Panoramica su innovazioni e impatti operativi sul Collegio Consultivo Tecnico a seguito dell’entrata in vigore del Correttivo al Codice Appalti: focus a cura del Dott. Luca Leccisotti.
Introduzione: il ruolo del Collegio Consultivo Tecnico negli appalti pubblici
L’introduzione del Collegio Consultivo Tecnico (CCT) nel quadro normativo degli appalti pubblici ha rappresentato una svolta significativa nella gestione delle controversie in fase esecutiva. Il D.Lgs. 36/2023 aveva già delineato un quadro organico per il funzionamento del CCT, ma le recenti modifiche apportate dal D.Lgs. 209/2024 hanno inciso profondamente sulla sua operatività, ridefinendone i confini applicativi e le modalità di intervento.
L’obiettivo primario del CCT è quello di prevenire il contenzioso, offrendo alle stazioni appaltanti e agli operatori economici un organo tecnico imparziale, capace di dirimere le controversie prima che sfocino in un contenzioso giudiziale o arbitrale. Con il correttivo, il CCT assume un ruolo ancora più centrale nella gestione delle riserve e delle varianti in corso d’opera, con implicazioni rilevanti anche sulla responsabilità del Responsabile Unico del Progetto (RUP) e sul rapporto tra il CCT e altri strumenti di risoluzione delle controversie, come l’accordo bonario.
L’obbligatorietà del Collegio Consultivo Tecnico e le modifiche introdotte dal correttivo al Codice Appalti
Una delle modifiche di maggior rilievo riguarda l’obbligatorietà della costituzione del CCT. L’art. 215, comma 1, stabilisce che il Collegio è obbligatorio solo per i lavori pubblici di importo pari o superiore alle soglie europee, escludendo esplicitamente gli appalti di servizi e forniture.
Tale scelta appare discutibile per diversi motivi:
- L’assunto di una minore complessità degli appalti di servizi e forniture rispetto ai lavori pubblici non è dimostrato, poiché anche nei servizi e nelle forniture possono sorgere dispute tecniche di notevole rilievo.
- L’assenza di un controllo sistematico negli appalti di servizi e forniture (prima introdotto solo con il D.M. 49/2018) ha spesso generato criticità nei contratti di manutenzione, nei servizi di global service e nelle forniture strategiche.
La limitazione del CCT ai soli appalti di lavori appare dunque un’occasione mancata per estendere a tutto il comparto degli appalti pubblici uno strumento efficace di prevenzione del contenzioso.
La funzione del CCT nella gestione delle riserve e delle varianti
L’art. 216, comma 1, introduce un’importante innovazione, stabilendo che nei lavori di importo pari o superiore alle soglie europee, il parere del CCT è obbligatorio per ogni disputa tecnica, riserva o proposta di variante.
Questa previsione ha effetti significativi sulla gestione delle riserve contrattuali:
- Il RUP è obbligato a richiedere il parere del CCT, anche nei casi in cui, in passato, avrebbe potuto gestire direttamente la riserva in autonomia.
- Se il CCT viene incaricato di decidere con valore di lodo contrattuale (ex art. 808-ter c.p.c.), è precluso il ricorso all’accordo bonario, riducendo così la sovrapposizione tra diversi strumenti di risoluzione delle controversie.
Tale norma si pone in continuità con la recente giurisprudenza amministrativa, che ha più volte sottolineato l’esigenza di garantire un equilibrio tra la discrezionalità tecnica della stazione appaltante e la necessità di un controllo terzo sulle decisioni del RUP.
Raccordo tra il CCT e l’accordo bonario: una razionalizzazione necessaria
Prima del correttivo, CCT e accordo bonario operavano in parallelo, generando incertezza nelle procedure di risoluzione delle riserve. In alcuni casi, il RUP acquisiva il parere del CCT senza valore di lodo contrattuale, salvo poi attivare successivamente l’accordo bonario ex art. 210 del Codice.
Questa situazione determinava tre criticità principali:
- Sovrapposizione tra le pronunce del CCT e dell’esperto dell’accordo bonario, con esiti contrastanti che aumentavano il contenzioso.
- Ritardi nella gestione delle riserve, con effetti negativi sulla prosecuzione dei lavori e sulla liquidazione degli stati di avanzamento.
- Possibile duplicazione di costi per la stazione appaltante, dovuta alla necessità di remunerare sia il CCT sia l’esperto dell’accordo bonario.
Il correttivo ha risolto questa criticità stabilendo che il CCT è l’unico soggetto competente a esprimersi sulle riserve, eliminando la possibilità di attivare l’accordo bonario se il CCT ha già deciso con valore di lodo contrattuale.
I requisiti di professionalità dei componenti del CCT
L’allegato V.2 del Codice introduce una sistematizzazione dei requisiti dei componenti del CCT, imponendo che siano professionisti di comprovata esperienza. Tuttavia, resta un problema non risolto:
- Il limite massimo di 5 incarichi contemporanei per ciascun membro del CCT rischia di ridurre la disponibilità di esperti qualificati, creando situazioni di squilibrio nelle nomine.
- L’assenza di criteri più stringenti sulla multidisciplinarietà del CCT potrebbe portare alla nomina di componenti con profili tecnici troppo specializzati, con il rischio di un’analisi non adeguatamente interdisciplinare delle controversie.
Una possibile soluzione potrebbe essere una revisione della disciplina delle incompatibilità, prevedendo una maggiore flessibilità nelle nomine per garantire un adeguato livello di professionalità dei collegi.
Considerazioni conclusive
Le modifiche introdotte dal D.Lgs. 209/2024 segnano un punto di svolta nella disciplina del CCT, rafforzandone il ruolo come strumento centrale di prevenzione del contenzioso negli appalti pubblici.
Tuttavia, permangono alcune criticità:
- L’esclusione degli appalti di servizi e forniture dall’ambito obbligatorio del CCT appare poco giustificata e potrebbe essere oggetto di futuri interventi normativi.
- Il raccordo con l’accordo bonario è stato migliorato, ma resta da monitorare l’effettiva efficacia del CCT nel ridurre il contenzioso.
- La professionalità dei membri del CCT è stata rafforzata, ma il limite degli incarichi potrebbe creare problemi applicativi.
In definitiva, il correttivo ha reso il Collegio Consultivo Tecnico un organo chiave per la gestione dei contratti pubblici, ma il suo successo dipenderà dalla capacità delle stazioni appaltanti di applicare correttamente le nuove disposizioni e di valorizzare le competenze tecniche del Collegio.
Un ulteriore monitoraggio normativo sarà necessario per valutare l’impatto effettivo delle innovazioni introdotte e le eventuali criticità applicative da correggere in futuro.
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