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Tra asini onesti e specialisti furbastri, decida la politica non il Pm


skyline di Milano

Ci siamo già passati. Per tutte le fasi. Non solo ci siamo passati senza buoni risultati: ma con pessimi risultati. La pubblica amministrazione è sempre lì, stancamente inchiodata al dilemma: meglio amministratori (e dirigenti) competenti ma intrallazzati (o comunque esposti al conflitto d’interessi)? O personaggi incompetenti ma insospettabili?

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Il grillismo ha preso le mosse, tra gli altri malesseri, anche da quello di tanta parte dell’opinione pubblica italiana che ha nei decenni constatato come, in questo Paese, dal tempo dello scandalo dei petroli, il capo delle guardie si rivela spesso essere anche amico dei ladri (ne risparmiamo il nome, perché naturalmente un certo generale fu assolto, dopo essere stato sanguinosamente sputtanato con una condanna di primo grado). Ma devono essere millenni che funziona così, (ossia: non funziona) altrimenti il poeta latino non avrebbe coniato l’angoscioso interrogativo: “Quis custodiet ipsos custodes?” cioè “chi sorveglia i sorveglianti?” (Giovenale, VI Satira, 1° secolo dopo Cristo).

E cos’hanno fatto i Grillini, rispetto a questo “dilemma pubblico numero 1”? Hanno attuato il cosiddetto “teorema Azzolina”, ossia hanno concretamente preferito persone inesperte e inadeguate ad eventuali superesperti (a trovarne), per insediarle in posizioni di potere. La poveretta, Lucia Azzolina, non aveva alcun particolare titolo cursus honorum, anzi il web riporta (quindi chissà se è vero) che avesse preso zero su sei punti in informatica e cinque su dodici punti in inglese, ma divenne ministro dell’istruzione e passò alla storia per aver fatto comprare i banchi a rotelle.

La Palazzopoli di Milano è in fondo tutta qui, in questo eterno dilemma, per quanto la Procura si arroghi il diritto non solo di rilasciare commenti moralistici (“Territorio svilito a merce da saccheggiare”… bah) ma dimostri anche di avere e voler dichiarare una visione sullo sviluppo urbanistico legittima – per carità – quanto irrilevante, visto che nessuno ha mai eletto quei magistrati al governo della città, né essi si sono mai candidati.

Al netto di queste invasioni di campo che squalificano chi le fa, risultano oggettivamente imbarazzanti le cifre delle consulenze che alcuni dei decisori dell’urbanistica milanese avevano percepito o percepivano da alcuni attori-chiave dei grossi progetti di sviluppo della città, quelli miliardari. Al netto delle migliori intenzioni, com’è immaginabile che un professionista, per bravo e serio e rigoroso che possa essere, non nutra una certa qual benevolenza verso un suo cliente dal quale ha intascato milioni di parcelle? E come si può pensare che questo professionista non sia portato, nelle sue funzioni pubbliche, ad assecondarne le richieste?

Il bivio è netto: viene un momento in cui il funzionario pubblico può dover “dire di no” al suo ex cliente. Può esserne capace, certo, anche se ne è amico o ha lavorato per lui: e capita pure, e risulta capitato persino in questa Palazzopoli, a giudicare dalle stesse intercettazioni generosamente elargite ai media da fonti evidentemente addentro alle carte della Procura (non si dica mai “imbeccate dalla Procura” perché non ce ne sono le prove): Stefano Boeri, ad esempio, con tutto il suo prestigio, la confidenza personale col Sindaco e l’ovvio consenso degli imprenditori privati interessati e assai vicini all’organigramma comunale, si è visto bocciare un suo bellissimo progetto, la Torre Botanica…

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Ma il sospetto sul conflitto d’interessi dei funzionari resta lecito, anzi diciamolo: è enorme, monumentale.
E quindi? Quindi richiamiamo in servizio le mille Azzoline e Azzolini del nostro sconforto?

No, si può far di meglio: richiamiamo Gabriele Albertini, il sindaco (scelto da Berlusconi all’inizio del decennio di autentica persecuzione giudiziaria che subì, pur se in parte fondata, dalla Procura di Milano). Lo richiamiamo perché Albertini, in nove anni da sindaco, ha appaltato 6 miliardi di lavori diretti, rendendone possibili altri 30 in città, senza che nessuno della sua giunta né ovviamente lui stesso venissero mai lambiti da un solo avviso di garanzia.

Una condotta limpida, e geniale nella sua extra-istituzionalità: ossia, Albertini ebbe il coraggio e la capacità di chiedere e ottenere dalla Procura, con gli strumenti che solo la Procura aveva, un sostegno preventivo nel selezionare gli appaltatori dei lavori tra quelli cristallini, non a caso escludendo 600 pretendenti indegni e ottenendo così un percorso netto nella realizzazione di opere pubbliche cruciali e tempestive.

Perché una condotta “extra-istituzionale?” Semplice: perché non spetta alle Procure dividere preventivamente buoni e cattivi. A quel fine dovrebbero bastare altri istituti, dalle varie certificazioni disponibili alle documentazioni antimafia al rating di legalità: ma quando Albertini fu sindaco di Milano (’97-2006) l’Italia emergeva a pezzi dal frullatore di Tangentopoli, che aveva paradossalmente generato l’anticorpo del berlusconismo ma non aveva certo disarmato né i corrotti né i pm d’assalto, quindi solo una mossa del cavallo avrebbe potuto salvare la città dalla paralisi (paralisi che peraltro neanche l’attivismo pseudoliberista del berlusconismo risparmiò al Paese nel suo insieme, come tutti i parametri di finanza pubblica e di macroeconomia di quel decennio sono lì ad attestare).

Quindi Albertini ebbe la genialità di escogitare, da eletto, una soluzione politica atipica, appunto extra-istituzionale ma fattiva, per andare avanti, e la lucida onestà di procedere senza tentennamenti sulla via del fare con trasparenza. Non potevano e non possono essere i Pm a scegliere di volta in volta tra asini onesti e specialisti disonesti. Oltretutto, non è detto che ne sarebbero sempre capaci. Ma quella di Albertini, un tecnico prestato alla politica, pur sempre una scelta politica fu. Perché è quello della politica il terreno sul quale si dovrebbe anche oggi trovare la soluzione di metodo che occorre.
Ma… ma v’immaginate Meloni, La Russa, Salvini e Tajani di qua e Schlein, Renzi e Conte di là, attorno a un tavolo, per discuterne pacatamente fino a trovarla, questa soluzione?
Inimmaginabile, vero?



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