Un approfondimento sul ruolo e requisiti dell’Organismo di Vigilanza (OdV) incaricato di assicurare l’efficace applicazione dei modelli 231 nel nostro sistema legislativo.
Focus sulla configurazione dell’OdV nei gruppi di imprese.
Il ruolo specifico assegnato all’OdV dal d.lgs. 231/01
Ai sensi dell’art. 6 del d.lgs.231/01, la responsabilità di vigilare sull’efficace attuazione e sul rispetto del modello organizzativo è attribuita a un organismo, denominato ODV, che dispone di autonomi poteri di iniziativa e di controllo.
Il decreto di riferimento, tuttavia, non contiene una disciplina organica dell’OdV, per questo è stata fondamentale l’opera della giurisprudenza, nonché delle associazioni di categoria, per individuare le caratteristiche fondamentali dell’organismo stesso.
Composizione dell’OdV: plurisoggettivo o monosoggettivo?
Come anticipato, il d.lgs.231/01 non fornisce alcuna indicazione circa le modalità di composizione dell’OdV; ciò consente di sostenere che l’ente possa optare sia per una composizione plurisoggettiva che monosoggettiva: nella prima delle ipotesi si possono nominare come componenti dell’organismo sia soggetti interni che esterni all’ente, a patto che siano dotati di requisiti specifici.
Indipendentemente dall’opzione prescelta, l’obiettivo deve essere quello di garantire l’effettività dei controlli, per cui anche l’Organismo di Vigilanza dovrà essere composto alla luce delle dimensioni, dell’organizzazione e del tipo di attività dell’ente, così come meglio esplicitato nelle Linee guida Confindustria per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex d.lgs. n. 231/2001.
I requisiti essenziali dell’OdV
I requisiti richiesti all’Organismo di vigilanza dal decreto 231, come interpretato dalla giurisprudenza, possono essere sintetizzati come indicato di seguito (cfr. Linee Guida per la costruzione di modelli di organizzazione, gestione e controllo):
- autonomia e indipendenza: è opportuno evitare che all’Organismo di vigilanza siano affidati compiti operativi. Non deve esserci identità tra controllato e controllante.
- Professionalità: è opportuno nominare soggetti competenti in materia ispettiva e consulenziale, in grado di compiere attività di campionamento statistico, di analisi, valutazione e contenimento dei rischi, di elaborazione e valutazione dei questionari, nonché in materie giuridiche.
- continuità d’azione: è necessario predisporre una struttura dedicata all’attività di vigilanza sul modello e curare la documentazione dell’attività svolta.
Autonomia e indipendenza: la posizione giurisprudenziale
La giurisprudenza, in diverse pronunce[1], ha escluso la possibilità che l’Organismo di Vigilanza possa essere alle “dirette dipendenze” del presidente del Consiglio di Amministrazione, perché questo tipo di impostazione metterebbe in dubbio l’autonomia dell’OdV sulla base del principio generale, espresso dalla Cassazione, secondo cui il controllante non può essere subordinato al controllato.
Sempre la Cassazione[2] ha sottolineato, prendendo una posizione chiara, l’inammissibilità per l’ente di nominare, come membro dell’Organismo di Vigilanza, un proprio referente in un’area a rischio reato. Nella sentenza citata (cfr. nota 2), le Sezioni Unite hanno sottolineato come tale inammissibilità sia dovuta al fatto che tale nomina renderebbe l’OdV privo dei requisiti di indipendenza e autonomia richiesti per lo svolgimento della propria attività.
In altre parole è sufficiente che anche un solo componente interno non sia totalmente in possesso dei requisiti per far emergere un contrasto con il principio generale, già enucleato, secondo il quale il controllante con può coincidere con il controllato.
Documentazione e relazione informativa
È necessario che vengano curate la tracciabilità della documentazione dell’attività svolta dall’OdV; in materia di documentazione un ruolo fondamentale è svolto dalla relazione, su base almeno semestrale, informativa sulle attività di controllo e sull’esito di queste, da inoltrare all’organo dirigente.
Questa relazione rappresenta una sintesi, naturalmente in forma scritta, delle attività compiute, nonché delle eventuali migliorie da apportare al modello organizzativo.
Devono essere indicati i destinatari della relazione, le finalità, il periodo di riferimento nonché le più importanti considerazioni e argomentazioni e le relative conclusioni.
La relazione e la comunicazione dei risultati devono essere chiare, obiettive e accurate.
Gli obblighi di informazione ex art. 6
L’art. 6 del d.lgs. 231/01 sottolinea come il modello organizzativo 231 debba prevedere “obblighi di informazione” per l’OdV, non fornendo alcuna ulteriore specificazione in merito.
Procedendo per via interpretativa, gli obblighi predetti sembrano individuati quale ulteriore sostegno all’attività dell’Organismo di Vigilanza.
Questi sembrerebbero rivolti in particolare a soggetti che operano in aree a rischio reato e supportano l’efficacia del controllo.
Responsabilità penale dell’OdV?
Occorre, infine, valutare un’eventuale responsabilità penale in capo all’OdV nel caso di commissione di reati-presupposto in conseguenza di omessa o insufficiente vigilanza: questa responsabilità dovrebbe poggiare sull’articolo 40 c.p. secondo cui “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico, di impedire equivale a cagionarlo”, l’Organismo di Vigilanza sarebbe così punibile a titolo di concorso omissivo.
In materia è importante rilevare come l’obbligo di vigilanza non comporta di per sé l’obbligo di impedire l’azione illecita, il quale sarebbe presente soltanto nel momento in cui il destinatario dell’obbligo sia posto in una posizione di garante del bene giuridico protetto.
Configurazione dell’OdV nei gruppi di imprese
Un aspetto di grande attualità è quello che riguarda il ruolo dell’Organismo di Vigilanza nei gruppi di imprese, la questione è stabilire come debba essere predisposto l’OdV in un contesto più ampio rispetto al singolo ente.
Se è indubbio che le società appartenenti ad un gruppo tendano ad affidare la maggioranza delle funzioni aziendali alla capogruppo, anche per un risparmio di costi, occorre verificare la legittimità del comportamento nel caso in cui le funzioni dell’Organismo di Vigilanza di tutte le società appartenenti al gruppo vengano affidate ad un unico organismo costituito presso la capogruppo stessa.
OdV unico nella capogruppo o OdV autonomi per ogni società?
Occorre, in primis, stabilire i rapporti tra l’OdV e le società che costituiscono il gruppo.
Qui si pongono due possibili soluzioni:
- si può istituire un unico Organismo di Vigilanza presso la società capogruppo, che svolga la sua attività anche nei confronti delle controllate;
- si istituiscono tanti Organismi di Vigilanza quante sono le società appartenenti al gruppo, naturalmente compresa la holding, con le specifiche competenze e attribuzioni.
Tra le due soluzioni è la seconda quella che ha raccolto il sostegno maggiore in dottrina e in giurisprudenza[3], anche se l’organismo della controllata potrà comunque fare ricorso, nello svolgimento dei suoi compiti, alle risorse disponibili presso l’organismo della controllante nel caso in cui esistano accordi contrattuali tra le due società.
Naturalmente i compiti dell’Organismo di Vigilanza nel gruppo di imprese sono gli stessi già evidenziati nel paragrafo precedente, la peculiarità può essere rappresentata dall’opportunità di affidare, all’organismo della controllante, alcuni compiti di stimolo e di coordinamento dei diversi OdV delle società controllate; l’estensione dei suddetti poteri dovrà essere definita nel modello organizzativo della capogruppo stessa.
Flussi informativi tra holding e controllate
Le incertezze esistenti sui rapporti tra l’OdV della capogruppo e quelli delle controllate si riflettono anche sul flusso di informazioni:
- vi è chi sostiene che esista un doppio canale di comunicazione e le informazioni devono essere trasmesse dall’organismo delle controllate alla holding;
- altri affermano invece che tutte le informazioni rilevanti devono essere trasmesse direttamente all’Organismo di Vigilanza della holding e da questa agli organismi delle controllate.
Quest’ultimo indirizzo può portare al pericoloso risultato di annullare l’indipendenza degli organismi delle società controllate, in quanto verrebbero ridotti a semplici strumenti a disposizione della capogruppo capace anche di filtrare le informazioni da inviare agli organismi delle controllate.
È necessario però stabilire come, per i fatti più significativi, gli OdV delle controllate siano comunque tenuti ad informare l’organismo della controllante, anche attraverso la creazione di un “canale dedicato”.
L’OdV nei gruppi multinazionali
Infine occorre toccare il problema dei gruppi di imprese multinazionali, con sede quindi in diversi Stati, e del funzionamento dell’Organismo di Vigilanza.
La maggioranza dei paesi già da tempo prevede la responsabilità da reato degli enti e la disciplina dei modelli organizzativi, anche se le scelte normative possono essere diverse da quelle italiane.
In linea di principio la problematica può essere risolta stabilendo che modelli, sebbene adottati secondo normative straniere, possono essere ritenuti validi in Italia se conformi ai requisiti previsti dal D.lgs. 231/2001, occorrerà però in concreto verificare le peculiarità del singolo modello, compito demandato all’organo giudicante.
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[1]Cass. pen. sez.V, 18 dicembre 2013, n.467
[2]Cass. pen. SS.UU, 24 aprile 2014, n.38343
[3] Cfr. Volume “Responsabilità amministrativa degli enti e modelli di organizzazione aziendale”, di Iannini A. – Armone G.M., Salerno Ed., 2005.
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