IL CONTESTO
Le tematiche ambientali, sociali e di governance (ESG) sono sempre più presenti nel dibattito sulle strategie aziendali anche a seguito dell’emanazione delle direttive europee CSRD e CSDDD e agli obblighi di rendicontazione e di due diligence da esse introdotti.
Tuttavia, con lo stop the clock annunciato all’interno del pacchetto Omnibus dalla Commissione Europea lo scorso febbraio e di fronte ai recenti passi indietro sui temi di sostenibilità introdotti dall’amministrazione Trump, molti , tra cui le piccole e medie imprese (PMI) europee , si interrogano sull’urgenza e sull’opportunità di integrare la sostenibilità nei propri piani di business di medio lungo periodo.
In attesa dell’evoluzione normativa definitiva per capire se l’azienda ricadrà nel perimetro normativo quale strada percorrere quindi:
La nostra analisi ci porta a sollecitare le PMI a non indugiare oltre e quindi ad iniziare ad utilizzare una parte del budget stimato per uniformarsi alle direttive e, nello specifico, alla CSDDD, per approfondire la conoscenza e rafforzare il controllo della propria Supply Chain introducendo criteri strutturati di valutazione che includano anche le tematiche ESG: siamo certi che sia la scelta vincente anche se l’azienda non dovesse rientrare nell’obbligo di compliance.
FATTI & DATI
I FATTI
Obbligo di Due Diligence: il 23 giugno, anche il Consiglio Europeo ha definito la propria posizione su reporting di sostenibilità e due diligence, condividendo l’obiettivo dichiarato dalla Commissione di ridurre gli oneri burocratici e sostenere la competitività delle imprese europee.
In merito all’applicazione della CSDDD, il Consiglio ha aggiunto due dettagli rispetto al pacchetto Omnibus:
- l’innalzamento della soglia ad imprese con 5.000 dipendenti e 1,5 miliardi di euro di fatturato netto ritenendo che le aziende più grandi possono avere l’influenza maggiore sulla propria catena del valore – e quindi anche sulla loro supply chain – e sono quelle più attrezzate per assorbire costi e oneri di due diligence
- il coinvolgimento dei fornitori “tier 1” ma con possibile estensione ad altri soggetti: sebbene infatti la proposta della Commissione limiti gli obblighi di due diligence alle operazioni proprie dell’azienda, a quelle delle sue controllate e a quelle dei partner commerciali diretti ossia ai cosiddetti “tier 1”, il Consiglio propone l’introduzione di un approccio basato sul rischio invece che sull’entità, concentrandosi sulle aree in cui è più probabile che si verifichino impatti negativi attuali o potenziali. Pur mantenendo quindi la limitazione degli obblighi ai soli “tier 1” prevede che gli obblighi di individuazione e valutazione siano estesi, nel caso di informazioni oggettive e verificabili che suggeriscano impatti negativi, oltre i partner commerciali diretti e introduce una clausola di revisione relativa a una possibile estensione di tali obblighi oltre il “tier 1”
- quindi anche se si è “piccoli”, è altamente probabile la possibilità di essere coinvolti in una due diligence come parte della catena di fornitura di un cliente obbligato alla CSDDD, in qualità di “Tier 1” o come possibile estensione del coinvolgimento di quest’ultimo.
I DATI
- La sostenibilità conviene, anche sul piano economico: il Rapporto di Primavera 2025 dell’ASvis riporta numerose evidenze che dimostrano come le imprese italiane che hanno scelto di investire sulla transizione ecologica hanno avuto benefici in termini di aumento di produttività e competitività, di reputazione, di attrattività di talenti, di accesso al credito… (si veda S.Fanelli: https://lnkd.in/d6NT8tQm ; M.Macchi: https://lnkd.in/dvaKDe7f ) tanto che la sostenibilità è quindi considerata uno degli obiettivi prioritari delle imprese nel prossimo futuro: per le aziende familiari è la seconda per importanza (40%), subito dopo l’accesso a nuovi mercati (47%), come anche per quelle non familiari (53%), subito dopo innovazione e digitalizzazione (58% per le non familiari e 36% per le familiari).
- Valutazione e Monitoraggio supply chain: sebbene il numero delle aziende che sta integrando politiche di sostenibilità stia aumentando, queste ultime difficilmente riguardano il controllo della supply chain. L’Osservatorio ESG 2024 del Politecnico di Milano riporta che solo il 19% delle PMI italiane ha criteri ESG nei propri processi di selezione e monitoraggio dei fornitori e secondo il Cerved ESG Rating 2023 il 73% dei fornitori che rispondono a vendor survey ESG lo fanno senza fornire evidenze oggettive (audit, report, certificazioni) e questo perché, evidentemente, non ha a disposizione questi dati.
IL METODO: DAI PROBLEMI ALLE SOLUZIONI
Ma quali sono le maggiori difficoltà di una PMI per arrivare ad una buona conoscenza della propria catena di fornitura scaturita dalla sua attenta valutazione?
- Scarsa consapevolezza dei rischi di fornitura (si veda A.Salvato; https://lnkd.in/eqv3WkkP) : una solida analisi dei rischi consente l’identificazione dei fattori maggiormente strategici da integrare nei criteri di valutazione per monitorarli costantemente;
- assenza di percorsi di prequalifica: la disponibilità di un albo di potenziali partner selezionati sulla base di criteri economici, di affidabilità e continuità della fornitura e di aspetti di gestione ESG permette di affrontare cambi di fonti di approvvigionamento in modo più consapevole e tempestivo;
- mancanza di un Vendor Rating : l’utilizzo di un sistema di monitoraggio periodico strutturato che, oltre a parametri commerciali, finanziari, di qualità e di servizio valuta anche l’approccio alla sostenibilità costituisce la base per la conoscenza approfondita della performance nel tempo su cui costruire con approccio collaborativo un piano di miglioramento continuo nelle aree deficitarie del fornitore
- scarsa presenza di KPI precisi e misurabili: l’utilizzo del criterio SMART (Specific, Measurable, Achievable, Realistic, Time-bound ) aiuta a definire obiettivi singoli, che sono parte di una strategia ben ponderata orientata al raggiungimento di obiettivi più estesi di lungo periodo. Questo metodo risulta particolarmente efficace per condividere percorsi di miglioramento nelle tre aree della sostenibilità : Environment, Social, Governance;
- Scarsa condivisione interna , basso livello di competenze e indisponibilità di tool specifici: tre le leve da utilizzare per avere risultati solidi e soddisfacenti: informare in modo continuativo i collaboratori su valori, strategie, obiettivi aziendali includendo le politiche e i target ESG aziendali; integrare la formazione continua nel programma di sviluppo e crescita professionale dei collaboratori; analizzare i tool disponibili sul mercato e scegliere quello che più si adatta alle proprie esigenze per aiutare e semplificare la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati a garanzia di un monitoraggio costante ed efficace.
E’ opportuno quindi che l’azienda, autonomamente se possiede risorse idonee e già formate o con l’aiuto di professionisti esperti, proceda in modo strutturato alla mappatura dei fornitori.
Questa valutazione deve riguardare indistintamente sia i fornitori di fattori destinati alla produzione sia i fornitori di servizi prevedendo, per questi ultimi, anche la conformità alle norme vigenti ed il controllo della compliance alle normative di riferimento specifiche settoriali.
Essa deve diventare uno strumento di conoscenza e conseguentemente di pianificazione strategica, indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda.
I VANTAGGI
Quali dunque i benefici che l’organizzazione può avere grazie all’approfondita conoscenza dei propri vendor?
- Valutazione e gestione dei rischi di fornitura
- Salvaguardia reputazionale
- Trasparenza e visibilità verso gli Stakeholders
- Miglioramento del rating ESG e quindi del posizionamento nelle scorecard dei clienti
- Facilitazione all’accesso di Finanziamenti Green
- Monitoraggio costante degli impatti ESG
- Attrattività per nuovi collaboratori
- Analisi costante dei risultati a sostegno della revisione delle strategie per il raggiungimento o la ridefinizione dei target e dei piani di miglioramento continuo
COME PROCEDERE?
Lo stop the clock , il pacchetto Omnibus e il recente mandato del Consiglio Europeo non devono essere interpretati dalle PMI come un motivo per rallentare, ma piuttosto come un’opportunità per prepararsi con consapevolezza e attivarsi senza indugio per rafforzare le proprie strategie di sostenibilità implementando un sistema di controllo e monitoraggio continuo delle fonti di approvvigionamento per costruire una catena di fornitura più resiliente, responsabile e sostenibile nel lungo periodo.
Investire ora in un sistema di valutazione che includa i criteri ESG e che permetta alle PMI di essere edotta sui partner da cui acquista merci o servizi non è solo una scelta etica, ma la modalità vincente di crescita in un mercato in continua trasformazione poichè la sfida dei prossimi anni sarà sempre più legata alla creazione di value chain capaci di unire competitività e sostenibilità.
Aspettare può costare molto; agire crea valore!
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