ROMA, 2 LUGLIO 2025 – La ricerca curata da Deloitte per UN Women Italy sull’occupazione femminile in Italia e in Europa conferma quanto la piena parità di genere nel lavoro resti, ancora oggi, un traguardo lontano. A dispetto dei progressi compiuti sul piano normativo e culturale, l’Italia continua a ricoprire gli ultimi posti in Europa per occupazione femminile, leadership e partecipazione economica. Fabio Pompei, CEO di Deloitte Italy, durante l’evento “La parità di genere (non) è un’impresa”, ha ribadito: «La parità nei luoghi decisionali è oggi un imperativo strategico. Solo garantendo inclusione e rappresentanza sarà possibile costruire modelli economici realmente sostenibili e condivisi».
In Europa
Il Global Gender Gap Report 2025 misura i progressi compiuti in quattro ambiti chiave: partecipazione economica, istruzione, salute e leadership politica. L’Europa si conferma la regione più avanzata al mondo, avendo colmato il 75% del proprio divario di genere, anche se persistono forti disomogeneità tra i vari Paesi. Il miglior risultato regionale è stato registrato nell’ambito dell’empowerment politico, con un punteggio medio del 35,4%. A guidare la classifica globale è l’Islanda, che ha raggiunto il 93% della parità complessiva. L’Italia, invece, si colloca tra i fanalini di coda dell’UE, con un punteggio del 70%.
Dal punto di vista formativo, le donne costituiscono il 55,1% del totale degli studenti universitari nell’Unione Europea, ma risultano fortemente sottorappresentate nei percorsi STEM: solo il 32,2% è iscritto a queste discipline, con una percentuale che scende al 27,5% in Ingegneria e al 20,6% nei corsi di ICT. La parità si raggiunge solo nel campo delle scienze naturali, matematica e statistica, dove le donne rappresentano il 50,6%. Secondo i dati Eurostat, questa disparità assume un rilievo particolare se si considera che l’ICT è il settore con le retribuzioni più elevate in 12 dei 27 Stati membri UE.
L’Italia è ultima classificata
L’Italia ha un tasso di occupazione femminile sotto il 53%, posizionata ultima nell’Unione Europea, dove in media lavorano sette donne su dieci. Il divario occupazionale tra uomini e donne sfiora il 18%, il doppio della media UE. Solo il 27,9% dei ruoli manageriali è ricoperto da donne, mentre nei Consigli di amministrazione delle società quotate la percentuale scende al 2,9%. Nel 2023, solo il 13,7% delle startup innovative in Italia era guidato da donne.
Le donne che vogliono intraprendere un’attività imprenditoriale si trovano spesso ad affrontare una combinazione di ostacoli interconnessi: pregiudizi culturali, politiche disincentivanti, accesso limitato al credito, network fragili e carenza di risorse iniziali. Queste difficoltà sono aggravate da dati insufficienti, stereotipi nei mercati finanziari e contesti istituzionali poco favorevoli: nell’UE, la metà delle donne teme il fallimento come principale barriera e solo il 43% ritiene di avere le competenze necessarie per avviare un’impresa, una percentuale inferiore rispetto agli uomini.
La parità di genere è anche un’urgenza per affrontare le trasformazioni legate alla digitalizzazione e all’intelligenza artificiale. «Se la metà delle donne in Italia non lavora, è l’intero Paese a perdere», ha dichiarato Darya Majidi, presidente di UN Women Italy.
Le donne come motore di crescita sostenibile
Il report “Empowerment Femminile come leva strategica per la crescita aziendale e l’innovazione”, presentato a Milano nell’evento “La parità di genere (non) è un’impresa” promosso da UN Women Italy, delinea un quadro in chiaroscuro. Ma sottolinea con forza una certezza: le donne sono un volano per l’economia. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, ridurre il gender gap potrebbe aumentare il PIL delle economie emergenti fino al 23%. Anche nei Paesi avanzati, la correlazione tra leadership femminile e migliori performance finanziarie è ben documentata.
«La presenza di almeno tre donne nei board aziendali è correlata a risultati ESG significativamente più elevati», ha spiegato Silvana Perfetti, Chair di Deloitte Central Mediterranean. «Colmare il gender gap non è solo un obiettivo di equità, ma una priorità economica».
Un cambiamento culturale
Per affrontare il divario di genere in azienda, Deloitte e UN Women Italy promuovono l’adozione di strumenti concreti. I Women’s Empowerment Principles (WEPs) – promossi da UN Women e UN Global Compact – rappresentano un set di buone pratiche aziendali per garantire ambienti di lavoro inclusivi, flessibili, equi e liberi da discriminazioni. Oggi oltre 112.000 imprese nel mondo li hanno sottoscritti, di cui 155 in Italia.
A livello nazionale, la certificazione per la parità di genere UNI/PdR 125:2022 si sta affermando come uno strumento efficace per valutare e promuovere le politiche inclusive nelle imprese. Introdotta tre anni fa, ha già coinvolto oltre 8.100 aziende italiane, inclusi settori tradizionalmente a predominanza maschile come quello dell’edilizia. Il successo della certificazione è stato favorito anche dagli incentivi previsti dal PNRR, il cui rifinanziamento si conferma cruciale per mantenere e rafforzare i progressi compiuti.
Negli ultimi anni l’Italia ha compiuto significativi passi avanti sul fronte della conciliazione tra vita lavorativa e familiare, allineandosi agli standard europei. Nel 2022 è stata recepita la Direttiva UE sulla work-life balance, ampliando la durata e la flessibilità dei congedi familiari: i genitori possono oggi beneficiare di nove mesi di congedo parentale, in parte retribuiti, estendibili a undici con una maggiore condivisione tra i partner.
Il congedo di paternità obbligatorio è stato inoltre aumentato a dieci giorni retribuiti al 100%, e sono stati introdotti diritti specifici a orari flessibili e lavoro da remoto per genitori con figli minori di 12 anni. Queste riforme puntano a favorire una distribuzione più equa delle responsabilità di cura e a sostenere il reinserimento lavorativo delle donne. (@OnuItalia)
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