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Cnpr forum, Istruzione e formazione le “sfide” da vincere


NAPOLI. “Abbiamo avviato una fase sperimentale con la nuova filiera 4+2, che integra i percorsi professionali con quelli tecnici, riducendo il percorso di studi a quattro anni più due anni negli ITS Academy. Questa opportunità consente agli studenti di intraprendere percorsi tecnologici altamente innovativi, qualificando il diploma e puntando a rendere i giovani più appetibili per le imprese e le aziende del territorio. Negli altri Paesi, il 90% degli studenti usciti dagli ITS trova un’occupazione, e anche in Italia, dopo un solo anno di sperimentazione, stiamo registrando risultati incoraggianti. Per consolidare questi risultati servirà ancora tempo, ma già ora si rileva un aumento delle iscrizioni nelle scuole che hanno attivato questa filiera, grazie a un orientamento mirato svolto dai docenti su indicazione del Ministero, con l’obiettivo di riqualificare questi istituti e offrire esperienze lavorative attraverso il PTCO. Inoltre, sono stati previsti stanziamenti per la realizzazione di campus e nuovi laboratori, fondamentali per sostenere queste attività”.
Lo ha affermato Paola Frassinetti (Fdi), sottosegretario del ministero dell’Istruzione e del Merito, nel corso del Cnpr forum speciale, promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca, dedicato a “Italia 2035” nell’ambito dell’evento organizzato da ‘Forbes Italia’ e introdotto dal direttore Alessandro Rossi, che si è svolto nella sala Trilussa della Cassa di previdenza dei Geometri, che ha rieletto al vertice dell’ente Diego Buono.
“Bisogna riconoscere che esiste il rapporto tra il luogo dell’educazione e della formazione e il luogo del lavoro. Sono convinto – ha sottolineato Luciano D’Alfonso, deputato del Pd, già presidente della Regione Abruzzo – che non debba solo essere costruita una bravura applicativa e professionale ma sia necessaria la capacità cognitiva dello studente, fare in modo che disponga di una mappa conoscitiva che gli consenta di orientarsi e di coltivare la domanda e l’interrogativo che gli permetta anche di sapere usare e direzionare la tecnologia, l’accesso al mondo digitale. Se la scuola e l’Università si pongono l’obiettivo di rendere capaci i ragazzi su questi elementi, avremo cittadini formati oggi come studenti, ma attivi e protagonisti domani capaci di coltivare un progetto di vita. La scuola deve essere connessa anche con il mondo del lavoro ma soprattutto deve avere come orizzonte di responsabilità il consentire strumenti di lettura critica della realtà a favore dei giovani che si mettono in cammino. Tra le elementari e le università parliamo di nove milioni di progetti di vita che si aspettano le abilità per essere all’altezza di un mercato sempre più esigente”.
Secondo Agostino Ghiglia, componente del Collegio Garante per la protezione dei dati personali: “È indispensabile programmare e promuovere con urgenza un’alfabetizzazione digitale di massa rivolta anche agli adulti. Il ruolo della famiglia è fondamentale; soprattutto nella rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo abbiamo bisogno di appigli e certezze. Sempre più spesso vediamo genitori che si sentono inadeguati e inadatti a controllare i figli in rete. Bisogna avere il coraggio di stare vicini ai propri figli e controllare a quali contenuti accedono, installare il parental control e non sentirsi timorosi nell’esercitare la responsabilità genitoriale anche nell’età digitale. La scuola, peraltro, deve formare educatori che siano al passo con i tempi poiché la rivoluzione digitale non è una semplice evoluzione della tecnologia. Bisogna conoscerla bene affinché diventi opportunità e non strumento di oggettificazione della Persona. Occorre con urgenza una grande strategia nazionale sull’educazione civica digitale, che deve diventare materia d’insegnamento fin dai primi anni scolastici. Dobbiamo insegnare ai giovani cosa si cela dietro lo schermo perché il fatto di saper usare uno strumento non significa avere la consapevolezza di ciò che si sta usando”.
Sul futuro della formazione si è soffermato Danilo Iervolino, imprenditore ed editore di Forbes Italia: “Scuola e università devono assumere il ruolo di facilitatori nella trasmissione del sapere. L’intelligenza artificiale sta modificando in modo profondo l’equilibrio tra docente, contenuti e studente, generando spesso risultati sub-ottimali. Fornisce scorciatoie apparenti e produce contenuti che, nella maggior parte dei casi, non sono né originali né attendibili. Per questo è necessaria una moderazione consapevole e una tecnologia che sia in grado di creare una sintesi efficace tra il sapere codificato del docente e l’approccio degli studenti. Oggi, l’IA è spesso abusata per generare immagini, contenuti fittizi e fake news, un utilizzo che rischia di oscurare le reali potenzialità sul piano pedagogico e formativo. Siamo immersi in quella che viene definita Education 6.0, una fase in cui si sta ridefinendo il modo di insegnare e di apprendere. Scuola e università devono rinnovarsi, diventare più dinamiche e reattive, capaci di coinvolgere lo studente senza ‘anestetizzare’ la curiosità. Occorre preparare i giovani alle sfide del mercato del lavoro, affinché possano diventare protagonisti consapevoli della cittadinanza attiva”.
Per Mauro Masi, presidente della Banca del Fucino: “La parola chiave è sostegno alla formazione. I giovani devono essere sostenuti con processi adeguati ad affrontare le nuove sfide del mercato del lavoro. Bisogna sempre salvaguardare però le caratteristiche della nostra italianità adeguando le nuove tecnologie a questi processi. Penso all’AI e ai sistemi autogenerativi che necessitano di meno forza lavoro per unità di prodotto. Un rischio che va scongiurato rendendo le tecnologie sinergiche alle attività dell’uomo”.
Nel corso del dibattito, moderato da Anna Maria Belforte, il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Elisabetta Polentini, commercialista e revisore legale dell’Odcec di Roma: “Connettere il mondo della scuola con quello del mercato del lavoro è la sfida da vincere. Bisogna farlo tenendo presente che si richiedono competenze sempre più specifiche e aggiornate, per questo il mondo della scuola deve essere a sua volta attrezzato per offrire agli studenti il maggior numero di possibilità di poter rispondere alle esigenze delle imprese”.
Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni, consigliere dell’Istituto nazionale esperti contabili: “Sulla dispersione scolastica inviterei a riflettere anche su quella che viene chiamata dispersione scolastica implicita vale a dire quella quota di studenti che non è assolutamente trascurabile che conseguono il titolo di studio ma non raggiungono nemmeno lontanamente il livello di competenze che ci si dovrebbe attendere dopo tredici anni di scuola. Secondo le valutazioni Invalsi la quota di dispersione implicita supera il 20 per cento. Riguardo alla nuova filiera degli istituti professionali sperimentali va precisato che occorre connettere il mondo dell’istruzione con il mondo del lavoro ma non deve ‘scivolare’ nella cosiddetta tecnocrazia. Bisogna insegnare le cose che saranno utili domani quando si dovrà lavorare ma la scuola deve conservare la sua natura di strumento di apprendimento e di conoscenza che consentono un’attività critica e di conoscenza per affrontare il mondo”.

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