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Fascicolo Sanitario Elettronico, diseguaglianze di utilizzo tra cittadini e medici con differenze regionali marcate


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fascicolo sanitario elettronico

16 Luglio 2025

I dati della Fondazione GIMBE, indicano marcate diseguaglianze regionali nell’utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico, con forti ritardi nel Mezzogiorno sia nella disponibilità dei documenti sia nell’utilizzo da parte di cittadini e specialisti. Manca il consenso di oltre la metà della popolazione e l’effettivo uso resta marginale

di Redazione Farmacista33


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Il Fascicolo Sanitario Elettronico è ancora lontano da una piena e uniforme operatività a livello nazionale: al sud solo il 42% dei cittadini ha dato il consenso alla consultazione dei dati, e solo il 21% lo ha effettivamente usato. Le differenze territoriali ci sono anche tra gli operatori. Le diseguaglianze regionali nella disponibilità dei documenti, nei servizi offerti e nel coinvolgimento dei cittadini rischiano di trasformarsi in nuove forme di esclusione sanitaria, serve un “patto nazionale per la sanità digitale”, altrimenti il Fse rischia di generare nuove disuguaglianze, invece di ridurle. I dati sono stati presentati dalla Fondazione GIMBE durante il 9° Forum Mediterraneo in Sanità in corso a Bari.

“Il Fascicolo Sanitario Elettronico – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – dovrebbe essere la chiave per migliorare accessibilità, continuità delle cure e integrazione dei servizi sanitari e sociosanitari. Ma oggi, per milioni di cittadini, resta uno strumento ben lontano dalla piena operatività. Il divario digitale tra le Regioni, se non colmato rapidamente, rischia di trasformarsi in una nuova forma di esclusione sanitaria”. 

Una frattura che, come ha sottolineato anche il Ministro Schillaci lo scorso 25 giugno alla Camera, “non è solo un problema tecnico, ma è una questione di equità nell’accesso alle cure”.

Completezza del fascicolo sanitario elettronico

Documenti. “Un cittadino siciliano e uno veneto – commenta Cartabellotta – non hanno le stesse possibilità di accesso alla propria documentazione clinica. E questo non è accettabile in un Servizio Sanitario Nazionale che si definisce universale”.

Nonostante il Decreto del Ministero della Salute del 7 settembre 2023 abbia definito con chiarezza i contenuti del Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0, a oggi soltanto 4 documenti — lettera di dimissione ospedaliera, referti di laboratorio, referti di radiologia e verbale di pronto soccorso — su 16 monitorati sul portale pubblico risultano effettivamente disponibili in tutte le Regioni. La diffusione degli altri contenuti previsti dal decreto evidenzia una marcata disomogeneità territoriale.

Alcuni documenti fondamentali, come il profilo sanitario sintetico, le prescrizioni specialistiche e farmaceutiche, e il referto specialistico ambulatoriale, sono accessibili in oltre l’80% delle Regioni, mentre altri, come il certificato vaccinale e il documento di erogazione delle prestazioni specialistiche, sono disponibili in 15 Regioni e Province Autonome, corrispondenti al 71%.

La disponibilità si riduce ulteriormente per il documento di erogazione dei farmaci e la scheda della singola vaccinazione, presenti in 14 Regioni (67%), e per il referto di anatomia patologica e il taccuino personale dell’assistito, consultabili solo in 13 Regioni (62%). Molto più limitata la diffusione della lettera di invito per screening e vaccinazioni, caricata in soli sei contesti regionali, mentre la cartella clinica è disponibile esclusivamente nel Fascicolo Sanitario Elettronico del Veneto. In termini generali, il sistema FSE a livello nazionale offre in media il 68% dei documenti previsti dal decreto, ma nessuna Regione riesce a garantire la completezza del Fascicolo. Si registrano punte di eccellenza in Piemonte e Veneto, che arrivano al 93% di documenti disponibili, mentre in Abruzzo e Calabria il livello di alimentazione del FSE si ferma al 40%, evidenziando un divario strutturale profondo.

Servizi. “Molti dei servizi digitali sono accessibili tramite altri canali, come portali web o app offerti dalle Regioni – precisa Cartabellotta. – Tuttavia, se questi non vengono integrati anche nel FSE, da un lato si perde l’obiettivo di creare un’unica piattaforma digitale per il cittadino, dall’altro il monitoraggio nazionale restituisce una fotografia parziale e sottostimata dell’effettiva disponibilità dei servizi offerti”

Attualmente, i FSE regionali offrono fino a 45 servizi digitali, che permettono ai cittadini di svolgere varie attività fondamentali: dal pagamento di ticket e prestazioni alla prenotazione di visite ed esami, dalla scelta del medico di medicina generale alla consultazione delle liste d’attesa. Anche su questo fronte, però, il divario tra Regioni è profondo. Solo la Toscana (56%) e il Lazio (51%) superano la soglia del 50% dei servizi attivati. All’estremo opposto, in Calabria la disponibilità si ferma al 7%. 

Utilizzo del fascicolo sanitario elettronico

Consenso alla consultazione. “Fornire il consenso è il primo passo per accedere ai benefici del FSE – sottolinea Cartabellotta – ma serve un grande sforzo informativo e culturale per rafforzare la fiducia dei cittadini, superando i timori legati alla protezione dei dati personali”.

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Al 31 marzo 2025 (per il Friuli Venezia Giulia i dati sono aggiornati al 31 dicembre 2024), a livello nazionale solo il 42% dei cittadini ha espresso il consenso alla consultazione dei propri dati sanitari da parte dei medici. Ma il divario tra le Regioni è enorme: si passa dall’1% in Abruzzo, Calabria e Campania al 92% in Emilia-Romagna. Tra le Regioni del Sud, solo la Puglia (73%) supera la media nazionale.

Utilizzo del Fse. Tra gennaio e marzo 2025, appena il 21% tra chi ha almeno un documento caricato, lo ha consultato almeno una volta. E si va dall’1% delle Marche al 65% dell’Emilia-Romagna. Nel Mezzogiorno, l’utilizzo resta sotto l’11%. “Non basta caricare i dati nel fascicolo – spiega Cartabellotta – bisogna anche mettere le persone nella condizione di usarli. E questo significa investire seriamente in alfabetizzazione digitale”.

Utilizzo da parte di Mmg e Pls. Nel primo trimestre del 2025, il 95% dei Medici di Medicina Generale e dei Pediatri di Libera Scelta ha effettuato almeno un accesso al Fascicolo Sanitario Elettronico, con un livello di utilizzo molto elevato in quasi tutte le Regioni. Nove regioni — tra cui Emilia-Romagna, Piemonte, Puglia e Sardegna — raggiungono il 100% di utilizzo, mentre nelle altre Regioni il tasso resta comunque vicino alla media nazionale, con valori superiori al 90%, ad eccezione della Toscana (80%) e della Valle d’Aosta (47%), che rappresenta l’area con la percentuale più bassa..

Utilizzo da parte di medici specialisti. Al 31 marzo 2025 (31 dicembre 2024 per il Friuli-Venezia Giulia), solo il 72% risulta abilitato alla consultazione del FSE, con forti disparità territoriali. Dodici Regioni e Province Autonome, tra cui Lombardia, Veneto, Toscana e le Province di Trento e Bolzano, hanno raggiunto la piena abilitazione del personale specialistico, mentre in altre il dato è sensibilmente più basso: si va dal 61% della Campania fino al minimo del 16% in Liguria, passando per percentuali molto contenute anche in Calabria (26%) e Sicilia (36%). Questo divario evidenzia come l’infrastruttura digitale non sia ancora uno strumento realmente operativo per tutti gli attori del sistema sanitario.

“In alcune Regioni – conclude Cartabellotta – il FSE è uno strumento pienamente operativo, grazie alla quantità di documenti presenti, al consenso dei cittadini ed al loro effettivo utilizzo. In altre, soprattutto nel Mezzogiorno, il FSE è spesso un contenitore semivuoto e scarsamente utilizzato anche per l’elevata diffidenza sulla sicurezza dei dati da parte della popolazione. Ma la sanità digitale non può essere un’innovazione per pochi: servono investimenti e una governance centralizzata per garantire diritti a tutte le persone indipendentemente dal luogo in cui vivono. Se vogliamo davvero attuare una sanità digitale, i dati devono essere accessibili non solo ai cittadini, ma a tutti i professionisti coinvolti nei percorsi clinico-assistenziali, perché la tecnologia è necessaria, ma non sufficiente. Ecco perché serve un patto nazionale per la sanità digitale tra Governo, Regioni e cittadini, che assicuri completezza nei contenuti del FSE e uniformità di accesso in tutte le Regioni. Altrimenti, rischiamo che la straordinaria opportunità offerta dalla trasformazione digitale, di cui il FSE costituisce la “combinazione” di accesso, finisca per generare nuove diseguaglianze”.

TAG: FASCICOLO SANITARIO ELETTRONICO – FSE, DIGITALIZZAZIONE, GIMBE


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