazioni, soprattutto in termini di fidelizzazione delle persone e retention, cioè della capacità che i benefit di welfare hanno di ridurre il turn over aziendale.

Tuttavia le PMI hanno spesso risorse limitate per questo genere di investimenti e, anche quando scelgono di realizzarli, si muovono con grande cautela nel tentativo di fare scelte il più possibile attente e oculate. Appare quindi necessario guidarle e sostenerle nelle varie fasi di implementazione delle sperimentazioni di welfare. In questa direzione, una strategia utile per supportare le PMI nel campo del welfare è quella della costruzione di reti. Le imprese che sono vicine a livello geografico o che sono abituate a lavorare insieme per questioni produttive possono infatti trovare nella rete uno strumento per “unire le forze”.

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Le reti anche nel campo del welfare aziendale possono consentire di ridurre i costi e l’investimento iniziale e creare una massa critica tale da rendere sostenibile un piano di welfare, anche complesso. In merito, Percorsi di secondo welfare  ha raccontato tanti interventi territoriali che vanno in questa direzione, come quello del Consorzio NIP di Pordenone, quello del Distretto della Bassa Romagna in provincia di Ravenna, il progetto Valoriamo nelle province di Lecco e Sondrio e Oristano Welfare in Sardegna; oppure di esperienze come quella del progetto Welfare di Marca nelle Marche o della rete WellDone di Parma.

L’auspicio, dunque, è che anche i consulenti del lavoro possano promuovere sempre di più delle logiche “di rete” per le piccole e medie imprese.

 

 

Foto di copertina: Andrea Piacquadio, Pexels.com





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