L’intelligenza artificiale sta entrando anche nella Pubblica Amministrazione. Ma cosa vuol dire davvero “assumere” un’AI in un ente pubblico? È possibile? È conveniente? Ed è fattibile per un Comune? La risposta è sì, a patto di seguire alcune regole di buon senso e di buon governo digitale.
“Assumere un’AI” significa trattare l’intelligenza artificiale non come una magia o una minaccia, ma come un membro del gruppo di lavoro. Questo articolo è stato scritto a quattro mani con Massimiliano Turazzini, un imprenditore nel mondo digitale attivo da ormai trent’anni con diverse realtà ed ora impegnato anche nella divulgazione dell’intelligenza artificiale all’interno delle organizzazioni. Vediamo assieme alcuni spunti su cui riflettere.
Integrare l’AI nei processi comunali come risorsa operativa
Andiamo per un attimo controcorrente e proviamo a vedere l’AI come uno stagista un po’ particolare: superdotato, veloce e (quasi) infallibile, ma che ha bisogno di istruzioni chiare, supervisione e un contesto preciso per generare valore. Non lavora da solo, non rimpiazza il pensiero umano: lo amplifica, lo velocizza, lo estende. Assumerlo davvero vuol dire integrarlo nei processi quotidiani con metodo, obiettivi e responsabilità condivise.
Partire in piccolo per ottenere risultati concreti
Il primo consiglio, valido per ogni PA, è semplice: partite in piccolo per ottenere grandi risultati. Meglio avviare l’introduzione dell’AI con un progetto essenziale, concreto e facilmente gestibile. Questo approccio consente una transizione più agevole dalla fase di test all’utilizzo operativo, garantendo benefici immediati e rischi minimi.
Come suggerisce Massimiliano Turazzini, “l’investimento vero richiesto dall’AI si chiama tempo. Se non gliene dedicate, non avrete molto in cambio”. Meglio quindi iniziare con un piccolo esperimento che impegni pochi minuti al giorno: all’inizio bastano quindici minuti per risparmiare ore in futuro. Otterrete questo risparmio dall’aumento della vostra capacità di utilizzare questi strumenti nelle attività di tutti i giorni, anche senza avere sviluppato prima progetti complessi.
Puntare sull’impatto reale delle applicazioni AI
Occorre applicare il principio di Pareto: individuare il 20% delle attività amministrative che consumano l’80% delle risorse e capire dove l’AI può alleggerire il carico di lavoro, migliorando l’efficienza e la soddisfazione sia interna (dipendenti comunali) sia esterna (cittadini).
Ma magari per partire è bene lavorare verso l’interno, in questo modo ci si farà esperienza e si capirà meglio che approccio tenere e cosa sono in grado di fare davvero questi ‘stagisti AI’,
Gli assistenti AI sono risolutori di problemi: vanno pensati non come gadget tecnologici, ma come soluzioni pratiche a sfide ripetitive e ricorrenti. Ad esempio:
- Automatizzare risposte a FAQ comunali.
- Supportare l’elaborazione di pratiche ripetitive.
- Generare documenti preliminari o reportistica.
Il tutto lasciando comunque l’essere umano al centro del processo decisionale. Questo anche in ottica di accountability o responsabilità che rimane in capo a chi valida quanto fatto dall’AI, non all’AI.
Gestire dati e interoperabilità per abilitare l’intelligenza artificiale
L’efficacia dell’assistente AI dipende dai dati su cui viene addestrato. Per un Comune, significa alimentare l’AI con dati anagrafici corretti (ANPR), pratiche documentali digitalizzate, regolamenti aggiornati e documenti in formato aperto e leggibile.
Una corretta gestione documentale che diventi lo snodo dei dati ovvero dei documenti della PA diventa a questo punto centrale se vogliamo far fruttare l’AI. Questi dati, ovvero documenti, sono già disponibili ma spesso sono relegati in silos nell’ente anche se sarebbero perfettamente integrabili in logiche di utilizzo dell’AI. Ma questo richiede che i silos “si rompano” e diventino interoperabili. E proprio l’interoperabilità diventa il centro di questo approccio, soprattutto ora che i dati di molte PA sono nei cloud dei fornitori che a maggior ragione devono dare accesso in tanti modi (tra cui API) alle PA.
Il documentale dell’ente quindi può essere popolato solo se l’interoperabilità tra fornitori funziona. Se non funziona si sta limitando la libertà digitale dell’ente e quindi della PA, non permettendo ai dati di scorrere liberamente, seppure nel rispetto della privacy (come vuole il GDPR) e della sicurezza informatica (come vuole la NIS2). Non far muovere i dati bloccandoli in silos rovina lo slancio informativo, digitale e verso il mondo AI della PA.
Personalizzazione e sicurezza dell’AI per i comuni
L’AI deve adattarsi al contesto comunale, quindi va personalizzata nel linguaggio e nel tono. Ma non solo. Anche la personalità, è un parametro che si può impostare nei sistemi di AI Generativa. Quando diciamo che “ci piace di più Gemini di ChatGPT” o viceversa, dopo aver valutato la qualità delle risposte, valutiamo anche la sua personalità. E questo sarà importante per i cittadini e le imprese: oltre ad avere la garanzia che risponda correttamente, vorranno un modello più amichevole o un modello più professionale?
Serve poi porre attenzione all’esperienza d’uso, evitando l’utilizzo di modelli di bassa qualità, e raccogliendo continuamente feedback per migliorare le performance. Il cittadino e l’impresa possono diventare gli utilizzatori che ci aiutano a capire come migliorare il nostro strumento di AI e ci danno segnali di degrado in performance in real time, evitandoci problemi o figuracce a poca distanza temporale dal lancio in cui “andava tutto bene”.
Fondamentale è infine l’aspetto di sicurezza e privacy: trattandosi di dati personali e spesso sensibili, occorrono misure stringenti per garantire la protezione delle informazioni (GDPR) e sicurezza (NIS2), il tutto contornato dalle Linee Guida di AGID sull’utilizzo dell’AI e dall’AI ACT.
La fiducia dei cittadini si può perdere con pochi errori. E tutti siamo meno tolleranti verso gli errori delle macchine (che, sovrastimandole, ci aspettiamo siano perfette) rispetto a quelli dei nostri simili, gli umani, da cui non ci aspettiamo perfezione.
Sperimentare e imparare con il metodo FAFO: Fool Around and Figure Out
Esiste una regola pratica per iniziare a comprendere l’AI: FAFO. Significa “smanettare” e sperimentare, senza preoccuparsi di “sembrare incapaci o stupidi”. Vuol dire anche provare e vedere cosa succede: davanti a questa tecnologia un approccio “da bambini che imparano” è fondamentale, lavorando per:
- Provare diversi prompt.
- Testare modelli diversi, con risposte diverse, tool diversi, capacità diverse, personalità diverse.
- Chiedere all’AI di fare compiti utili: riassumere documenti, generare email, analizzare dati.
Ogni tentativo, errori inclusi, porta apprendimento. Solo così il Comune individuerà quali applicazioni AI sono davvero utili al proprio contesto.
Per imparare, gestire e inserire l’AI nel proprio contesto di lavoro risulta utile pensare ad essa come se fosse un nuovo assistente umano:
- quando arriva, dovremmo spiegargli tutto, capire come lavora, che capacità ha, che cosa sa fare e cosa non sa fare
- si prova a delegare alcuni compiti, valutando volta per volte, se il risultato è soddisfacente. Se sì, si possono demandarglieli più frequentemente perché aumenta la fiducia. Altrimenti si comprendono i suoi limiti o se le mancano elementi. Ad esempio: non do abbastanza elementi nel prompt? In questo caso un’aggiunta al mio prompt del tipo “Fammi domande per migliorare la tua risposta” può essere un semplice ma efficace passo avanti
- si dovrebbe capire come evolve e impara, in cosa è forte e in cosa è debole ed eventualmente integrarlo con altri “colleghi” più bravi in determinati compiti. Ad esempio uso Claude per il coding, ChatGPT per migliorare le email, Perplexity per la raccolta fonti, Notebook LM per l’analisi di numerosi documenti e infine Midjourney per le immagini.
Far evolvere la PA attraverso una trasformazione digitale consapevole
L’AI non sostituisce il personale comunale al momento, ma può amplificare le sue capacità umane. Il vero obiettivo è semplificare i processi decisionali, accelerare attività burocratiche e liberare risorse per attività a maggior valore.
Come per i servizi digitali nati nel pre-PNRR e sviluppatisi grazie ai fondi PNRR (CIE, IO, pagoPA, SEND…), anche l’AI sarà tanto più utile quanto più verrà integrata nel disegno complessivo della trasformazione digitale pubblica.
In sintesi: sì, è possibile assumere un’AI in Comune. Ma non serve un concorso pubblico: bastano metodo, dati, tempo e un po’ di sana curiosità. Iniziate in piccolo, sperimentate e preparatevi a raccogliere i frutti.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link