Che cosa emerge dal “Global Attractiveness Index 2025”, rapporto curato da The European House Ambrosetti, in collaborazione con Amazon, Toyota e Philip Morris Italia
Le multinazionali non sono il male assoluto, anzi possono trainare l’economia e le PMI italiane. Sebbene rappresentino appena lo 0,3% delle imprese, generano il 17,4% del PIL. L’incertezza e la frammentazione della normativa europea, però, rappresentano un freno sempre maggiore per gli investimenti. Quindi, lo stesso quadro regolatorio Ue deve evolvere per attrarre miliardi esteri. Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, però, l’Italia può resistere meglio di altri Paesi alla guerra dei dazi perché i prodotti italiani sono quasi insostituibili. Sono i primi dati che emergono dal “Global Attractiveness Index 2025”, rapporto curato da The European House Ambrosetti, in collaborazione con Amazon, Toyota e Philip Morris Italia, che offre una fotografia dell’attrattività del Paese e alcuni spunti per aumentare la competitività.
I NUMERI DELLE MULTINAZIONALI
Le multinazionali possono trainare la crescita del Paese e delle PMI. È quanto emerge analizzando l’indotto generato e gli investimenti in Ricerca&Sviluppo delle MNE. Infatti, le Big estere generano 713 miliardi di euro di fatturato, il 20% del totale nazionale. Inoltre, sono protagonisti del 22,8% degli investimenti nazionali in Ricerca & Sviluppo. La piattaforma di analisi GAI, inclusa nel Composite Indicators & Scoreboard Explorer della Commissione Europea, sottolinea che le multinazionali sostengono il 9,9% dell’occupazione totale, generano il 17,4% del valore aggiunto, il 20,% del valore della produzione e realizzano il 22,5% degli acquisti di beni e servizi dell’Italia.
Numeri che mostrano però un gap dell’Italia. Infatti, le multinazionali sostengono il 15,4% dell’occupazione complessiva (+5,5% dell’Italia), il 23,8% del valore aggiunto (+6,4%), il 26,9% del valore della produzione (+6,4%) e il 30,4% di acquisti di beni e servizi (+7,7%).
ITALIA INSOSTITUIBILE DAL PUNTO DI VISTA COMMERCIALE
I dazi americani sulle importazioni di prodotti europei sono sempre più vicini. L’Italia, però, è tra i Paesi che possono resistere ed adattarsi meglio a tariffe e blocchi commerciali. Un segnale di stabilità importante in un periodo di turbolenze commerciali. Infatti, per il nuovo indice GAI la Penisola italiana è il secondo Paese più insostituibile in Ue dal punto di vista commerciale, subito dietro la “locomotiva d’Europa”: la Germania. Guardando al palcoscenico mondiale, l’Italia si posiziona al ventunesimo posto tra i partner commerciali non sostituibili. Un primato raggiunto grazie alle ampie quote di mercato dei beni esportati.
COSA SERVE PER DIVENTARE ATTRATTIVI
La strada per rendere l’Italia un paradiso per gli investimenti esteri è ancora lunga. Armonizzazione e semplificazione delle norme europee, utilizzo degli strumenti digitali per semplificare rendicontazione e adempimenti amministrativi. Sono questi i pilastri identificati dal Global Attractiveness Index 2025.
“Gli obiettivi devono essere migliorare la produttività nazionale e combattere l’incertezza, nemico principale della competitività. Le multinazionali sono i giganti su cui sono posati i nani: le PMI. Le MNE possono trainare le piccole e medie aziende verso la crescita. Al tempo stesso, possono rendere più attrattivo il nostro Paese per investimenti esteri”, ha detto il vice ministro del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Valentino Valentini sottolineando che il PNRR è servito anche da “allenamento per il coordinamento delle istituzioni centrali e locali”.
PAROLA D’ORDINE STABILITA’
Il quadro complessivo non è rassicurante. Nel 2024 gli investimenti sono scesi del 42% in Ue e del 24% in Italia. “Siamo stati però primi in Europa per investimenti green: 35 miliardi di euro. Così come abbiamo il primato sull’aumento dei progetti”, ha sottolineato Mario Forzini, dirigente ufficio Attrazione Investimenti Esteri ICE.
“La stabilità è fondamentale per attrarre investimenti. Il tema salariale è centrale, da questo punto di vista il Governo sta valutando misure di detassazione. Il 78% delle PMI afferma che la difformità delle leggi è tra i principali ostacoli agli investimenti. Anche la riforma della giustizia è un elemento importante per attrarre investimenti esteri”, ha sottolineato Laura Ravetto, deputata della Lega, che sarebbe in pole position per il ruolo di Commissario di ARERA.
“Le semplificazioni possono aiutare ad attrarre investimenti esteri. Ma credo che l’autonomia differenziata aumenti l’incertezza negli investitori, perché riduce l’orizzonte delle leggi Regionali a 10 anni. L’obiettivo di raggiungere i 700 miliardi di euro di export sembra oggi meno ambizioso, se pensiamo che a breve potrebbero partire i dazi Usa”, ha sottolineato Maria Elena Boschi, Presidente del Gruppo Italia Viva alla Camera dei Deputati.
OK UNIFORMARE MA NON COME IL GREEN DEAL
Creare un quadro europeo uniforme è importante, ma deve anche essere giusto e sostenibile economicamente. Altrimenti, si rischia di distruggere filiere industriali d’eccelenza: automotive e tabacco riscaldato, su tutte.
“Il Green Deal è un esempio di uniformità errato. Infatti, l’unico risultato che ha portato è la devastazione di diversi settori industriali europei, primo fra tutti l’automotive”, ha sottolineato Ravetto.
“È fondamentale poter contare su un quadro normativo europeo e nazionale chiaro, stabile e armonizzato che faciliti gli investimenti e l’innovazione, a beneficio di imprese e consumatori”, ha affermato Giorgio Busnelli, VP & Country Manager di Amazon Italia.
“È essenziale che il contesto normativo, regolatorio e fiscale, nel suo complesso, guardi all’innovazione – come accade in Italia per il nostro settore – e sia in grado di rafforzare sempre di più la compettività del sistema Paese e del Continente”, ha sottolineato Pasquale Frega, Presidente e Ad di Philip Morris Italia.
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